In Costa D'Avorio, continua l'assedio alla residenza di Gbagbo
In Costa D’Avorio continua ad oltranza la resistenza di Laurent Gbagbo, il presidente
uscente della Costa D’Avorio che non vuole lasciare il potere. Ieri le sue truppe
hanno risposto con decisione a quelle del presidente eletto Alassane Ouattara, che
stanno assediando da due giorni la residenza di Gbagbo ad Abidjan. Di fatto si starebbe
trattando l’uscita dalla scena politica di quest’ultimo. Intanto da segnalare l’attacco
di mercenari all’ambasciata giapponese difesa dal contingente francese di stanza in
Costa D’Avorio. Il servizio di Giulio Albanese:
E, come abbiamo
sentito, ad Abidjan, come nel resto della Costa D’Avorio, si aggrava l’emergenza umanitaria
causata dalla guerra civile. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Celestin Gnonzion,
docente universitario, raggiunto telefonicamente ad Abidjan:
R. – La
guerra lascia tante vittime. Questi ultimi bombardamenti hanno ucciso tante persone,
soprattutto civili. E questi quattro mesi della crisi elettorale hanno creato veramente
una divisione nella popolazione. Quindi, la cosa urgente è quella di lavorare per
il consolidamento del tessuto sociale e la creazione di condizioni per una vera pace
tra gli ivoriani.
D. – E la guerra ha provocato anche un grave problema
umanitario: si parla di 500 mila persone che sono fuggite dalle violenze e che però
hanno bisogno di beni di prima necessità...
R. – Sì, tante persone sono
scappate nei Paesi vicini. Anche noi, che ci troviamo ad Abidjan, da una settimana
non abbiamo più da mangiare; ci sono quartieri dove non c’è più acqua, non c’è più
corrente. Non sappiamo chi ci aiuterà, chi darà soluzioni concrete a questa crisi
umanitaria.
D. – Come immagina lei il prossimo futuro della Costa d’Avorio?
R.
– La prima cosa è che i prossimi cinque anni di governo siano un tempo per consolidare
la pace, creare le condizioni per una serena convivenza in Costa d’Avorio. C’è una
grande divisione oggi tra la popolazione e le etnie delle varie regioni. Quindi, la
cosa urgente da fare è creare una commissione di riconciliazione, per dirsi la verità,
per poterci guardare come fratelli e vivere insieme in pace. (ap)