Obama si ricandida alle presidenziali del 2012: l'annuncio attraverso i social network
Il presidente statunitense Barack Obama si ricandida per un secondo mandato alle elezioni
del 2012. La notizia è stata resa nota via sms, con un video web ed una e-mail ai
supporter del capo della Casa Bianca. “It begins with us” - “Tutto comincia da noi”,
è il titolo del video di poco più di 2 minuti pubblicato sul sito barackobama.com.
A parlare sono i sostenitori democratici da Colorado, Nevada, North Carolina, New
York, Michigan. Sulla ricandidatura di Obama, ascoltiamo Dennis Redmont, incaricato
della comunicazione del Consiglio Italia-Stati Uniti e già direttore dell'Associated
Press, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Nel
mondo dell’informazione attuale chi fa prima monopolizza l’agenda. Perciò Obama -
anche se è molto presto e anche se i soldi necessari sono tanti - ha scelto l’inizio
della primavera per lanciare la sua candidatura, ma non personalmente, bensì facendola
lanciare ai suoi sostenitori. Tutto ciò poi farà da traino alla sua entrata formale
in campo.
D. - E’ un momento in cui l’economia ricomincia a dare timidi
segnali di ripresa e la disoccupazione è scesa, con 216 mila posti di lavoro in più…
R.
– Il momento è proficuo, anche se non si sa quanto duri questo nuovo leggero picco
nell’economia: è possibile che si alzi un po’ verso l’estate ma subito dopo ci siano
nuovi problemi. Ad ogni modo la strada fino al 2012 è lunga e per convincere le persone
che, grazie ad Obama e incentivi del governo hanno avuto un nuovo impiego, è un momento
molto propizio.
D. – Una campagna elettorale che si affida ancora una
volta ai social network e si annuncia con il più alto budget di sempre: l’obiettivo
è un miliardo di dollari?
R. – Ci sono regole molto ferree sulle campagne
elettorali e sui fondi che si possono utilizzare: dalle aziende che pagano i repubblicani
e i democratici o dai singoli individui. Ma poi la Suprema Corte ha lasciato un po’
più di spazio per questa flessibilità di contributi, perciò ci saranno molti soldi
da spendere.
D. – “It begins with us”, dice lo slogan del video di Obama.
Il quartier generale è a Chicago. Quindi è la prima campagna elettorale che un presidente
in carica non conduce da Washington ma dal suo collegio?
R. – Chicago
non è solo il suo collegio, ma è il collegio dove c’è un sindaco che è suo amico,
è l’ex capo di gabinetto, Rahm Emanuel ed è appena stato eletto. In secondo luogo,
si tratta certamente di una zona che Obama vuole coltivare come democratica. Non è
una campagna Washington-centrica perché Obama sa che è nell'America profonda - soprattutto
quella del Midwest, dove ci sono stati problemi con l’economia, come ad esempio per
le aziende automobilistiche di Detroit, non lontano da Chicago - che ci si può giocare
le elezioni.
D. – Obama si ricandida, dunque. Ma intanto, il fronte
repubblicano è ancora in cerca di un candidato forte. Perché manca l’intesa?
R.
– La risposta a questo è: “Who dares take him on?”, cioè: chi se la sente di lanciare
la sfida a Obama? In ordine sparso, in questo momento sono pochi a poter aspirare:
c’è l’ex governatore e uomo d’affari Mitt Romney; c’è l’ex governatore Tim Pawlenty;
c’è il governatore dell’Indiana Mitch Daniels; c’è Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska
che è stata candidata alla vice presidenza; c’è Mike Huckabee, anche
lui ex governatore; e c’è pure Newt Gringrich, l’ex speaker, cioè l’ex leader della
minoranza che si era confrontato con Clinton ed aveva realizzato il Manifesto per
l’America, il cosiddetto “contract with America”: è possibile che lui provi un ritorno
in campo, ma le sue chances sono molto basse.
D. – Che possibilità ci
sono per Obama, allora?
R. – In questo momento sono buone, ma sono sempre
stati i fattori esterni che hanno condizionato i risultati. Che siano l’Iran, l’Iraq,
l’Afghanistan, ora la Libia, tutti questi fattori esterni come anche l’economia internazionale
rappresentano una grande incognita fino a novembre 2012. (bf)
Yemen,
15 morti a Taiz durante scontri tra manifestanti e forze di polizia Nuovi scontri
nello Yemen: a Taiz, a sud della capitale, la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti
antigovernativi. Secondo fonti locali, sono morte almeno 15 persone. Decine di migliaia
di manifestanti stavano marciando verso la sede del governatorato quando i militari
hanno cominciato a sparare da più parti. La polizia ha inoltre disperso con cariche
e lanci di lacrimogeni un corteo di manifestanti diretto verso il palazzo presidenziale
nella città di Hudaida. Fonti mediche hanno riferito che 409 persone sono rimaste
ferite.
Bangladesh, sciopero generale per chiedere l'introduzione della
sharia Almeno 100 persone sono state arrestate oggi durante uno sciopero generale
indetto da un gruppo islamico fondamentalista che chiede l’introduzione nel Paese
della legge islamica. Lo sciopero è stato indetto l'8 marzo, all’indomani dell'approvazione
da parte del Parlamento di un pacchetto di leggi a sostegno della parità tra i sessi.
Il provvedimento era stato definito “anti-islamico”.
Kazakistan, Nazarbayev
vince le elezioni con il 95% dei voti In Kazakistan è stato rieletto presidente
con il 95% dei voti Nursulan Nazarbayev. E’ quanto emerge dai primi sondaggi sulle
presidenziali, tenutesi ieri. Alle elezioni ha partecipato circa il 90% degli oltre
9 milioni aventi diritto, con un aumento del 76% rispetto alle precedenti consultazioni.
Dopo aver votato, il presidente Nazarbayev ha affermato che “il benessere viene prima
della democrazia”. Il servizio è di Gabriele Papini:
La scadenza
dell’attuale mandato era prevista per il 2012, ma il presidente ha indetto elezioni
anticipate per dissolvere dubbi di incostituzionalità sul voto. Analisti internazionali
sottolineano che la percentuale registrata testimonia la debolezza delle opposizioni,
che non riescono a proporre un candidato capace di contrastare il potere di Nazarbayev.
Dal canto suo, il capo di Stato ha sottolineato che “l’obiettivo di modernizzare lo
Stato e la società è ancora enorme”. Gli investitori esteri, intanto, salutano con
favore la riconferma di Nazarbayev, quale garanzia di continuità dell’attuale politica
economica. La rielezione conferma il progetto dell’attuale presidente, in carica dall’indipendenza
dall’Unione Sovietica nel 1991, di restare al potere: con una modifica alla Costituzione
attuata nel 2007, Nazarbayev ha eliminato il limite di mandato, assicurandosi una
rielezione a vita. L’opposizione sostiene di non aver avuto tempo sufficiente per
preparare le elezioni, decise meno di due mesi fa dal capo dello Stato. “Queste elezioni
dimostrano che purtroppo le istituzioni democratiche in Kazakistan non sono sviluppate
ancora come quelle economiche”, ha detto in una conferenza stampa il capo della missione
dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), Daan Everts.
“Resta ancora molto da fare – ha concluso - dal punto di viste delle riforme democratiche”.
Epidemia
di dengue in Paraguay Sono salite a 20 le vittime dell’epidemia di febbre ‘dengue’
scoppiata all’inizio dell’anno con 17.467 casi sospetti. Si tratta dell’epidemia più
grave degli ultimi 4 anni, secondo il ministero della Sanità.
Ecuador, stato
di emergenza in 24 province E’ stato dichiarato lo stato di emergenza in sei
delle 24 province del Paese a causa della siccità che sta duramente colpendo il settore
agricolo: nelle regioni di Los Ríos, Manabí, Santa Elena, Guayas e El Oro, e in quella
andina di Loja, al confine col Perù, 180 mila ettari di coltivazioni di riso e mais
sono già andati perduti e altri 210 mila risultano parzialmente pregiudicati. Il governo
ha stanziato 46 milioni di dollari per fare fronte all’emergenza.
Venezuela,
nuovi accordi con Ecuador, Perù e Colombia A pochi giorni dalla sua uscita
definitiva dalla Comunità andina delle nazioni (Can), il governo di Caracas si prepara
alla firma di diversi accordi bilaterali con Ecuador, Perù e Colombia. “Il 22 aprile
- ha detto il ministro degli Esteri, Nicolás Maduro - avremo rapporti diversi con
i Paesi dell’America Latina: con la Bolivia abbiamo già sottoscritto l’intesa che
rimpiazzerà quella della Can”. La decisione di uscire dalla Comunità andina delle
nazioni risale al 2006 come segno di protesta per la firma di accordi di libero commercio
tra Perù, Colombia e Stati Uniti. (A cura di Amedeo Lomonaco e Gabriele Papini)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 94