Riprendono i trasferimenti a Lampedusa. Una settantina i corpi di migranti recuperati
al largo delle coste libiche
Riprendono i trasferimenti a Lampedusa, da dove è salpata poche ore fa la nave Execelsior,
con a bordo 1.731 migranti. Stasera resteranno in 2.500, assicura il premier Berlusconi,
che domani sarà a Tunisi per cercare con il governo un accordo che metta un freno
alle partenze. In programma a breve anche un vertice italo-francese sull’emergenza
migratoria. Nuove fughe a Manduria. Intanto, proseguono gli sbarchi e sale il bilancio
delle vittime dei naufragi: recuperati una settantina di corpi davanti alle coste
della Libia. Linda Giannattasio
Intanto sono
in molti tra le forze politiche a vedere nei rimpatri, forzati o dietro compenso,
l’unica risposta alla situazione creatasi a Lampedusa. Per altri, come l’ex sottosegretario
agli Esteri Mantovano, uscito dal governo proprio perché contrario a questa politica,
una delle soluzioni sarebbe l’attuazione dell’articolo 20 della Bossi-Fini: ossia
un permesso di soggiorno provvisorio di sei mesi. Francesca Sabatinelli ha intervistato
Mara Tognetti, docente di politiche migratorie all’università di Milano Bicocca
R. – Le azioni
che si possono e si debbono mettere in atto sono sia di tipo strategico ma anche immediate,
e una delle prime soluzioni è quella – attraverso un provvedimento della Presidenza
del Consiglio – di dare un permesso temporaneo a queste popolazioni. Consentirebbe
non solo di dialogare con gli enti locali, ai livelli locali, quindi Regioni e Comuni;
ma in particolare, consentirebbe di dialogare con l’Europa e in particolare con la
Francia che è il partner che, oltre alla Tunisia, va assolutamente coinvolto nell’immediato.
Infatti, esistono accordi bilaterali tra Francia ed Italia: un permesso temporaneo
consentirebbe di bloccare tutti i respingimenti almeno per tre mesi, e consentirebbe
anche una circolazione nel contesto europeo.
D. – Ma questo permesso temporaneo,
alla scadenza cosa comporterebbe?
R. – Ovviamente, per alcuni potrebbe essere
un re-ingresso nella clandestinità; per molti, invece, si tratterebbe di poter effettuare
il ricongiungimento familiare e, cosa più importante, in questo lasso di tempo si
possono mettere in atto iniziative a livello locale, che vanno nella linea di trovare
strutture di accoglienza, ma che vanno anche nella direzione di sostenere con interventi
specifici eventuali rientri.
D. – La questione dei rimpatri sostenuti da un’elargizione
economica a queste persone, secondo lei è una via percorribile?
R. – Le risorse
finanziarie servono, ma servono per compiere azioni e prendere misure concrete. Le
politiche di rimpatrio, adottate anche da Paesi come la Spagna e la stessa Francia,
mostrano che sono politiche che in parte vanno a soddisfare esigenze di alcune persone;
non sono generalizzabili, perché naturalmente le aspirazioni di queste persone sono
molto articolate. C’è chi vorrebbe, appunto, ricongiungersi con i propri familiari,
c’è chi vorrebbe restare in Italia per svolgere un’attività lavorativa normale, c’è
qualche componente che ha utilizzato questa fase particolare nel proprio Paese per
lasciarsi alle spalle azioni criminali o condanne … Ci sono anche giovani che, probabilmente,
vorrebbero e potrebbero investire nel Paese di origine. Una misura unica credo che
andrebbe a tutelare un numero limitato di persone. (gf)