Domani, elezioni politiche in Nigeria: test cruciale per l’intera Africa sub-sahariana
Appuntamento con le urne, domani, in Nigeria per le elezioni politiche che aprono
una settimana di consultazioni che culmineranno nelle presidenziali di sabato prossimo.
Si tratta di un test cruciale per il Paese, dove in passato l’appuntamento con il
voto è stato accompagnato da denunce di brogli e violenze. Uomini armati, probabilmente
appartenenti ad un gruppo estremista islamico, hanno assaltato un commissariato nel
nord del Paese. Sulle elezioni in Nigeria ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco
il direttore del mensile delle Pontificie Opere Missionarie “Popoli e Missione”, padre
Giulio Albanese:
R. – Sicuramente
queste elezioni possono segnare la svolta, non fosse altro perché c’è tanta gente
di buona volontà, soprattutto nel contesto della società civile, che vuole imprimere
un cambiamento. In questi ultimi due, tre anni c’è stata una situazione di stallo.
Sta di fatto che è importante ricreare la coesione nazionale. Il tessuto sociale ha
bisogno, in una maniera o nell’altra, di essere ricomposto.
D. – Con
150 milioni di abitanti ed ingenti risorse naturali, la Nigeria avrebbe tutti i requisiti
per beneficiare di un’economia prospera e ridurre la povertà. Quali sono gli attuali
freni allo sviluppo della Nigeria?
R. – Non dimentichiamolo: questo
è un Paese che galleggia sul denaro, che potrebbe essere un vero e proprio “Eldorado”,
ma dove l’un per cento della popolazione – le cosiddette classi dirigenti – detiene
il 75 per cento della ricchezza nazionale. Il dramma della Nigeria è proprio questo:
ha delle grandissime potenzialità ma gli appetiti stranieri, paradossalmente, rappresentano
un fattore altamente destabilizzante. Non dimentichiamo poi un’altra questione: la
corruzione. La logica, molte volte, è clientelare e questo, naturalmente, penalizza
soprattutto i ceti meno abbienti, che rappresentano la stragrande maggioranza della
popolazione.
D. – Alla Nigeria, primo produttore di petrolio in Africa,
sono affidate in parte anche le chiavi del motore del continente africano, lacerato
oggi dagli scontri in Libia e dalla crisi ivoriana...
R. – Il gigante
nigeriano riveste un ruolo geo-strategico nel contesto più generale dell’Africa sub-sahariana.
Il fatto che vi sia un governo forte ad Abuja è perciò importantissimo, non solo per
le sorti e per il futuro di questa nazione ma anche – e soprattutto – per l’Africa
subsahariana. Ad esempio, il fatto che in questi giorni si è riaperta, in maniera
drammatica, la crisi ivoriana e che la Nigeria, da questo punto di vista, sia in una
fase di transizione, in attesa di un prossimo presidente, certamente non ha giovato
alle trattative negoziali tra Laurent Gbagbo, il presidente uscente ivoriano, e quello
internazionalmente riconosciuto, Alassane Ouattara. C’è un’altra considerazione, a
mio avviso, da fare: molte volte, quando si parla della Nigeria, si parla di questa
nazione come se fosse una Repubblica islamica. Non dimentichiamo che è invece uno
Stato federale. E’ vero che gli Stati del Nord hanno una tradizione fortemente islamica
mentre quelli del Sud una tradizione animista e cristiana, però comunque lo Stato,
in Nigeria, ha una sua laicità. Laicità che è sancita dalla Legge suprema dello Stato,
dal dettato costituzionale. Questo cosa significa? Significa che anche i Paesi occidentali
e le grandi potenze devono cercare, da questo punto di vista, di garantire l’equilibrio
all’interno della nazione e di non rappresentare quella zizzania, quella gramigna
che in questi anni molte volte ha invece sortito l’effetto opposto. (vv)