Giappone. Il governo: difficile stabilire quando si potrà ritenere conclusa la crisi
nucleare
In Giappone il premier, Naoto Kan, ha dichiarato che “i giapponesi non corrono alcun
rischio di essere esposti a livelli pericolosi di radioattività”. Il primo ministro
ha anche detto che la situazione della centrale di Fukushima è "ancora da stabilizzare"
e che è difficile "stabilire quando la crisi potrebbe finire". Nei pressi dell'impianto
nucleare, intanto, restano altissimi i livelli di radiazione. La radioattività ferma
anche le operazioni di recupero delle vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In un campione
di acqua della falda sotto il reattore, la radioattività supera di 10.000
volte il limite massimo consentito. Secondo fonti locali, livelli abnormi di cesio
radioattivo sono stati trovati anche nella carne proveniente dalla zona di Fukushima.
Questa notizia è stata però smentita dall’agenzia di stampa giapponese. E nei pressi
dell’impianto sono almeno 1000 i cadaveri individuati dalle autorità. Ma i corpi di
queste persone, morte a causa del sisma e del maremoto, non possono essere recuperati
e sepolti a causa dell’elevatissimo rischio di contaminazione. Gli esperti, intanto,
si interrogano sul destino della centrale. L’ipotesi più accreditata è quella di costruire
un 'sarcofago' di cemento, come sottolinea al microfono di Antonella Palermo
il direttore dei Laboratori nazionali di Legnaro dell’istituto nazionale di fisica
nucleare, il prof. Giovanni Fiorentini:
R. - Penso
che dopo i tentativi che ci saranno nei prossimi mesi di raffreddare i reattori, si
costruirà con un sarcofago, una copertura di cemento che in qualche modo eviti l’uscita
di radioattività in atmosfera. Sarà una lezione importante: dagli incidenti si impara
sempre. Il Giappone ha dimostrato che i terremoti riescono a convivere con i reattori,
il vero problema sono i maremoti. Si farà anche il conto dei danni provocati dallo
tsunami e dei danni ambientali causati dagli incidenti ai reattori. Va valutato tutto
quanto quando ci saranno dei numeri precisi e non delle cifre che cambiano dall’oggi
al domani.
D. - Siamo davanti ad un’altra Chernobyl?
No,
non un’altra Chernobyl, nel senso che la radioattività uscita, in buona parte, è rimasta
nella centrale o nei dintorni della centrale. Quel materiale radioattivo che arriva
a distanza di migliaia di chilometri è trascurabile, non pone nessun problema all’ambiente.
La radioattività è una faccia della natura, è con noi. Se si misura la radioattività
nell’aria oggi, troverà un valore. Poi a distanza di ore lo troverà diverso e domani
forse, se è cambiato il tempo, sarà ancora diverso. Allora se qualcuno, con strumenti
rudimentali, nota un cambiamento, potrebbe attribuirlo ad un effetto del Giappone.
Invece, tale cambiamento del tasso di radioattività è dovuto ad una fluttuazione locale.
(ma)
In Giappone, militari di diversi Paesi partecipano, intanto, ad
una maxi-operazione per cercare migliaia di dispersi. I morti accertati sono oltre
13 mila. Pesantissimo anche il bilancio delle persone che mancano all’appello. E’
esclusa dalle ricerche soltanto l’area in un raggio di 30 chilometri dalla disastrata
centrale nucleare di Fukushima. Padre Domenico Vitali, parroco
nella chiesa di Sant’Ignazio a Tokyo e da 46 anni missionario in Giappone:
R.
- Per aiutare la popolazione ci sono i militari, ci sono questi gruppi venuti da vari
Paesi ma ormai è impossibile trovare i sopravvissuti. E' difficile soprattutto trovare
ancora i cadaveri e identificarli. Questa è una delle cose più urgenti che stanno
facendo ora. Secondo i giornali, il numero dei dispersi, delle persone che non si
riescono a trovare, è di 17 mila. C’è anche un migliaio di bambini che sono rimasti
feriti durante il terremoto.
D. – Come aggiornano su questa tragedia
i giornali, le televisioni locali?
R. – Continuano a tenerci aggiornati
con dettagli, soprattutto, del reattore della centrale nucleare. Ma, dato che non
tutti sono specialisti, allora si pensa sempre al peggio piuttosto che ad una soluzione
dei problemi attuali.
D. – La comunità internazionale si è fatta carico
della tragedia in maniera tempestiva ed efficace?
R. – Credo di sì e
penso che sia una delle prime volte che un tale disastro, in Giappone, abbia suscitato
tanta attenzione da parte di moltissimi Paesi. Credo che tutti sono rimasti colpiti
dalla sofferenza di questa gente e dal desiderio di poterla aiutare. Siamo tutti legati
dallo stesso destino e quindi non ci resta che considerarci tutti come facenti parte
di una sola famiglia umana. (bf)
La regione più devastata dal sisma
e dal maremoto è l'area di Miaghi. Di questa zona è originario il padre
gesuita Yuyi Sugawara, docente alla Pontificia Università Gregoriana, intervistato
da Antonella Palermo:
R. - Molte città sono state completamente distrutte,
sono sparite dopo lo tsunami. La situazione è più grave di quello che la gente vede
in televisione. Ho visto diversissime immagini di questo. Ma le testimonianze dirette
sono ancora più eloquenti: mio fratello dice che in dieci minuti la gente ha perso
tutto, tutto ciò che aveva, tutto ciò che era. Per la popolazione è stato uno shock.
La città dove sono cresciuti è sparita! Questo è uno shock. Però, allo stesso momento,
non c’è nessuno che grida, o ruba... La gente è serena, le persone hanno ancora paura
del terremoto e dello tsunami. Ma la gente si aiuta reciprocamente. Ricevendo aiuto
internazionale da moltissimi Paesi, la gente ringrazia commossa per questo aiuto.
Sta ritrovando - in un certo senso - il valore che era considerato perduto dopo la
Seconda Guerra Mondiale. Sta ritrovando questo valore del Giappone fatto di rispetto,
di reciproco aiuto, di collaborazione. Questo mi colpisce.
D. - E’
stato definito, il Giappone, un gigante fragile...
R. - Infatti, nessuno
ha previsto questa situazione così grave. La fragilità, però, rimane e cerchiamo di
andare avanti con l’aiuto materiale e spirituale di molte persone. (ma)
Sono
molteplici le storie emblematiche della tragedia giapponese. Quelle più drammatiche
riguardano i bambini rimasti orfani, come ricorda Giampaolo Visetti,
inviato del quotidiano “La Repubblica”, da poco rientrato dal Paese asiatico:
R.
– La cosa che colpisce di più è sapere che ci sono ancora migliaia di bambini orfani
e, soprattutto, moltissimi altri che non sanno quale sia realmente la loro situazione.
Non sono ancora certi di avere perso i propri genitori e li stanno ancora cercando.
Ormai, tra una settimana sarà passato un mese dal sisma. Molti bambini non sanno dire
chi sono perché sono troppo piccoli e quindi non sono neanche in grado di dare indicazioni
ai soccorritori per cercare di capire a quale famiglia appartenevano.
D.
– Quale futuro per il Giappone?
R. – Il Giappone, per sua fortuna, è
una nazione forte e anche i giapponesi sono un popolo straordinario, che con il tempo
sicuramente si riprenderà. Però, è sicuro che non sarà più il Paese di prima perché
nel presente rivive, in parte, la tragedia nucleare di Hiroshima. Questo è un Paese
in cui gli investimenti stranieri e anche tutte le attività interne, per molto tempo
andranno a rilento. Non dimentichiamoci, ad esempio, che la pesca in Giappone rappresenta
il 13 per cento del Pil. Adesso il mare ha una radioattività insostenibile: per anni,
se non per decenni, sarà impossibile pescare. E anche tutte le multinazionali prima
di ristabilire i loro quartieri generali in Giappone e di rimettersi a fare investimenti
nel Paese, avranno bisogno di molto tempo. E’ un Giappone che soffrirà molto. (bf)