Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: in Cina il maggior numero
di esecuzioni
Nel 2010 sono state 2024 le sentenze di morte comminate nel mondo e ben 527 quelle
eseguite contro le 714 dell’anno precedente. Sono i dati che emergono dall’ultimo
rapporto annuale di Amnesty International, che fotografa una situazione in evoluzione,
ma per la quale c’è ancora molto lavoro da fare. “Un mondo senza la pena di morte
non solo è possibile: è inevitabile, ma la domanda è quanto tempo, ancora, ci vorrà”,
così, infatti, il segretario generale dell’organizzazione internazionale per i diritti
umani, Salil Shatty, chiosa il rapporto appena pubblicato. Tra i 58 Paesi del mondo
in cui la pena di morte è ancora in vigore, è la Cina quello in cui più frequentemente
viene utilizzata e dove, secondo le stime, molte esecuzioni vengono passate sotto
silenzio. In questa triste classifica, seguono l’Iran, la Corea del Nord e in generale
le regioni dell’Asia e del Medio Oriente. Amnesty sottolinea, inoltre, che in “un
certo numero di Paesi” la condanna a morte viene inflitta anche per reati minori,
come quelli legati all’economia, il traffico di droga o la blasfemia, e troppo spesso
dopo processi iniqui o confessioni estorte sotto tortura. Ma ci sono anche risultati
positivi: oggi, ad esempio, sono 139 gli Stati che hanno abolito la pena capitale;
quando Amnesty avviò la sua campagna internazionale, nel 1977, erano appena 16. Inoltre,
quest’anno, il presidente della Mongolia ha annunciato la sospensione ufficiale delle
esecuzioni e l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la terza risoluzione
in favore dell’abolizione della pena capitale, ricevendo il sostegno più alto di sempre.
(A cura di Roberta Barbi)