2011-03-27 13:46:54

Siria, nuove violenze: almeno 4 persone uccise dai cecchini a Latakia


Resta altissima la tensione in Siria, dove non si arrestano le proteste anti-regime e le autorità hanno già preso la decisione di abrogare la legislazione di emergenza in vigore nel Paese dal 1963. Ieri in serata l'esercito siriano è entrato in forze nella città nord occidentale di Latakia, teatro dell'uccisione di almeno quattro persone da parte di ignoti cecchini. Oggi nuovi appelli allo sciopero generale sarebbero stati lanciati dal web dagli attivisti siriani per la democrazia. Israele, intanto, si è detto estraneo alla rivolta popolare nel Paese, smentendo voci siriane relative a “interventi stranieri” nei disordini. È di poco fa il rilascio di una attivista di Daraa, il cui arresto ha contribuito a innescare le proteste contro il partito al governo Baath. Il servizio di Linda Giannattasio:RealAudioMP3

Ancora sangue in Siria. Questa volta, un numero imprecisato di cecchini, secondo i media ufficiali, parte di un ignoto ''gruppo armato'', hanno fatto fuoco sui civili dai palazzi uccidendo almeno 4 persone a Latakia. Il governo nega che a sparare siano state forze di sicurezza. Il teatro dell’attacco è un luogo simbolo perché capitale della regione alawita da cui provengono la famiglia presidenziale Al Assad e l’intera cerchia di suoi alleati al potere. Israele, intanto, ha ribadito la sua estraneità ai movimenti di protesta in Siria, smentendo dichiarazioni siriane che facevano riferimento all’invio di messaggi allo scopo di acuire i disordini. Israele ha confermato di seguire la situazione lungo i propri confini settentrionali, nell’eventualità che la Siria provochi frizioni per allentare la tensione interna. Un forte appello a non reprimere con violenza proteste pacifiche è giunto dall’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, che ha chiesto alla Siria di ''di imparare la lezione dei recenti avvenimenti in Medio Oriente e Nordafrica, dove, ha detto, “l’uso della forza ha contribuito solo a un rapido deterioramento della situazione”. Anche il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, si è detta "scioccata" dalla violenta repressione nei confronti dei dimostranti e ha esortato le autorità locali "a soddisfare le legittime richieste del popolo" e a "fermare le violenze subito".

Per capire qualcosa di più della Siria, della popolazione, dell’organizzazione sociale del Paese, Fausta Speranza ha parlato con il collega della sezione documentazione della nostra emittente, Salim Ghostine:RealAudioMP3

R. – In Siria, come negli altri Paesi arabi, c’è un livello alto di istruzione, c’è una demografia che è esplosiva, non ci sono controlli delle nascite, non c’è quello che viene chiamato planning famigliare. La demografia sta esplodendo al punto tale che in alcuni Paesi più della metà della popolazione ha meno di 30 anni e questi sono giovani che hanno studiato, che non trovano sbocchi professionali perché l’economia è controllata dal centro; per centro intendo il centro politico. Dunque, c’è una richiesta di partecipazione alla produzione che si chiama occupazione - l’occupazione non è altro che partecipare alla produzione nel Paese - questo a un livello un po’ superiore, la partecipazione alla gestione della cosa pubblica.

D. – In particolare la Libia ci ha fatto parlare molto di tribù di clan locali. C’è una cosa di questo genere in Siria?

R. - In Siria esiste una struttura dello Stato- è uno Stato centrale e centralizzato, centralizzatore - che è coadiuvata, sostenuta, come negli atri Paesi arabi da una trilogia, se vogliamo: partito al potere, forze armate-intelligence e la lobbie degli affari. Questo è comune a tutti i Paesi arabi e non credo che se ne possa escludere nemmeno uno da questa architettura del potere.

D. – E’ interessante cercare di capire qualcosa del ruolo dell’esercito in Siria …

R. – L’esercito, si è visto, in Libia si è praticamente spaccato. L’esercito nello Yemen, per esempio, dove ci sono le sommosse anche lì abbiamo visto comandanti di brigate, di reparti interi, che si sono schierati nella piazza a difesa dei manifestanti, dunque contro il potere centrale. In Siria l’esercito è granitico, l’esercito ha la sua lealtà assoluta verso il potere, però - torniamo alla lezione di umiltà - forse questa sera quello che stiamo dicendo sarà smentito dai fatti.

D. – E’ stato detto che questo è l’89 dei Paesi arabi. Tu l’avresti una definizione?

R. – Io definirei questo momento come la fine dell’era della paura. E’ venuta meno la paura perché prima per esprimersi avevi bisogno di un canale tv, di una radio o di un quotidiano. Oggi su facebook ogni adolescente può esprimersi e la gente non ha più paura: parla, si esprime, si fa riprendere dalle telecamere e questa è un cosa inaudita, senza precedenti in tutti i Paesi arabi. E’ venuta meno la paura. Praticamente quanto è accaduto è una grande lezione di umiltà intellettuale. Noi leggiamo, ci documentiamo, pensiamo di sapere e, invece, conosciamo un mondo virtuale. Si vede che il mondo vero i media gli analisti, gli specialisti, gli esperti, non hanno colto il polso della situazione. Quando pensiamo al mondo arabo pensiamo che sia un mondo simile al nostro: è una banalità. In realtà, c’è uno sfasamento spazio-temporale: la società orientale non è allo stesso punto di evoluzione della società occidentale. Sfasamento, dunque, spazio-temporale perché anche l’identità geografica con confini stabiliti politicamente non regge più.

D. - Non può essere un giudizio di valore quello di dire che il mondo arabo sta in un’altra fase di evoluzione storica, no? Vogliamo spiegarlo meglio?

R. - Non è assolutamente un giudizio di valore. I Paesi arabi sono usciti dal colonialismo per finire sotto i regimi totalitari. Possiamo dire che il mondo arabo è in una fase post coloniale perché la società non s’è destata, non si è ripresa, non ha costruito, non si è costruita. Il grande “alibi” dei regimi arabi era Israele: Israele quando si era in guerra contro un nemico comune all’esterno e quindi bisognava serrare i ranghi. Questo ha soffocato la voce delle varie opposizioni che non erano opposizioni, per forza, politiche ma erano poi richieste sociali, richieste di occupazione o di partecipazione, semplicemente, senza grandi ideologie. Non ci sono le strutture partitiche che esistono in Europa. (bf)







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