Visita del Papa alle Fosse Ardeatine: la testimonianza del cardinale Cordero Lanza
di Montezemolo
Domani mattina il Papa si recherà in visita alle Fosse Ardeatine per rendere omaggio
alle vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944. Furono trucidati 335 civili e militari
per mano dei nazisti. L’esecuzione venne decisa in seguito alla morte, il giorno prima,
di 33 soldati tedeschi in un’azione definita di guerra da parte di un gruppo di partigiani.
Vennero scelti 10 italiani per ogni soldato tedesco ucciso. Tra questi c’era anche
il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, padre dell’allora diciottenne
Andrea, oggi cardinale. Il porporato farà parte del seguito di Benedetto XVI al Sacrario
delle Fosse Ardeatine. Tiziana Campisi ha chiesto al cardinale Andrea Cordero
Lanza di Montezemolo con quali sentimenti sarà al fianco del Pontefice:
R. – Il Papa
compie una visita che è un gesto di omaggio, di ricordo di una pagina della storia.
Quindi, non può essere altro che commovente per i familiari di chi è stato sacrificato
in quell’occasione, vedere che il Papa va a compiere una visita privata per pregare,
ricordare e far ricordare. E’ la prima volta che mi capita di accompagnare il Papa
in questa visita. Sono grato al Papa di questo suo gesto, ricordando che anche lui
– essendo di origine germanica – non può non avere sentimenti particolari. Quindi,
è sempre apprezzabile questa sua semplicità e umiltà di fronte a certe pagine della
storia…
D. – Quanto sono cambiati i suoi sentimenti?
R.
– Io direi che non sono molto cambiati, perché allora io avevo 18-19 anni, un’età
in cui uno non solo comprende e capisce, ma si affaccia alla vita. Perdere il padre
non è semplicemente una ferita: è un’amputazione. Una ferita si può rimarginare, l’amputazione
non si cambia. E per me, come per tutta la mia famiglia, è stata una cosa molto dolorosa.
Ogni anno, ricordare questo non è altro che ricordare il sacrificio che mio padre
ha fatto, ben sapendo a cosa sarebbe andato incontro; ha voluto farlo per questo suo
sentimento di fede nella Patria, nei valori che con quel gesto ha ancora di più trasmesso
a noi tutti.
D. – Nel tempo, in che modo ha vissuto questo dolore?
R.
– Non coltiviamo sentimento di vendetta o di odio: la carità cristiana e la fede cristiana
ci fanno coprire tante cose, ma non certamente la memoria, non certamente il dolore
che rimane anche se per certi aspetti si attenua per la distanza del tempo. Però,
rimane sempre con la sua forza, con il suo significato e con il suo insegnamento.
D.
– Che tipo di rapporti ha avuto con i familiari delle altre vittime?
R.
– All’inizio c’è stata una comunanza tra tutte queste famiglie che pensavano di avere
lì un loro familiare, perché l’evidenza non c’è stata finché non c’è stato il riconoscimento.
Molti erano militari, altri civili, altri ci si sono trovati per motivi diversi… Poi,
c’era un numero considerevole di ebrei … Poi, con il tempo, le famiglie si sono allontanate;
ci sono stati incontri negli anniversari del 24 marzo, ma oggi sono rimasti poche
persone di quel tempo…
D. – C’è un insegnamento che può lasciarci?
R.
– L’insegnamento è dato da un evento della storia che oggi è diventata una pagina
della storia passata, che deve continuare ad insegnare e a ricordare: da una parte,
c’è stato il fatto violento, dall’altra parte – devo dire – ha rappresentato anche
un accomunare persone di fedi diverse che hanno sacrificato la propria vita – chi
per un motivo, chi per un altro, chi in un modo, chi in un altro – ma sempre con fede,
con una fede viva. E questo rimane forte! Queste sono pagine della storia che danno
forza alle generazioni attuali e future. (gf)