Algeria: 15 anni fa la strage dei 7 monaci trappisti di Tibhirine
Quindici anni fa, nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996, sette dei nove monaci
trappisti che formavano la comunità di Tibhirine, località a sud di Algeri, venivano
rapiti da un gruppo terroristico. Il 21 maggio di quello stesso anno, dopo inutili
trattative, il sedicente “Gruppo Islamico Armato” annunciò la loro uccisione. Le loro
teste furono ritrovate qualche giorno dopo, ma mai i loro corpi. Il servizio di Fabio
Brenna:
Da quel tragico
fatto, il monastero non può più contare su una presenza monastica stabile. Ma in tutti
questi anni è rimasto aperto, come segno di speranza ed eredità vivente del messaggio
dei sette martiri. Una continuità garantita dal “giardiniere di Tibhirine”, ovvero
padre Jean-Marie Lasausse, prete della Mission de France. Proprio
in questi giorni è uscito in libreria, per i tipi della “San Paolo”, la versione italiana
del suo libro di memorie e testimonianza, intitolato “Il giardiniere di Tibhirine”,
curato da Anna Pozzi, giornalista di “Mondo e Missione”. Padre Jean Marie lo ha presentato
a Milano, dove lo abbiamo incontrato, chiedendogli innanzitutto qual è l’eredità dei
sette monaci a 15 anni di distanza dal loro martirio:
R. – Ce qui reste
aujourd’hui de la présence des moins pendant 60 ans a Tibhirine … Quel che
resta oggi di una presenza di circa 60 anni di monaci cistercensi, monaci cristiani
che hanno vissuto in un contesto musulmano, è innanzitutto il legame profondo con
la popolazione; un legame che, ancora oggi, mi viene testimoniato dalla gente del
posto che continua a dire che questi monaci amavano profondamente la popolazione.
D. – Quali sono le attività che permettono di tenere aperto ancora
oggi il monastero di Tibhirine?
R. – Un monastère cistercien on peut
le décrire par des hommes … La presenza di un monastero in un contesto come
quello di Tibhirine è una presenza innanzitutto di una comunità con i piedi ben saldi
sulla terra, perché erano essenzialmente una comunità di agricoltori, con le mani
rivolte in preghiera al cielo. Oggi noi diamo continuità a questo lavoro agricolo,
ma al tempo stesso cerchiamo di mantenere le porte aperte ai visitatori e di portare
avanti alcuni progetti di sviluppo attraverso un’associazione, “Gli amici di Tibhirine”.
Oggi Tibhirine resta un luogo di preghiera e celebrazioni secondo le richieste dei
visitatori e dei pellegrini, in un contesto essenzialmente arabo-musulmano. Non bisogna
dimenticare che l’Algeria è un Paese che ha seri problemi, soprattutto dal punto di
vista dell’agricoltura; per questo, noi ci riproponiamo di essere anche un piccolo
polo di sviluppo.
D. – La vicenda dei monaci trappisti assassinati ha
ispirato lo scorso anno il film, pluripremiato in Francia, “Uomini di Dio”. Che ne
pensa padre Jean-Marie?
R. – Les échos sont un peux différents, évidemment.
… E’ stato accolto, ovviamente, in maniera diversa. Il film è stato globalmente
bene accolto in tutti i Paesi francofoni e se n’è parlato molto, anche perché ci sono
legami molto stretti tra l’Algeria e la Francia che derivano da 138 anni di colonizzazione
e dal fatto che molte famiglie algerine hanno parenti in Francia. Quindi, nel bene
e nel male, esiste un legame molto forte. Nei Paesi vicini, come Tunisia e Marocco,
il film è stato proiettato e complessivamente l’accoglienza è stata positiva; la stessa
cosa non vale per l’Algeria, dove in realtà sul film c’è stato il silenzio stampa
… (gf)