Yemen: il presidente Saleh pronto a cedere il potere, ma la protesta continua
Nello Yemen, il presidente Saleh stamattina ha annunciato l’intenzione di cedere il
potere per evitare uno spargimento di sangue. Tuttavia – ha precisato in un discorso
trasmesso in tv – la transizione avverrà solo “in mani sicure”. Intanto, nella capitale
Sanaa, presidiata da un gran numero di soldati, l’opposizione ha indetto l’ennesima
mobilitazione per chiedere le dimissioni del presidente e l’indizione di nuove elezioni.
Immigrazione
Lampedusa Sempre alta l’emergenza immigrazione a Lampedusa. L’Unione Europea
ribadisce “solidarietà concreta” ai Paesi interessati dal fenomeno. La bozza finale
del vertice europeo di Bruxelles fa riferimento ad aiuti economici, ad un piano per
la gestione dei flussi – da definire entro giugno - e al rafforzamento della missione
Frontex. Oggi intanto i ministri degli Esteri e degli Interni e italiani, Frattini
e Maroni, sono giunti a Tunisi per una serie di incontri istituzionali con l’obiettivo
di frenare gli sbarchi. Al momento sono in tutto 4.800 gli immigrati attualmente presenti
a Lampedusa: 800 nelle prossime ore saranno trasferiti con voli speciali e con la
nave “San Marco” della Marina militare tornata nell’area stamattina. Sull’isola restano
difficili le condizioni di vita e la convivenza con gli abitanti locali, che comunque
si mostrano estremamente solidali con gli immigrati ai quali manca ogni bene di prima
necessità. Sulla situazione, Massimiliano Menichetti ha intervistato Valerio
Landri, direttore della Caritas diocesana di Agrigento:
R. - La situazione
nell’isola è sempre di emergenza. C’è ancora troppa gente che vive all’aria aperta,
vive all’addiaccio, senza coperte… Tantissimi non riescono neanche a mangiare e i
pasti arrivano con grandissimo ritardo. Ogni giorno, ci troviamo davanti i migranti
che non hanno mangiato, che non si possono lavare, che non possono avere un’assistenza
sanitaria. Ieri sera, siamo stati insieme ai volontari in giro per gli accampamenti
informali a portare del tè, dell’acqua: abbiamo registrato la loro sofferenza, e quel
che è ancora più triste, abbiamo registrato la loro convinzione di potere restare
in Italia o andare in Francia a lavorare. Loro pensano di avere in qualche modo raggiunto
il loro obiettivo. Io ho la triste sensazione che queste loro aspettative saranno
tradite.
D. – La popolazione come sta reagendo a questa presenza?
R.
- La popolazione sta reagendo grandiosamente, hanno svuotato le loro dispense e i
loro armadi per condividere quello che hanno con i tunisini. Certamente vivono una
situazione di tensione perché è una situazione che non può continuare a lungo. E’
necessario che questi migranti vengano portati altrove, sulla terra ferma, perché
loro stessi possano avere condizioni di vita dignitose che ogni uomo merita di avere.
D.
– Come Caritas come vi state coordinando?
R. – Stiamo coordinando e
coinvolgendo le Caritas parrocchiali della diocesi di Agrigento, le comunità parrocchiali
e anche altre Caritas che hanno manifestato la disponibilità nella raccolta di abbigliamento,
soprattutto della biancheria intima che è fondamentale. Nella Casa della fraternità
della diocesi, nella parrocchia di Lampedusa, saranno accolti i minori stranieri non
accompagnati che sono la categoria più vulnerabile rispetto alle altre. Abbiamo avviato
un servizio doccia allestito all’interno della parrocchia, ma per l’esiguità degli
spazi è chiaro che non può soddisfare le esigenze delle 6000 persone presenti sull’isola.
D.
–Chi volesse aiutarvi come può fare e cosa serve?
R. – Serve abbigliamento,
servono anche salviette umidificate… tutto ciò che può in qualche modo aiutare questi
fratelli ad avere una vita un po’ più dignitosa.
Di seguito, una breve
testimonianza di un giovane immigrato tunisino, sbarcato a Lampedusa in cerca
di una vita migliore. L’intervista è sempre del nostro inviato nell’isola, Massimiliano
Menichetti:
R. - Io vengo
dalla Tunisia. Sono venuto qua per lavorare perché in Tunisia è fuggito il presidente
… ora siamo senza soldi.
D. – Tu hai deciso di andare via anche per
aiutare la tua famiglia?
R. – Sì, per aiutare la mia famiglia.
R.
- Sei già stato in Italia? Parli italiano …
R. – No, ho studiato la
lingua italiana perché in Tunisia lavoravo come guida.
D. - Hai intenzione
di rimanere in Italia oppure vuoi andare in altro Paese?
R. –Cerco lavoro.
In Francia, Spagna, Germania … non lo so dove andrò.
Sisma Giappone-Myanmar Dopo
il Giappone, un terremoto ieri sera ha colpito anche l’ex Birmania, al confine con
la Thailandia e il Laos, con una scossa di 6.8 gradi. Il bilancio del sisma - ancora
provvisorio - è di almeno 75 vittime. Sul versante nipponico, invece, si estende il
rischio radioattivo dopo i nuovi danni scoperti in queste ore al reattore numero tre
della centrale di Fukushima. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
E’ una vera
e propria lotta contro il tempo per scongiurare il peggio. Chiare le parole del premier
giapponese Naoto Kan durante l’ultima conferenza stampa che si è svolta oggi: la situazione
nella centrale – ha detto - resta altamente “imprevedibile”. I tecnici della società
che gestisce l’impianto hanno ammesso che proseguono a rilento le operazioni di raffreddamento
dei reattori. Ieri, due impiegati sono stati ricoverati in ospedale dopo aver subito
un’alta dose di radiazioni. Preoccupazione massima, inoltre, per i danni segnalati
oggi alla vasca del reattore numero tre che contiene le barre di combustibile. Il
governo ha invitato all’evacuazione volontaria fino a 30 chilometri dalla centrale,
mentre il ministero della Sanità nipponico, per la prima volta dalla crisi, ha rilevato
alti livelli di radioattività in legumi provenienti da Tokio ma non destinati alla
vendita. Taiwan e la Corea del Sud hanno vietato l’importazione di prodotti alimentari.
Dal vertice europeo di Bruxelles è arrivato il via libera agli stress test nelle centrali
del Vecchio Continente. In Giappone, intanto, a due settimane dal sisma e dallo tsunami
il bilancio delle vittime si fa sempre più drammatico: 10 mila morti e 17 mila 500
dispersi. E ieri sera un terremoto ha colpito anche il Myanmar, in una vasta area
rurale verso il confine con la Thailandia e il Laos. Una doppia la scossa - di 6.8
gradi Richter la più forte - che ha provocato più di una settantina di morti e un
centinaio di feriti. Il bilancio, però, non è ancora ufficiale e potrebbe aggravarsi
nelle prossime ore. Momenti di panico si sono registrati nella capitale birmana, Rangoon,
e in quella tailandese, Bangkok, dove comunque non si ha notizia di danni.
Economia
Ue - Portogallo L’Unione europea preme sugli Stati per manovre di risanamento
del deficit, ben oltre lo 0,5 per cento del Prodotto interno lordo, da mettere in
campo nel 2012. Intanto, l’attenzione resta puntata sul Portogallo. Oggi treni fermi
nel Paese nell’ambito della settimana di mobilitazione indetta dal settore-trasporti
contro i tagli decisi dal governo del dimissionario Socrates. Bruxelles esclude che
Lisbona farà ricorso al fondo salva Stati europeo. Da Lisbona il servizio è di Riccardo
Carucci:
La posizione
ufficiale del Portogallo è che con l’austerità già in vigore e quella che verrà, ad
esempio, con misure come quelle che il Parlamento ha bocciato mercoledì provocando
la crisi di governo, il Paese riuscirà a ridurre il deficit al 4,6 per cento quest’anno,
al 3 l’anno prossimo e al 2 nel 2013. Oggi il presidente della Repubblica Anibal Cavaco
Silva ha ricevuto i partiti rappresentati in Parlamento e nei prossimi giorni sentirà
il Consiglio di Stato, organo consultivo che deve essere ascoltato. Poi, inevitabilmente,
accetterà le dimissioni del governo, scioglierà l’unica Camera del Parlamento portoghese
e indirà nuove elezioni. L’attuale legge elettorale impone un lasso di tempo prima
del voto di ben 55 giorni, il che significa che le elezioni potranno avvenire solo
alla fine di maggio o ai primi di giugno. Si attribuisce al presidente l’intenzione
di non ammettere un nuovo governo minoritario come l’attuale, ovviamente fragile,
il che significa che se nessuno avrà la maggioranza assoluta i partiti dovranno intendersi
per un accordo o una coalizione, superando le violente polemiche degli ultimi tempi
e le rivalità personali.
Costa d’Avorio La violenza e l’uso della
forza non è la soluzione della crisi in Costa d'Avorio. Lo ha dichiarato il contestato
presidente uscente Laurent Gbagbo, il quale ha lanciato un appello al dialogo alla
fazione di Ouattara del capo di stato riconosciuto dalla comunità internazionale.
Intanto l’Agenzia per i rifugiati dell'Onu ha avvertito che potrebbero essere circa
un milione gli sfollati ivoriani costretti a lasciare le proprie case a causa delle
violenze di queste settimane. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 84