2011-03-25 16:02:26

Dalla commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta negriera al rinnovamento dell'umanità


Ogni anno, il 25 marzo vengono commemorate le vittime della schiavitù e della tratta, circa 42 milioni di esseri umani strappati alla propria terra e deportati in altri Paesi e continenti. Per oltre 400 anni, tra il XV secolo e la metà del XIX, tanti fratelli e sorelle sono stati considerati come semplice merce nelle mani dei negoziatori. La loro umanità è stata brutalmente violata, annullata lungo le tre principali rotte del commercio internazionale: la tratta orientale verso il mondo arabo-musulmano, i circuiti intra-africani e la deportazione verso le Americhe.
Le Nazioni Unite chiedono oggi di non dimenticare queste vittime, anonime e sconosciute.

D’altra parte, lo stesso Giovanni Paolo II le aveva ampiamente evocate nel 1992, in occasione della sua Visita Pastorale nella “Maison des Esclaves” dell’Isola di Gorée, in Senegal. Da questo luogo – icona della deportazione degli schiavi - Papa Wojtyla ha ricordato le sofferenze causate dai trafficanti di esseri umani, le tante generazioni sconvolte dall’orrore degli spostamenti forzati, la violazione dei diritti fondamentali perpetrata per secoli ai danni delle popolazioni locali, le conseguenti contraddizioni che per sempre faranno parte del continente. Giovanni Paolo II ha affermato con forza che il mondo intero ha il dovere di conservare la memoria di questa piaga vergognosa nella storia dell’umanità.

Undici anni dopo il Viaggio Apostolico di Papa Wojtyla in Senegal, il 5 ottobre 2003 anche i rappresentanti delle Conferenze Episcopali africane si sono recati a Gorée, per rendere omaggio alle vittime della tratta. In quella occasione, con un atto simbolico di penitenza e purificazione seguito dalla celebrazione di una “Messa di Resurrezione”, i Vescovi hanno chiesto perdono per le colpe che gli stessi africani hanno avuto rispetto al dramma della schiavitù.
Nel 1992 Giovanni Paolo II aveva implorato il perdono del cielo per il “crimine enorme” della deportazione e lanciato un appello ai fedeli, affinché il comandamento dell’amore fraterno venisse sempre rispettato, in futuro. Allo stesso modo, con il Messaggio “Purificazione e Memoria per il rinnovamento dell’umanità”, nel 2003 i Vescovi riuniti a Gorée hanno invitato i cristiani africani a proseguire lo stesso sforzo di penitenza, riconoscendo le responsabilità delle generazioni passate e lasciandosi coinvolgere attivamente, oggi, nell’opera di “rinnovamento dell’umanità”.

Nella stessa occasione, l’Episcopato africano ha rivolto inoltre uno sguardo alla realtà contemporanea, denunciando pubblicamente le nuove forme di schiavitù che rappresentano ancora la realtà di migliaia di uomini, donne e bambini. Dalla prostituzione al turismo sessuale, dal commercio di organi all’arruolamento di bambini negli eserciti, dalla discriminazione etnica all’esclusione su base tribale o regionale, questi crimini continuano a sconvolgere l’equilibrio sociale, e costituiscono l’aspetto forse più drammatico della infinita storia dello sfruttamento del continente. Un processo che purtroppo si riproduce e si rinnova, trovando sempre nuove vie per adeguarsi ai tempi. Alla base del successo di molte economie in crescita c’è la sofferenza di esseri umani in un’altra parte del mondo, o anche nella medesima comunità. Il cuore dell’uomo sembra oggi indurito, alla ricerca di giustificazioni contrarie al fondamento stesso del cristianesimo: l’amore verso il prossimo.

Nell’Enciclica “Caritas in Veritate”, lo stesso Benedetto XVI pone l’attenzione su « Lo scandalo di disuguaglianze clamorose », ovvero la controversa crescita della ricchezza mondiale in termini assoluti, oggi inevitabilmente accompagnata dall’aumentano delle disparità. “Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. La corruzione e l'illegalità sono purtroppo presenti sia nel comportamento di soggetti economici e politici dei Paesi ricchi, vecchi e nuovi, sia negli stessi Paesi poveri (...) Gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori. Anche nell'ambito delle cause immateriali o culturali dello sviluppo e del sottosviluppo possiamo trovare la medesima articolazione di responsabilità”.

In linea con l’esortazione di Giovanni Paolo II, con il “percorso di purificazione” avviato dai Vescovi dell’Africa e con il Messaggio lanciato da Benedetto XVI nell'Enciclica, la commemorazione annuale del 25 marzo impone una riflessione sul significato della vera libertà nel mondo contemporaneo, che parta proprio dalla memoria della tratta quale macchia indelebile nella storia della civiltà. Una civiltà che si professa “cristiana” e che come tale ha il dovere di bandire definitivamente ogni forma di sfruttamento.
Per la Chiesa dunque, il riconoscimento delle gravi responsabilità del passato e la cessazione immediata di tutte le schiavitù – siano esse economiche, politiche o sociali - sono la condizione ineccepibile per il rinnovamento dell’umanità e per la realizzazione di un mondo più giusto, nel quale l’amore fraterno possa finalmente indicare la strada.







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