Situazione drammatica in Costa d'Avorio: migliaia in fuga dagli scontri
Situazione sempre di massima tensione in Costa d’Avorio, dove le fazioni del presidente
uscente, Laurent Gbagbo, e del capo dello Stato internazionalmente riconosciuto, Alassane
Ouattara, continuano a dare vita a violentissimi scontri armati. Anche la missione
dei caschi blu dell'Onu si è trovata coinvolta tra i due fuochi. Ma perché i numerosi
tentativi di mediazione della comunità internazionale sono finora andati a vuoto?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Anna Bono, docente all’Università
di Torino di Storia dei Paesi e delle Istituzioni africane:
R. – Io credo
che prima di tutto l’errore fondamentale sia stato, da parte della Comunità internazionale
- e intendo l’Unione africana e le Nazioni Unite, in particolare - di assegnare la
vittoria allo sfidante Ouattara. Cosa discutibile perché, in effetti, i risultati
elettorali sono assolutamente incerti e compromessi da brogli e irregolarità. Di solito,
in questi casi la soluzione è quella di sollecitare le parti a raggiungere un compromesso
e creare un governo di unità nazionale, che permetta a tutte le componenti politiche
più importanti di partecipare al governo e all’amministrazione locale del Paese. Questo,
nel caso della Costa d'Avorio, non è successo e ormai siamo in piena guerra civile.
D.
– Siamo abituati a guardare a molti dei Paesi africani come terre ricchissime di materie
prime. Possono essere questi, anche, gli ostacoli per un’applicazione concreta della
democrazia?
R. – Sicuramente sì, sia per fattori interni che per fattori
esterni. Per fattori interni, perché tanto più è ricco un Paese, tanto più le forze
in campo ambiscono a controllarne in modo esclusivo le risorse. Per fattori esterni,
perché un numero crescente di Paesi sullo scenario internazionale ha letteralmente
fame di materie prime e, quindi, è sempre più disposto a compromessi pur di assicurarsi
l’accesso a materie prime importanti e l’accesso a rapporti commerciali considerati
molto importanti. In questo caso stiamo parlando del caffè ma soprattutto del cacao,
di cui la Costa d’Avorio è primo produttore mondiale.
D. - Di fatto
questo scontro si sta concretizzando in un’emergenza umanitaria per quanti stanno
fuggendo dalle violenze: si parla ormai di mezzo milione di persone. Un ostacolo in
più, questo, alla pacificazione …
R. – Naturalmente, perché ormai i
numeri sono importanti. Non solo ci sono circa 500 mila persone sfollate ma gli scontri
si stanno intensificando e stanno interessando non soltanto la capitale economica
ma altre aree del Paese. Si contano ufficialmente 440 morti e, al momento attuale,
nulla fa pensare che la situazione possa migliorare. L’unico aspetto positivo è la
decisione dell’Ecowas di non intervenire militarmente, almeno per il momento, perché
un tale intervento avrebbe fatto temere un ulteriore peggioramento della situazione.
Certo è che ormai siamo in piena guerra civile e al momento attuale non c’è nulla
che indichi progressi dal punto di vista diplomatico o di eventuali possibili mediazioni.
(bf)