La Chiesa indiana celebra il “Romero Day” per destare le coscienze contro
le ingiustizie
“Risvegliare nei cristiani il desiderio di emulare un esempio positivo e proclamare
la parola di Dio ai poveri e agli oppressi”. Sono questi gli intenti che muoveranno
le celebrazioni del “Romero Day”, che la Chiesa indiana terrà il 24 marzo a Delhi,
Mumbai e Calcutta per ricordare “il martirio del grande profeta, l’arcivescovo salvadoregno
Oscar Romero”. Per l’occasione (il 24 marzo è giorno dell'uccisione dell'arcivescovo,
in Italia è la Giornata dei martiri) a Mumbai sarà celebrata una messa di ricordo
nella cattedrale dell’Holy Name. “Celebrando il ‘Romero day’ vogliamo sottolineare
la necessità di seguire il suo esempio nel combattere per i diritti dei più poveri,
con metodi non violenti di protesta. Dobbiamo prendere posizione in maniera crescente
per i poveri, senza temere le conseguenze. Romero è morto per la loro causa”, ha dichiarato
all'agenzia AsiaNewsil presidente della Commissione giustizia e pace dell’arcidiocesi
di Bombay, padre Allwyn D’Silva. Secondo il religioso “è molto urgente che la vita
e l’opera dell’arcivescovo Romero per i poveri e i marginali diventi un modello per
la Chiesa indiana. E’ vero che ci sono stati molti casi in cui i vescovi del Paese
hanno preso posizione in difesa delle persone che vivono ai margini della società;
ma ancora molto deve essere fatto”. Padre Allwyn D’Silva ha quindi criticato “la politica
economica sbagliata del governo, che marginalizza ulteriormente la gente, e cioè la
globalizzazione fatta senza avere al centro l’interesse della persona umana”. In particolare,
il presidente della Commissione ha citato il caso delle comunità tribali, che vedono
le loro terre “usurpate” e sono obbligate a lavorare come manovali nelle stesse foreste
che appartenevano a loro, da cui sono state espropriate e che vengono sfruttate da
altri. “L’industrializzazione e progetti di grande ampiezza hanno obbligato più di
40 milioni di persone a lasciare la loro terra, e il 50% di questi appartengono alle
comunità tribali. E le statistiche dimostrano che solo il 25% sono stati ricollocati”,
ha aggiunto padre D’Silva. “Questo processo distruttivo si è accelerato negli anni
recenti – ha poi denunciato l’esponente della Chiesa indiana -. Il diritto a protestare
è soppresso dal governo. Gli attivisti dei diritti umani e sociali, i preti e i religiosi
sono trascinati in tribunale perché protestano contro le violazioni dei diritti”.
“In un mondo simile – ha detto infine il religioso -, Romero ebbe coraggio. Parlò
contro le violazioni e morì per difendere il popolo da quelli che lo sfruttavano”.
(M.G.)