Continuano i raid in Libia: bombe sul bunker di Gheddafi. Nato pronta a intervenire
In Libia è giunta al terzo giorno l’operazione militare “Odissea all’alba”. Secondo
un bilancio provvisorio, fornito dal governo libico, sarebbero almeno 64 le vittime
dei raid compiuti dalla coalizione internazionale. E’ stato confermato l’attacco al
complesso di Bab al Aziziya a Tripoli, la residenza del rais. Il Pentagono sottolinea
che il colonnello Muammar Gheddafi “non è nella lista degli obiettivi”. La Nato da
parte sua - ha assicurato il ministro degli Esteri francese, Alain Juppe - è pronta
a sostenere l'intervento militare entro pochi giorni. Intanto, a Misurata, riferiscono
fonti nella città, le milizie di Gheddafi avrebbero sparato sulla folla causando numerosi
morti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’operazione
militare “Odissea all’alba”, alla quale hanno preso parte ieri anche Tornado italiani,
è proseguita nella notte con bombardamenti aerei. Questa mattina l’aviazione francese
ha compiuto nuove incursioni in varie località del Paese. Un raid della coalizione
internazionale a Tripoli ha completamente distrutto ieri un edificio “di comando e
di controllo” del colonnello Muammar Gheddafi. La televisione libica ha riferito che
le autorità di Tripoli hanno portato ambasciatori stranieri e giornalisti a visitare
il bunker di Gheddafi bombardato nella notte.
Fonti locali, smentite
dal regime, riferiscono che ieri sarebbe morto Khamis Gheddafi, figlio del colonnello
libico, in seguito a ferite riportate nei giorni scorsi. Le forze governative libiche,
che sabato hanno attaccato Bengasi, hanno intanto ripiegato ad Ajdabiya, 160 chilometri
a sud. Sull’altro fronte, il Consiglio nazionale di transizione a Bengasi ha riferito
che sono oltre 8000 gli insorti rimasti uccisi dall’inizio della rivolta. Un portavoce
degli insorti ha anche reso noto che le truppe governative stanno portando civili
a Misurata dalle città vicine per usarli come scudi umani. A preoccupare è anche il
sistema sanitario del Paese. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la popolazione
libica può andare incontro a possibili epidemie e a gravi infezioni a causa del ridotto
accesso all’acqua e a cibi sicuri.
Al Cairo, intanto, il segretario
generale dell’Onu Ban Ki-moon, obiettivo stamani di un tentativo fallito di aggressione
da parte di manifestanti pro-Gheddafi, ha dichiarato che il forte impegno della Lega
Araba ha reso possibile l’adozione della risoluzione delle Nazioni Unite. La Lega
Araba, da parte sua, ha confermato il sostegno alla risoluzione 1973 dell’Onu ma il
segretario generale, Amr Moussa, ha anche ricordato che l’obiettivo dell’intervento
militare è la protezione dei civili. Gli Stati Uniti sottolineano che le operazioni
belliche proseguono perché il governo libico non sta rispettando il cessate il fuoco.
E’ stato anche annunciato che nei prossimi giorni scatterà la seconda fase che prevede
l’attacco alle forze di rifornimento delle truppe di Gheddafi.
La popolazione
libica, ed in particolare di Tripoli, vive dunque ore di grande angoscia. Il vicario
apostolico, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, ha riferito che la città si sta svuotando
e che molti abitanti stanno fuggendo per paura dei bombardamenti. Nella capitale libica,
comunque, la situazione questa mattina sembrava tranquilla. Ascoltiamo Cristiano
Tinazzi, uno dei pochi giornalisti rimasti a Tripoli, intervistato da Amedeo
Lomonaco:
R. – Il traffico
è regolare, molti negozi sono aperti e questa capitale, che ultimamente sta subendo
bombardamenti notturni, oggi pare tornare alla normalità. Per quanto riguarda i bombardamenti,
la fonte ufficiale del governo parla di numerosi morti tra i civili. Ieri siamo stati
portati al cimitero dei martiri sulla strada costiera che porta da Tripoli verso Tajura
e si stavano svolgendo i funerali.
D. – Sono stati portati dei civili
nei luoghi indicati come obiettivi militari per essere utilizzati come scudi umani?
R.
- Sono stati portati dei civili, ma sono andati volontariamente. Sono almeno tre giorni
che la caserma di Bab el Aziziya è luogo di un continuo carosello di persone, di macchine:
sono migliaia le persone che si danno il cambio, soprattutto ragazzi, donne, bambini
e che entrano nella caserma, che è stata aperta a tutti. Arrivano fino al punto dove
si trova l’edificio che è stato bombardato dagli americani nel 1986, vicino alla tenda
di Gheddafi.
D. – Quali sono gli appelli del governo rivolti alla popolazione
durante questi giorni di bombardamenti?
R. – Sono appelli che incitano
alla lotta contro quella che viene definita l’aggressione dell’Occidente. Gli animi
si stanno surriscaldando negli ultimi giorni. Spesso succede che avvengano irruzioni
anche all’interno dell’albergo, dove alloggiamo anche noi giornalisti, da parte di
manifestanti che protestano pacificamente: l’accusa che viene fatta ai media stranieri
è quella di non raccontare la verità sul Paese. Dall’altra parte, il colonnello sta
chiedendo a tutta la popolazione di difendere il la Libia. Si parla di migliaia di
persone che sono state armate. E’ certo che molte persone hanno deciso di sostenere
il governo.
D. – Quindi possiamo dire che Tripoli, comunque, è una città
in gran parte schierata con il colonnello in questo momento?
R. – Si,
da quello che si può vedere. Non c’è assolutamente il minimo segno di protesta in
questa città. Le notizie che arrivano da Bengasi sono sempre mediate dalla propaganda
di regime che viene fatta attraverso la televisione di Stato. Tutte le persone con
cui si riesce a parlare parlano solo di al Qaeda, di terroristi che sono sostenuti
dalle potenze occidentali, il cui scopo è quello di dividere la Libia e di appropriarsi
del petrolio.
D. - In queste fasi così difficili e concitate appare
adeguata la macchina dei soccorsi libica?
R. – Secondo me, la struttura
non è sufficiente per poter portare aiuto se dovessero continuare i bombardamenti.
Il problema è il personale. Buona parte del personale che lavora in questi ospedali
è straniero. Fino a pochi giorni fa, il personale era in buona parte rimasto qui ma
desso non sappiamo se ha lasciato il Paese subito dopo i bombardamenti aerei. (bf)