Dal vertice di Parigi via libera all'intervento militare in Libia: caccia francesi
a Bengasi
Via libera dalla comunità internazionale ad un intervento militare in Libia. Il summit
di Parigi indetto da Unione Europea, Lega Araba e Onu si è chiuso con la decisione
di ricorrere all'uso della forza per proteggere la popolazione. Il premier belga,
Yves Leterme, ha annunciato che l'operazione militare avrà inizio nelle prossime ore.
Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha dichiarato che verrà utilizzato ogni mezzo
per far rispettare la risoluzione dell'Onu che prevede oltre all'imposizione della
'no-fly zone' anche il ricorso all'uso della forza. ''Abbiamo deciso di applicare
la risoluzione Onu - ha detto Sarkozy - che esige un cessate il fuoco immediato e
l'arresto delle violenze contro le popolazioni civili''. Caccia francesi sono già
a Bengasi per impedire i bombardamenti contro la popolazione civile. Il premier britannico
Cameron ha affermato che è giunto ormai il tempo di passare all'azione. Il presidente
del Consiglio italiano Berlusconi ha sottolineato che per il momento l'Italia metterà
a disposizione solo le basi per eventuali raid aerei. Quindi ha precisato che le armi
libiche non possono raggiungere il Paese. In Libia, intanto, una delle ultime roccaforti
degli insorti, Bengasi, è stata teatro, stamani, di violenti combattimenti. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Le ore della notte e di questa mattina sono state
scandite dagli attacchi compiuti dalle forze fedeli a Gheddafi a Bengasi. Nella città
libica, una delle ultime roccaforti dell’opposizione, le truppe governative hanno
utilizzato carri armati e artiglieria pesante. L’attacco ha provocato almeno 26 vittime
e la tv panaraba ‘Al Jazeera’ ha anche riferito che è stato abbattuto un aereo dell’aviazione
libica. Secondo altre fonti, si tratterebbe invece di un velivolo utilizzato dagli
insorti. Un portavoce delle forze dell'opposizione ha affermato che l'attacco
delle truppe governative a Bengasi è stato respinto. Migliaia di persone sono in fuga
da Bengasi, dove sarebbe stato colpito anche un campo della Croce Rossa. Sempre
questa mattina, nuove operazioni sono state compiute dalle forze fedeli a Gheddafi
anche a Zenten e a Misurata. L’agenzia ufficiale libica ha reso noto che molti cittadini
libici si stanno radunando sugli obiettivi militari indicati dalla Francia. Il ministro
degli Esteri libico ha dichiarato, infine, che la Libia “ha rispettato gli impegni
presi con la comunità internazionale” in seguito alla risoluzione del Consiglio di
sicurezza dell'Onu. Il ministro libico ha anche chiesto al Segretario generale dell'Onu,
Ban Ki-moon, di inviare osservatori internazionali per accertare l'effettiva entrata
in vigore del cessate il fuoco.
Il colonnello Muammar Gheddafi ha inviato
una lettera al presidente statunitense, Barack Obama. A Tripoli, dove si vivono momenti
di grande apprensione, la lettera è stata resa pubblica. Amedeo Lomonaco ha
raggiunto telefonicamente nella capitale libica il giornalista freelance Cristiano
Tinazzi:
R. –
Stamattina, Ibrahim Moussa, il portavoce del governo, ha letto il messaggio di Gheddafi
indirizzato al presidente Barak Obama. “Non riesco ad immaginare – scrive il colonnello
- che riesca a cambiare la mia opinione nei suoi confronti, anche se ci sarà la guerra”.
Gheddafi chiede poi ad Obama: “Cosa faresti se controllassero delle città americane
con le armi?”. E in un’altra lettera, rivolta al presidente Sarkozy, al primo ministro
inglese Cameron e al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ripete sostanzialmente
le stesse dichiarazioni che ha fatto nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Moussa
Koussa. Ricorda che la Libia è dei libici e che la risoluzione non è valida perché
il Consiglio di Sicurezza non è autorizzato, in accordo con la Carta delle Nazioni
Unite, ad intervenire in fatti interni di uno Stato. E nella lettera, Gheddafi aggiunge:
“Questa aggressione porterà un incalcolabile rischio per le conseguenze che ci saranno
sul Mediterraneo e sull’Europa”. In mattinata c’è stata anche una conferenza stampa
molto breve del ministro del Petrolio, Shukri Ghanem, che ha fatto un quadro della
situazione petrolifera del Paese. Gli impianti sono bloccati per motivi di sicurezza
e per la mancanza di personale specializzato negli impianti. Tra l’altro, ha anche
detto che la fornitura di gas all’Italia è bloccata.
D. – Dunque, è
una situazione di altissima tensione. Voi giornalisti, come state vivendo questi momenti?
R.
– Chiaramente, siamo tutti in attesa di sapere cosa stia succedendo, se non sia anche
il caso di spostarci in un albergo che sia più distante per la città, perché probabilmente
verranno colpiti la caserma di Bab al Aziziya, che è qui vicino, ad un chilometro
dall’albergo. Potrebbero essere colpite alcune postazioni radar missilistiche, l’aeroporto
la sede della televisione. Insomma, la situazione potrebbe diventare molto grave a
Tripoli, nelle prossime ore… (gf)
Violenti combattimenti hanno sconvolto
ieri la città di Misurata. Fonti ospedaliere locali hanno confermato il bombardamento
da parte delle forze fedeli a Gheddafi della città che dista 200 chilometri da Tripoli.
I morti sono almeno 25, tra cui anche bambini. Antonella Palermo ha intervistato
Altayeb Abuazoum, giovane studente libico, originario di Misurata che vive
a Roma da 7 anni:
R. – Ieri
ho provato a chiamare tramite il telefono fisso e sono riuscito a parlare con loro
cinque minuti. Oggi però ho provato a richiamare, ma il telefono risultava staccato,
non funzionava più: sono state colpite le linee telefoniche. Ieri mi hanno detto di
aver visto la terra tremare e palle di cannone volare sopra la casa. Tanti erano i
carri armati che bombardavano i civili per la strada e le case. Li ho visti anche
in un video.
D. – Ci sono anche persone sue conoscenti che sono scomparse?
R.
– Sì, ho un amico, che è stato rapito da tre settimane e praticamente non si sa dove
sia. Hanno rapito circa 100 persone a Misurata.
D. – Ci sono persone
che sono riuscite a fuggire, a lasciare la città?
R. – No, non possono
uscire. Per andare a Tripoli bisogna passare la frontiera e poi da Misurata a Bengasi
bisogna passarne un’altra, che non è lontana dalla città di Gheddafi, a 200 km, e
quindi lì si fermano.
D. – Cosa chiede la popolazione della Libia all’Unione
Europea?
R. – Non basta la ‘no fly-zone’, bisogna proteggere i civili,
perché ora molti civili stanno morendo. Altra cosa importante: Gheddafi parla sempre
del petrolio, ma per noi il petrolio è come se non esistesse e non fosse mai esistito!
Non abbiamo mai ottenuto proventi dal petrolio! (ap)