Mons. Vegliò ad Amman: la Chiesa alza la voce a difesa dei rifugiati
Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti,
mons. Antonio Maria Vegliò, si trova ad Amman, in Giordania, per una visita dedicata
ai problemi delle migrazioni: sono previsti incontri con rappresentati delle autorità
civili e religiose, ambasciatori, il rappresentante dell'Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati, alcune Organizzazioni non governative impegnate nell'assistenza
a migranti e rifugiati, come il Jrs (Jesuit Refugees Service) e la Caritas. Vi saranno
colloqui anche con alcune famiglie di rifugiati dall'Iraq e con la comunità parrocchiale
irachena. La Giordania, infatti, che ha circa sei milioni di abitanti, ospita circa
500.000 rifugiati iracheni e 300.000 lavoratori migranti. Il presule, oggi pomeriggio,
incontra le Organizzazioni Cattoliche alle quali rivolgerà un discorso sul tema della
pastorale dei rifugiati, di cui possiamo dare alcune anticipazioni.
Mons. Vegliò
ricorda che in Giordania la maggior parte dei lavoratori migranti sono egiziani, srilankesi
e filippini: si tratta di persone che spesso “vivono in balia dei loro datori di lavoro
e delle agenzie di reclutamento” che li hanno portati nel Paese. “Nell'agosto del
2008 – precisa il presule - la Giordania ha rivisto la sua legge sul lavoro” riconoscendo
i diritti di alcune categorie, in particolare quella dei lavoratori domestici. Resta
il fatto – prosegue - che “non è chiaro se e in quale misura tali norme sono state
attuate”. In realtà “i lavoratori migranti sono ancora vulnerabili allo sfruttamento
e agli abusi che possono essere facilmente nascosti dai datori di lavoro, dalle agenzie
di reclutamento e dagli stessi funzionari”.
Il presidente del dicastero vaticano
si sofferma quindi sulla precaria situazione dei rifugiati iracheni “che non hanno
uno status giuridico chiaro”. Si tratta di decine di migliaia di persone che vivono
in stato di povertà, a rischio sfruttamento e con la prospettiva di essere costretti
a intraprendere un ritorno "volontario" in Iraq. “Gli uomini che - non lavorando -
non sono in grado di provvedere alle loro famiglie, soffrono di depressione, ansia
e malattie croniche”. Una situazione disumana: persone che vivono “per anni senza
la speranza di una vita decente”, ferite nell’intimo per “non essere viste come esseri
umani”. Un dramma che ci deve toccare personalmente, afferma mons. Vegliò, che chiede
un rinnovato impegno alle organizzazioni cattoliche a sostenere materialmente e spiritualmente
i rifugiati iracheni in Giordania. “La dignità di ogni persona – rileva - è il punto
centrale della Dottrina sociale della Chiesa, che è la misura di ogni istituzione
e di ogni decisione”. “La Chiesa – ribadisce – il presule – deve alzare la sua voce”
a difesa dei diritti dei rifugiati.
Mons. Vegliò, infine, mette in guardia
le organizzazioni caritative cattoliche da un rischio: il fatto di dipendere da donatori
non-cattolici per i finanziamenti al loro servizio, le può porre nella condizione
di non stabilire le politiche della loro missione e quindi di “mettere in discussione
la loro identità”. (S.C.)