2011-03-18 09:52:02

L'Onu apre all'intervento militare e la Libia dichiara il cessate il fuoco immediato. Gli insorti: è un bluff


Dopo la risoluzione dell’Onu che apre la strada ad un intervento militare in Libia, le autorità di Tripoli hanno dichiarato il cessate il fuoco immediato. Le forze libiche fedeli a Muammar Gheddafi hanno sospeso tutte le operazioni militari per garantire la protezione dei civili, in linea con la risoluzione delle Nazioni Unite. Ma nuovi scontri, questa mattina, si sono registrati in varie aree del Paese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Il cessate il fuoco arriva dopo ore di violenti scontri. Fonti dell’opposizione hanno riferito che le forze fedeli al colonnello Gheddafi hanno nuovamente attaccato stamani Misurata, unica città ad ovest ancora controllata dagli insorti. Secondo fonti ospedaliere, almeno 4 persone sono morte in seguito ai bombardamenti. Altri scontri si sono registrati, sempre questa mattina, anche in località a sud della capitale. Poco prima di questi ultimi combattimenti, il governo francese aveva reso noto che sarebbe stata applicata, in tempi rapidi, la risoluzione delle Nazioni Unite. Anche ora, dopo il cessate il fuoco dichiarato da Tripoli, la Francia rimane cauta. La minaccia sul terreno - precisa Parigi - non è cambiata. Per gli insorti l'annuncio del regime è un "bluff".

Resta quindi ancora da valutare la risoluzione, approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che autorizza l’imposizione di una 'no-fly zone' sulla Libia “con tutti i mezzi a disposizione”, incluso il ricorso all’uso della forza. Il testo è stato approvato con 10 voti a favore e 5 astenuti (Russia, Cina, Brasile, India e Germania) e nessun voto contrario. La decisione dell’Onu è stata accolta con canti e grida di giubilo dagli insorti a Bengasi, ultima roccaforte dell'opposizione. Sull’altro fronte il governo libico, prima di dichiarare il cessate il fuoco immediato, aveva chiuso il proprio spazio aereo e definito la risoluzione una “minaccia” alla propria unità. Il ministro della Difesa di Tripoli ha anche minacciato attacchi al traffico aereo e marittimo nel Mediterraneo in caso di azioni militari contro la Libia. Seif al-Islam, uno dei figli di Muammar Gheddafi, ha ribadito che la sua famiglia non “ha alcuna paura” della “no-fly zone” imposta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di un eventuale attacco multinazionale. Dopo la dichiarazione del cessate il fuoco immediato da parte della Libia, si aspetta la mossa della comunità internazionale. Gli ambasciatori dei 28 Paesi della Nato si riuniscono oggi a Bruxelles per esaminare la risoluzione.

In riferimento al testo approvato dall'Onu, gli Stati Uniti sottolineano, in un comunicato, che la “Libia deve subito ottemperare a tutte le richieste della risoluzione”. Il ministro degli Esteri della Germania ha dichiarato che le truppe tedesche non interverranno in Libia. Norvegia, Francia e Belgio hanno annunciato, invece, che prenderanno parte ad un eventuale attacco. Il Qatar è stato il primo Paese arabo ad annunciare che parteciperà ad un intervento militare per assicurare la no-fly zone. L’Italia è pronta a mettere a disposizione basi e aerei ed il Canada invierà sei velivoli da guerra. La Cina ha espresso riserve sulla risoluzione dell’Onu. L'ipotesi di un imminente attacco aereo in Libia ha messo in allerta anche le piazze finanziarie. Secondo diversi esperti, in un mercato già messo a dura prova dalla crisi del debito europeo, dalle rivolte in Africa e Medio Oriente e poi dal terremoto e dall'allarme nucleare in Giappone, il rischio di uno scontro prolungato nel cuore del Mediterraneo potrebbe innescare una nuova ondata di vendite nelle Borse, un altro balzo dei prezzi petroliferi e, soprattutto, tensioni sui titoli di Stato.

In Libia gli stranieri stanno lasciando il Paese. Sacerdoti e religiosi hanno invece deciso di restare al fianco della popolazione. Si vivono, in particolare, ore di grande apprensione a Bengasi. Ma anche a Tripoli la tensione resta alta. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente nella capitale libica il giornalista freelance Cristiano Tinazzi:RealAudioMP3

R. - Tutti sono in attesa dell’arrivo dei bombardieri: tra l’altro, l’ambasciata italiana ha dato l’ordine di evacuare il personale ed anche per noi giornalisti è abbastanza difficile. Siamo in mezzo ai due fuochi ed è difficile valutare anche le reazioni della popolazione, se e quando ci saranno questi bombardamenti, che ormai son dati per certi. La situazione è abbastanza irreale. Adesso siamo bloccati in hotel, per questioni di sicurezza: oggi è venerdì, quindi giornata di preghiera, e non si sa come potrebbe reagire la gente nei nostri confronti. E’ chiaro che i Paesi che hanno contribuito ad avallare questa decisione delle Nazioni Unite saranno considerati responsabili e quindi responsabili anche gli organi di stampa e i cittadini stessi.

D. - Dunque, appare scontato l’attacco da parte delle truppe governative fedeli al leader Gheddafi sulla città di Bengasi, dove ci sono ancora gli insorti. A questo punto diventa anche cruciale capire se quest’attacco ci sarà e se sarà, in qualche modo, arginato da un intervento da parte dell’Onu…

R. - E’ chiaro che è una corsa contro il tempo. Questo tipo d’intervento è stato inutile, perché è arrivato tardi: ormai le forze fedeli a Gheddafi sono alle porte di Bengasi e se riusciranno a prendere Tobruk, Bengasi sarà chiusa in un sacco, isolata dal confine egiziano e in quel caso l’intervento militare, da parte appunto della Comunità internazionale, potrà colpire solo l’aviazione libica. Quello che è chiaro è che c’è una corsa contro il tempo da entrambe le parti.

D. - In questa corsa contro il tempo, come appare il governo di Tripoli?

R. - L’impressione che si ha in Tripolitania è che sia abbastanza saldo, che non ci siano crepe all’interno della struttura militare politica. E’ chiaro che adesso la pressione internazionale dovrà portare ad una via d’uscita da questo empasse: ma Gheddafi, comunque, in queste situazioni è sempre imprevedibile.

D. - Gheddafi, appunto, è sempre imprevedibile. Sono temibili concretamente le minacce libiche di attacchi nel Mediterraneo, in caso di un’azione militare in Libia da parte delle Nazioni Unite?

R. - E’ difficile valutarlo. Le forze armate libiche sono abbastanza antiquate. Sappiamo che hanno dei sommergibili che, però, non sono di ultima generazione, e quindi, difficilmente potranno portare a segno delle azioni militari, anche se, appunto, la minaccia di colpire obiettivi civili, allarga il campo di azione delle forze di Gheddafi. Quindi, c’è questa paura, ma non si capisce come e quando potrà venire concretizzata. (ma)

La risoluzione delle Nazioni Unite è stata dunque approvata con margini d’intervento più ampi della sola imposizione di una “no-fly zone”. A Stefano Silvestri, presidente dello Istituto Affari Internazionali Stefano Leszczynski ha chiesto se si stia per aprire un nuovo fronte militare per l’Occidente:RealAudioMP3

R. - Siamo ancora in una fase un po’ confusa, a mio avviso, però certamente questo significa un aumento di una certa tensione e probabilmente anche una possibilità di arrivare ad un congelamento della guerra civile.

D. - Si è aspettato fino all’ultimo prima di intervenire: c’è una strategia dietro tutto questo?

R. - Secondo me molto poco; secondo me non c’era una volontà vera di intervento: Gheddafi ha talmente forzato la mano nella situazione che, alla fine, l’intervento è diventato inevitabile. Molto probabilmente la preferenza generale sarebbe stata di tipo diplomatico, ma che con Gheddafi si è rivelata assolutamente impossibile.

D. - A questo punto da parte di molti Paesi occidentali resta la preoccupazione forte di quello che sarà il futuro delle relazioni economiche e commerciali con la Libia…

R. - Sì e d’altra parte questo riguarda, poi, in particolare l’Italia, che aveva delle ottime relazioni con il governo libico e soprattutto grossi interessi economici a cominciare da quelli legati ai contratti petroliferi e non solo per l’estrazione, ma anche per l’esportazione. Devo dire che, dal momento in cui ci eravamo allineati alla mozione sulle sanzioni approvata dal Consiglio di sicurezza, tutto questo doveva venire chiaramente ridiscusso e ripensato. A questo punto probabilmente sarebbe quasi meglio se dovessimo trattare con un governo post-Gheddafi.

D. - Chi ha esercitato maggiori pressioni in favore dei ribelli è stata la Francia: come mai?

R. - Calcoliamo che la Libia aveva più volte ostacolato anche la politica francese in Africa e c’è probabilmente il tentativo di Sarkozy di riproporre una politica mediterranea, dopo il fallimento sostanziale dell’Unione per il Mediterraneo. La Francia ha bisogno di una politica mediterranea e questo è un po’ un tentativo di dimostrare la continuità del suo interesse, io credo.

D. - In ogni caso, tutti gli Stati che hanno deciso di sostenere in campo dei rivoltosi, dei ribelli, hanno preteso il “cappello” della Risoluzione delle Nazioni Unite…

R. - Diciamo che andiamo verso una situazione, che potrebbe essere anche piuttosto lunga, di conflitto politico-diplomatico oltre che militare. (mg)







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