In Egitto referendum sulle modifiche costituzionali: il Paese si divide
L’Egitto si confronta sulle modifiche istituzionali del dopo Mubarak. I cittadini
sono chiamati alle urne, per esprimersi su un pacchetto di dieci emendamenti alla
Costituzione, riguardanti in particolare la durata del mandato presidenziale, le prerogative
del capo dello Stato e le modalità per candidarsi. Sui quesiti referendari la popolazione
è divisa tra favorevoli e chi auspica un maggiore rinnovamento. Centinaia di persone
hanno manifestato a piazza Tahrir al Cairo per dire no alla nuova Costituzione. Su
questi aspetti Giancarlo La Vella ha intervistato Adib Fateh Alì, giornalista
iracheno esperto di Egitto:
R. - Per
la prima volta in modo molto netto c’è una divisione: da una parte ci sono i giovani
della rivolta, i partiti laici, l’opposizione con a capo l’ex direttore dell’agenzia
Aiea e candidato alla presidenza, el Baradei, e pure Amr Moussa che sono decisamente
contrari alle modifiche introdotte; dall’altra, però, c’è un voto favorevole da parte
degli ex appartenenti al regime, al partito nazionale democratico di Mubarak, e paradossalmente
anche dei Fratelli musulmani: questi sono molto contenti che non sia stato toccato
l’articolo 2 della Costituzione, molto contestato dalla comunità cristiana - come
sappiamo i copti sono il 10 per cento della popolazione - che stabilisce che la fonte
principale della Costituzione è la sharia islamica, ovvero la legge islamica, sul
genere di quella che è in vigore in Arabia Saudita. E io speravo anche che venisse
messa in discussione buona parte dello schieramento laico. E questo per quanto riguarda
i Fratelli musulmani. Per quanto riguarda l’ex regime, l’accusa da parte dell’opposizione
laica è quella di avere sostanzialmente non toccato le prerogative del presidente,
ma soprattutto di aver lasciato al presidente la prerogativa di indire e sovrintendere
le elezioni, cosa per cui l’opposizione laica si era battuta affinché ciò non fosse,
perché dava un potere eccessivo al presidente della repubblica.
D. -
C’è il rischio che l’Egitto si ritrovi in una situazione di tensione anche dopo questo
voto?
R. – Temo proprio di sì, perché intanto verrebbe a crearsi un
vuoto costituzionale e quindi il potere rimarrebbe in mano ad una giunta militare
che sta mantenendo il governo … questi non sono segnali consoni con l’idea che tutti
ci siamo fatti di una transizione democratica del grande Paese arabo. Quindi c’è una
sorta di fortissima incertezza da parte dell’opposizione laica che ha promosso la
rivolta.
D. - Che valore ha questo referendum?
R. - E’
un referendum confermativo, non consultivo, ed è davvero un evento di eccezionale
portata perché forse è la prima volta che il Paese si avvicina ad elezioni libere.
(bf)