2011-03-17 15:21:13

Libia: Gheddafi bombarda Bengasi, ultima roccaforte degli insorti


In Libia continua inesorabile la controffensiva delle truppe fedeli a Gheddafi contro le milizie degli insorti ormai asserragliati nella sola regione di Bengasi. E proprio contro il capoluogo della Cirenaica si sono scatenati gli attacchi dell’aviazione di Tripoli. Il servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3

Le prime bombe hanno colpito l’aeroporto di Bengasi, poi nuovi raid su alcuni quartieri della città, ultimo baluardo dei ribelli, che a questo punto potrebbero capitolare da un momento all’altro. Stamani era stata riconquistata anche la città di Misurata, a metà strada tra Tripoli e Bengasi. Sul fronte commerciale, rientrano poi i timori di un mutamento dei rapporti italiani con Tripoli. Il ministro per il petrolio, Ghanem, ha annunciato la riconferma dei contratti con l’Eni, per la fornitura di gas. Intanto, la comunità internazionale, dopo essersi dichiarata possibilista sull’avvio di rapporti con i ribelli, rimane in attesa e rinvia alla odierna riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per l’adozione di eventuali misure militari almeno a tutela della popolazione civile. Un atteggiamento che potrebbe influire in modo decisivo sugli immediati sviluppi del confronto armato. Sulla posizione della comunità internazionale, abbiamo intervistato Luciano Ardesi, esperto di nord Africa:

R. – Sicuramente siamo in un’altra situazione molto delicata perché l’opposizione libica ha fatto un passo senza ritorno: trovarsi, improvvisamente, militarmente in una posizione ormai difensiva e, direi, da ultima spiaggia, con una comunità internazionale che a parole ha manifestato simpatia, però incapace di adottare delle misure efficaci e che al tempo stesso rispettassero la volontà di sovranità dell’opposizione e, quindi, della nuova Libia.

D. – Per quale motivo la comunità internazionale - come invece è successo in altri casi - non ha voluto coinvolgersi più di tanto in questa situazione?

R. – Naturalmente ci sono le esperienze precedenti - quella dell’Afghanistan, dell’Iraq - che inducono alla prudenza. In una situazione come quella della Libia qualsiasi intervento straniero non era facile però c’erano sicuramente delle misure da prendere. Innanzitutto, una misura politica: riconoscere ufficialmente l’opposizione come rappresentante della nuova Libia e con il consenso di questa opposizione studiare misure efficaci di intervento, se necessario anche militari. C’erano tutte le possibilità per farlo.

D. - Alla luce di tutto questo, qualsiasi sia l’esito della crisi libica, a questo punto i rapporti - soprattutto tra l’Europa e la Libia - saranno molto difficoltosi nel futuro?

R. – Saranno da reinventare ma credo che anche Gheddafi dovrà misurare attentamente la propria politica. E’ stato apertamente contestato dal suo popolo e non potrà più presentarsi come un leader incontrastato. Se, come sembra, riuscirà a mantenere il potere si apre anche per lui una stagione complessa.

D. – La Libia è uno dei Paesi che sta vivendo momenti importanti, epocali. Come vedi tutta la fascia del Nordafrica? Si sta creando una nuova situazione geopolitica nel Mediterraneo?

R. – Io credo che noi dobbiamo attendere ancora un po’ per dare giudizi definitivi. Le opposizioni, che sono apparentemente andate al potere in Tunisia e in Egitto, si trovano di fronte a una difficile fase di transizione. Ci sono le vecchie forze che naturalmente, cercano di resistere e cercheranno di cambiare tutto per non cambiare niente. L’esito è ancora molto aperto. Certo nulla sarà più come prima. Ci sarà sicuramente una dinamica politica maggiore nei prossimi anni ma non credo che la democrazia nel Nordafrica sia definitivamente installata dopo la spallata delle rivolte popolari. Credo che il percorso sia ancora lungo e molto complesso. (bf)







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