Libia: Gheddafi bombarda Bengasi, ultima roccaforte degli insorti
In Libia continua inesorabile la controffensiva delle truppe fedeli a Gheddafi contro
le milizie degli insorti ormai asserragliati nella sola regione di Bengasi. E proprio
contro il capoluogo della Cirenaica si sono scatenati gli attacchi dell’aviazione
di Tripoli. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Le prime
bombe hanno colpito l’aeroporto di Bengasi, poi nuovi raid su alcuni quartieri della
città, ultimo baluardo dei ribelli, che a questo punto potrebbero capitolare da un
momento all’altro. Stamani era stata riconquistata anche la città di Misurata, a metà
strada tra Tripoli e Bengasi. Sul fronte commerciale, rientrano poi i timori
di un mutamento dei rapporti italiani con Tripoli. Il ministro per il petrolio, Ghanem,
ha annunciato la riconferma dei contratti con l’Eni, per la fornitura di gas. Intanto,
la comunità internazionale, dopo essersi dichiarata possibilista sull’avvio di rapporti
con i ribelli, rimane in attesa e rinvia alla odierna riunione del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu per l’adozione di eventuali misure militari almeno a tutela della popolazione
civile. Un atteggiamento che potrebbe influire in modo decisivo sugli immediati sviluppi
del confronto armato. Sulla posizione della comunità internazionale, abbiamo intervistato
Luciano Ardesi, esperto di nord Africa:
R. – Sicuramente
siamo in un’altra situazione molto delicata perché l’opposizione libica ha fatto un
passo senza ritorno: trovarsi, improvvisamente, militarmente in una posizione ormai
difensiva e, direi, da ultima spiaggia, con una comunità internazionale che a parole
ha manifestato simpatia, però incapace di adottare delle misure efficaci e che al
tempo stesso rispettassero la volontà di sovranità dell’opposizione e, quindi, della
nuova Libia.
D. – Per quale motivo la comunità internazionale - come
invece è successo in altri casi - non ha voluto coinvolgersi più di tanto in questa
situazione?
R. – Naturalmente ci sono le esperienze precedenti - quella
dell’Afghanistan, dell’Iraq - che inducono alla prudenza. In una situazione come quella
della Libia qualsiasi intervento straniero non era facile però c’erano sicuramente
delle misure da prendere. Innanzitutto, una misura politica: riconoscere ufficialmente
l’opposizione come rappresentante della nuova Libia e con il consenso di questa opposizione
studiare misure efficaci di intervento, se necessario anche militari. C’erano tutte
le possibilità per farlo.
D. - Alla luce di tutto questo, qualsiasi
sia l’esito della crisi libica, a questo punto i rapporti - soprattutto tra l’Europa
e la Libia - saranno molto difficoltosi nel futuro?
R. – Saranno da
reinventare ma credo che anche Gheddafi dovrà misurare attentamente la propria politica.
E’ stato apertamente contestato dal suo popolo e non potrà più presentarsi come un
leader incontrastato. Se, come sembra, riuscirà a mantenere il potere si apre anche
per lui una stagione complessa.
D. – La Libia è uno dei Paesi che sta
vivendo momenti importanti, epocali. Come vedi tutta la fascia del Nordafrica? Si
sta creando una nuova situazione geopolitica nel Mediterraneo?
R. –
Io credo che noi dobbiamo attendere ancora un po’ per dare giudizi definitivi. Le
opposizioni, che sono apparentemente andate al potere in Tunisia e in Egitto, si trovano
di fronte a una difficile fase di transizione. Ci sono le vecchie forze che naturalmente,
cercano di resistere e cercheranno di cambiare tutto per non cambiare niente. L’esito
è ancora molto aperto. Certo nulla sarà più come prima. Ci sarà sicuramente una dinamica
politica maggiore nei prossimi anni ma non credo che la democrazia nel Nordafrica
sia definitivamente installata dopo la spallata delle rivolte popolari. Credo che
il percorso sia ancora lungo e molto complesso. (bf)