Pakistan: la Chiesa chiede chiarezza sul cattolico accusato di blasfemia morto in
carcere
Sul caso di Qamar David, il cattolico condannato all’ergastolo per blasfemia e trovato
morto ieri, 15 marzo, nel carcere di Karachi, la Chiesa cattolica “chiede chiarezza”
e “vuole verificare la versione ufficiale dei fatti, che indicano l’infarto come causa
della morte”: è quanto dice all’agenzia Fides padre Mario Rodriguez, direttore nazionale
delle Pontificie Opere Missionarie, sacerdote della diocesi di Karachi. La Chiesa
cattolica ai Karachi, tramite la Commissione “Giustizia e Pace” della diocesi, si
sta occupando del caso, offrendo sostegno morale e materiale alla famiglia. La Chiesa
intende convincere la famiglia di David ad autorizzare una autopsia, alla presenza
di personale medico di fiducia, per accertare in modo inequivocabile le cause della
morte. “La notizia della morte di David ci ha scosso. Ieri abbiamo interrotto il
ritiro spirituale quaresimale per fare fronte alla situazione. Abbiamo contattato
le autorità del carcere e parlato con il detenuto che era in cella con David. Ci ha
confermato che David stava bene ma che aveva molta paura, essendo accusato di blasfemia,
e che spesso era stato malmenato. La versione dell’infarto non convince” nota padre
Rodriguez. Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation”, che si occupa
di Asia Bibi, commenta a Fides: “E’ un fatto molto grave: una morte in carcere solleva
sempre molti interrogativi: non dimentichiamo altri casi di cristiani accusati di
blasfemia e uccisi in carcere. Sono convinto che David sia morto a causa delle percosse
subite dagli agenti e da altri detenuti. La polizia, e l’ospedale civile governativo,
vogliono coprire la vera causa del decesso. A causa della povertà e della paura, spesso
le famiglie delle vittime non chiedono nuove indagini mediche e non hanno il coraggio
di denunciare le autorità carcerarie. Per questo la famiglia di David oggi ha bisogno
del pieno sostegno della Chiesa e della società civile: solo così si potrà andare
a fondo e far emergere la verità”. Anche Asia Bibi, che ieri ha ricevuto la visita
di suo marito in carcere, è stata informata dei fatti, e ha reagito con queste parole:
“Ogni minuto che passa, penso possa essere l’ultimo. Ogni volta che la porta della
mia cella si apre, il cuore mi batte a mille. Sono nelle mani di Dio, non so cosa
potrà accadermi. In prigione ognuno può ergersi a giudice e killer”. (R.P.)