Il vescovo di Man: il dramma degli sfollati in Costa d’Avorio
COSTA D'AVORIO Appello del vescovo di Man per gli sfollati a causa delle violenze
post-elettorali
A Man (ovest della Costa d’Avorio) le infrastrutture sociali
ed economiche già in sofferenza dal 2002, stanno subendo danni enormi a causa delle
violenze esplose per la crisi politica originata dal rifiuto del Presidente uscente,
Laurent Gbagbo, di riconoscere la vittoria di Alassane Ouattara, nel ballottaggio
presidenziale del 28 novembre 2010. «Nella diocesi di Man, a 586 km da Abidjan, la
città di Duékoué — sottolinea monsignor Gaspard Béby Gnéba, vescovo di Man — è stata
teatro di scontri inter-etnici. Le violenze hanno provocato diversi danni materiali,
la perdita di vite umane e creato numerosi movimenti migratori, interni ed esterni».
In particolare — spiega monsignor Gnéba — «nella sola Duékoué tre luoghi hanno
accolto dall’inizio più di trentamila sfollati, dei quali quindicimila nella sola
Missione Cattolica di Santa Teresa, dei salesiani. Attualmente diversi sfollati hanno
raggiunto i loro parenti nel sud del Paese, ma restano ancora più di ventiduemila
sfollati nei centri di Duékoué». Secondo il presule, le altre località che accolgono
le persone in fuga dalle violenze sono: Man, che dopo la partenza di diversi sfollati
verso i Paesi vicini (Guinea, Mali, Burkina Faso) accoglie 1.013 persone (606 donne
e 407 uomini, di questi i bambini al di sotto dei 5 anni sono 223); Danané, dove 3.800
persone sono accolte in 4 centri e presso delle famiglie; nei villaggi nei pressi
di Danané, alla frontiera con la Liberia e la Guinea, sono accolti altrettanti sfollati;
nei villaggi vicino Zouan Hounien e Bin Houyé (alla frontiera con la Liberia) vi sono
infine 10.800 sfollati. «Gli interventi d’urgenza sono assicurati dalla Caritas
diocesana, con i poveri mezzi di cui dispone, in collaborazione con Unicef e Pam.
Tuttavia il sostegno volontario non è sufficiente ad attuare tutto l’aiuto umanitario
necessario», dice monsignor Gnéba, che lancia un appello soprattutto per i 7.500 sfollati
della Missione di Duékoué. Di recente, i leader religiosi della Costa d’Avorio,
cristiani e musulmani, nel condannare la distruzione di due moschee, avvenuta il 25
febbraio a Yopougon, hanno ammonito tutti a non trasformare la crisi politica e sociale
che sta vivendo il Paese in «una crisi religiosa». In una dichiarazione, il Forum
delle confessioni religiose della Costa d’Avorio, constata la triste condizione nella
quale è sprofondato il Paese: «All’Ovest la situazione ci può condurre all’incendio
generalizzato. Al centro rimane sempre preoccupante. Qui al sud, si assiste ogni giorno
al passaggio di persone di tutte le età, che fuggono gli orrori della situazione che
conosciamo, alla ricerca di un ipotetico rifugio più sicuro». «Gli ultimi avvenimenti
— sottolineano i leader religiosi — ci costringono ancora una volta ad attirare la
vostra attenzione sulla piega che certe persone vogliono far prendere al conflitto
che è puramente politico. Per questo condanniamo con forza i diversi attacchi ai luoghi
di culto. Vogliamo ricordare che i luoghi di culto sono santi e sacri e che, come
le ambasciate, beneficiano dello statuto della extraterritorialità, le chiese, le
moschee e i templi, sono quindi luoghi inviolabili». I luoghi di culto sono diventati
dei rifugi per la popolazione in fuga dalle violenze. (L’Osservatore Romano)