2011-03-16 17:14:43

Il vescovo di Man: il dramma degli sfollati in Costa d’Avorio


COSTA D'AVORIO Appello del vescovo di Man per gli sfollati a causa delle violenze post-elettorali

A Man (ovest della Costa d’Avorio) le infrastrutture sociali ed economiche già in sofferenza dal 2002, stanno subendo danni enormi a causa delle violenze esplose per la crisi politica originata dal rifiuto del Presidente uscente, Laurent Gbagbo, di riconoscere la vittoria di Alassane Ouattara, nel ballottaggio presidenziale del 28 novembre 2010. «Nella diocesi di Man, a 586 km da Abidjan, la città di Duékoué — sottolinea monsignor Gaspard Béby Gnéba, vescovo di Man — è stata teatro di scontri inter-etnici. Le violenze hanno provocato diversi danni materiali, la perdita di vite umane e creato numerosi movimenti migratori, interni ed esterni».
In particolare — spiega monsignor Gnéba — «nella sola Duékoué tre luoghi hanno accolto dall’inizio più di trentamila sfollati, dei quali quindicimila nella sola Missione Cattolica di Santa Teresa, dei salesiani. Attualmente diversi sfollati hanno raggiunto i loro parenti nel sud del Paese, ma restano ancora più di ventiduemila sfollati nei centri di Duékoué». Secondo il presule, le altre località che accolgono le persone in fuga dalle violenze sono: Man, che dopo la partenza di diversi sfollati verso i Paesi vicini (Guinea, Mali, Burkina Faso) accoglie 1.013 persone (606 donne e 407 uomini, di questi i bambini al di sotto dei 5 anni sono 223); Danané, dove 3.800 persone sono accolte in 4 centri e presso delle famiglie; nei villaggi nei pressi di Danané, alla frontiera con la Liberia e la Guinea, sono accolti altrettanti sfollati; nei villaggi vicino Zouan Hounien e Bin Houyé (alla frontiera con la Liberia) vi sono infine 10.800 sfollati.
«Gli interventi d’urgenza sono assicurati dalla Caritas diocesana, con i poveri mezzi di cui dispone, in collaborazione con Unicef e Pam. Tuttavia il sostegno volontario non è sufficiente ad attuare tutto l’aiuto umanitario necessario», dice monsignor Gnéba, che lancia un appello soprattutto per i 7.500 sfollati della Missione di Duékoué.
Di recente, i leader religiosi della Costa d’Avorio, cristiani e musulmani, nel condannare la distruzione di due moschee, avvenuta il 25 febbraio a Yopougon, hanno ammonito tutti a non trasformare la crisi politica e sociale che sta vivendo il Paese in «una crisi religiosa». In una dichiarazione, il Forum delle confessioni religiose della Costa d’Avorio, constata la triste condizione nella quale è sprofondato il Paese: «All’Ovest la situazione ci può condurre all’incendio generalizzato. Al centro rimane sempre preoccupante. Qui al sud, si assiste ogni giorno al passaggio di persone di tutte le età, che fuggono gli orrori della situazione che conosciamo, alla ricerca di un ipotetico rifugio più sicuro». «Gli ultimi avvenimenti — sottolineano i leader religiosi — ci costringono ancora una volta ad attirare la vostra attenzione sulla piega che certe persone vogliono far prendere al conflitto che è puramente politico. Per questo condanniamo con forza i diversi attacchi ai luoghi di culto. Vogliamo ricordare che i luoghi di culto sono santi e sacri e che, come le ambasciate, beneficiano dello statuto della extraterritorialità, le chiese, le moschee e i templi, sono quindi luoghi inviolabili». I luoghi di culto sono diventati dei rifugi per la popolazione in fuga dalle violenze.
(L’Osservatore Romano)







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