2011-03-15 13:10:02

La vita religiosa nei documenti del Vaticano II. Una riflessione sul decreto conciliare "Perfectae caritatis"


Tra i numerosi ambiti nei quali il Concilio Vaticano II si pronunciò durante i suoi lavori figura certamente anche quello della vita consacrata. Il decreto che la riguarda si intitola Perfectae caritatis e fu emanato da Paolo VI nell’ottobre del 1965. Ascoltiamo in proposito il commento del padre gesuita Dariusz Kowalczyk, nella 19.ma puntata della nostra rubrica dedicata ai documenti conciliari:RealAudioMP3

Gli ordini religiosi non sono elemento indispensabile della Chiesa. Il Concilio tuttavia fa notare che “fin dai primi tempi della Chiesa vi furono uomini e donne che per mezzo della pratica dei consigli evangelici vollero seguire Cristo con maggiore libertà” (n. 1). Possiamo sperare che tali persone ci saranno fino alla fine dei tempi. Il rinnovamento della vita religiosa consiste, da un lato, nel continuo ritorno all'ispirazione originaria degli istituti, e dall’altro - nell'adattamento degli istituti stessi alle mutate condizioni dei tempi (cfr. n. 2). Il decreto sulla vita religiosa però sottolinea che “le migliori forme di aggiornamento non potranno avere successo, se non saranno animate da un rinnovamento spirituale” (n. 2).

La castità religiosa, vissuta con autenticità è la contro-prova di “false teorie, che sostengono essere la continenza perfetta impossibile o nociva al perfezionamento dell'uomo” (n. 12). Il Concilio, allo stesso tempo, avverte però che volendo vivere nella castità non si può solo presumere dalle proprie forze, ma ci si deve fidare dell’aiuto divino. La povertà religiosa consiste nel dipendere dai superiori nell’uso dei beni, nell’essere povero nello spirito, ma anche "nell’obbedire alla comune legge del lavoro". L’obbedienza religiosa invece si basa sulla fede che Dio vuole agire nella vita del religioso attraverso i suoi superiori. Così l’obbedienza, “lungi dal diminuire la dignità della persona umana" ma "la conduce alla maturità, facendo crescere la libertà dei figli di Dio” (n. 14). I superiori, da parte loro, dovrebbero governare “quelli che sono loro sottomessi, con rispetto della persona umana e facendo sì che la loro soggezione sia volontaria” (n. 14).

Non mancano le opinioni che il Concilio, che si è concentrato sul ruolo dei vescovi, non ha approfondito l’importanza per la Chiesa della vita religiosa. Forse questo sarà uno dei compiti di un prossimo Concilio.







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