Costa d'Avorio: mezzo milione di sfollati per le violenze. Il nunzio: siamo dimenticati
In Costa D’Avorio rischia di consumarsi una tragedia umanitaria di enormi proporzioni.
Continuano nel Paese africano gli scontri tra le fazioni di Laurent Gbagbo, il presidente
uscente, sconfitto alle elezioni del novembre scorso, ma che non vuole cedere il potere,
e di Alassane Ouattara, vincitore delle consultazioni, riconosciuto unanimemente dalla
comunità internazionale. La diplomazia internazionale segna il passo di fronte ad
una situazione che non lascia intravedere alcuna apertura al dialogo. Intanto, sarebbero
circa 500 mila gli sfollati in fuga dai combattimenti. Persone che hanno bisogno di
ogni cosa, per le quali si stanno mobilitando le parrocchie locali, la Caritas e le
organizzazioni umanitarie. Che cosa può fare la comunità internazionale per risolvere
questa situazione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Ambrose Madtha,
nunzio apostolico in Costa D’Avorio:
R. - Purtroppo
ci si è un po’ dimenticati della Costa d’Avorio. Da più di tre mesi, c’è una situazione
molto preoccupante dal punto di vista politico, sociale e umanitario.
D.
- Qual è l’entità di questa emergenza?
R. - La situazione politica ha
causato molti rifugiati all’interno del Paese, così come anche all’esterno del Paese:
tante persone sono fuggite dalla zona ovest del Paese, verso la Liberia. Secondo il
Rapporto della Caritas internationalis ci sono diverse persone proprio tra la Liberia
e la Costa d’Avorio. Anche all’interno della stessa Costa d’Avorio, in molte parrocchie,
si trovano molti rifugiati che sono stati cacciati via dalle loro zone, perché hanno
bruciato le loro case. La Chiesa sta cercando di fare quanto è possibile per aiutare
questi rifugiati. C’è un vero disastro…
D. - Di che cosa hanno bisogno
queste persone che hanno lasciato le loro case?
R. - Hanno bisogno di
tutto, perché hanno abbandonato tutto nelle loro case: forse hanno portato via soltanto
qualche vestito per i loro bambini. Come prima cosa hanno bisogno di nutrimento ed
anche di medicine. L’Unione Europea ha imposto un embargo e ora è difficile trovare
anche le medicine necessarie per quella che è la situazione sanitaria nel Paese: c’è
la malaria, c’è il colera ed altri tipi di malattie.
D. - Quali speranze
ci sono che questo scontro tra i due presidenti si concluda presto?
R.
- Io direi che ci sono poche speranze e questo perché entrambi sono fermi nelle loro
posizioni. Non c’è un avvicinamento, nonostante alcuni forum religiosi siano riusciti
a compiere qualche passo avanti, ma è molto difficile. Noi ci auguriamo sempre che
questi due leader, Ouattara e Gbagbo, si possano incontrare per cercare di arrivare
a qualche conclusione. La nostra speranza è che tutta questa situazione finisca presto,
anche se la realtà ci mostra che, forse, non finirà così presto. (mg)