2011-03-15 15:03:25

Campagna del Consiglio Ecumenico delle Chiese per il diritto all'acqua di tutti gli esseri umani


Riflettere e agire per rendere l’accesso e la distribuzione delle risorse idriche un diritto di tutti gli esseri umani. Questo l’impegno sotteso alla campagna “Sette settimane per l’acqua: acqua, conflitto e giusta pace”. Un’iniziativa – riferisce l’Osservatore Romano - condotta dalla Rete ecumenica per l’acqua, organizzazione di rappresentanza di varie comunità cristiane e di ong, coordinata dal Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). La campagna, giunta alla sua quarta edizione, coincide con il periodo della Quaresima. “Tradizionalmente il tempo che precede la Passione - spiega la responsabile della rete, Maike Gorsboth - è destinato alla riflessione su ciò che è necessario per la vita”. La prima settimana, conclusasi ieri, è stata dedicata al tema “Terra e acqua”. Fino al 24 aprile saranno affrontate questioni inerenti i conflitti legati al libero utilizzo delle risorse idriche ed energetiche, in particolare nei Paesi africani e del Medio Oriente. Altri sette giorni saranno poi incentrati sulle donne e le violenze. “Per sette settimane - aggiunge - incoraggeremo i fedeli a farsi promotori attivi” dei diritti per l’acqua “presso tutte le sedi internazionali”. Sarebbero oltre 900 milioni le persone nel mondo che non hanno libero accesso alle risorse idriche. Una situazione, osserva la Rete ecumenica per l’acqua, che non è dovuta soltanto alla scarsità delle risorse, ma anche allo sfruttamento senza regole. Utilizzo dell’acqua crescente e insostenibile o di altre risorse a scopi agricoli e industriali, degrado ambientale e inquinamento: sono queste alcune delle principali cause che alimentano le situazioni di malessere sociale in vari Paesi e che spesso sono causa di conflitti. A questo va anche aggiunta la tendenza ad affidare a strutture private lo sfruttamento delle risorse idriche o di altro genere. La Rete ecumenica evidenzia che “sempre più l’acqua, è considerata come un normale bene commerciale e non come un diritto”, per cui “accade sempre più spesso che là dove sono stati avviati dei progetti di privatizzazione, ai poveri e alle persone disagiate viene precluso l’accesso all’acqua”. (R.G.)







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