Giappone, rischio fusione alla centrale di Fukushima.Tokyo chiede aiuto agli Usa e
all’Aiea. Il Nunzio: la Chiesa in prima linea nei soccorsi
Il Giappone lotta per evitare la catastrofe nucleare dopo i gravissimi danni agli
impianti generati dal terremoto e dal successivo tsunami di venerdì scorso. Gli occhi
sono puntati sul reattore numero due della centrale di Fukushima per evitare un processo
di fusione a seguito del surriscaldamento. Chiesta la collaborazione degli Stati Uniti
e dell’Aiea. E di nucleare discuterà domani a Bruxelles l’Unione europea, mentre si
è avviata la macchina dei soccorsi per la popolazione: migliaia i morti e i dispersi.
Ingenti i danni e le ripercussioni anche economiche. Il servizio è di Gabriella
Ceraso
Dunque
cresce la paura sulla situazione delle centrali nucleare giapponesi. Ma cosa esattamente
sta succedendo in queste ore nell’impianto di Fukushima in cui potrebbe iniziare una
fusione del nucleo? Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Luciano Maiani
presidente del CNR
E la popolazione
giapponese è la prima a seguire con grande apprensione le notizie sull’emergenza nucleare
e sul bilancio delle vittime. come racconta al microfonbo di Amedeo Lomonaco
il collega e collaboratore della Radio Vaticana, Stefano Vecchia raggiunto
telefonicamente a Tokyo
R.
– E' un Paese certamente intimorito e un Paese che da questa sera è anche sotto una
specie di black-out per la necessità di conservare energia. I giapponesi si sono in
qualche modo auto-limitati: la stessa capitale Tokyo oggi ha spento i suoi monumenti
più famosi. E’ un Paese che teme fortemente la possibilità di una drammatica emissione
di radiazioni dalle centrali, in particolare quella di Fukushima due, con sistemi
che in questo momento sembrano sfuggire al controllo.
D. – Dunque, resta sempre
alto l’allarme nucleare. Quali informazioni arrivano dai media locali?
R. –
Le informazioni date dalla televisione sono puntuali e frequenti. Evidentemente, sono
informazioni ufficiali che i giapponesi, un po’ per abitudine ma un po’ anche per
fiducia nelle autorità, prendono per affidabili. C’è però un forte timore, nel momento
in cui le stesse autorità hanno dichiarato che per la centrale numero due di Fukushima,
in particolare, un reattore non è controllabile con i sistemi tradizionali. Domani,
probabilmente, ci sarà l’ultimo tentativo di alleggerire la pressione e di abbassare
la temperatura prelevando acqua marina e inserendola, appunto, nel reattore.
D.
– Dunque, è alto l’allarme nucleare e sempre più pesante il bilancio delle vittime;
emblematico in questo senso è lo scenario della città di Minamisanriku, ormai deserta
e muta…
R. – Questa, in realtà, è una delle città più colpite, ma è una. Il
problema è che per un Paese importante, noto proprio per la facilità di comunicazione,
in questo momento ci sono molte aree che sono praticamente isolate. Da oggi, le ferrovie
giapponesi che da Tokyo vanno verso Nord sono sostanzialmente bloccate e funziona
soltanto il servizio di autobus. Questo problema vale in parte anche per le strade
che vanno verso il nord. Quindi, è un Paese molto isolato. E quando vengono raggiunte
le zone isolate, si scopre la vastità del dramma.
D. – Il Giappone è un Paese
che ha comunque bisogno dell’aiuto internazionale, anche se ha uno stato tecnologico
molto avanzato…
R. – Assolutamente sì, proprio perché questa è una situazione
che nessun Paese si è mai trovato ad affrontare. E il fatto che sia successo in Giappone
e che abbia messo in ginocchio questo Paese, fa capire proprio la drammaticità della
situazione. Continuano ad arrivare squadre di soccorso che sono assolutamente benvenute.
Vengono organizzate come forse soltanto i giapponesi riescono a fare.
D. –
E a tremare adesso è anche l’economia giapponese. Si teme un impatto a livello globale?
R.
– Vi è una forte preoccupazione. Chiaramente è impossibile allo stato attuale quantificare
i costi che saranno enormi, molto superiori al bilancio del terremoto di Kobe del
1995. Il Paese è praticamente diviso a metà. C’è un Paese “normale” è un Paese che
manca di tutto. Uno stato dove mancano anche cibo e materie prime. Nella stessa Tokyo,
negli scaffali di molti supermercati, ci sono spazi vuoti che prima non si erano mai
visti.
D. – Parlando con la gente, cosa si percepisce?
R. – Una forte
attesa. Sostanzialmente, la gente attende. Tenendo presente che Tokyo è al centro
di un agglomerato urbano che conta 30 milioni di persone e le centrali a rischio sono
a 200-250 chilometri, la gente è in attesa. In questo momento teme soprattutto le
radiazioni anche se chiaramente è colpita e prostrata dalla vastità dei danni provocati
dal terremoto e, soprattutto, dalla grande perdita di vite umane. Aspetta di sapere
con certezza quale sia questo bilancio; chiaramente, piange i suoi morti. E’ un Paese
molto unito, drammaticamente unito anche in questa circostanza. (gf)
Dalle
Chiese cattoliche di vari Stati asiatici e da organizzazioni appartenenti a diverse
confessioni religiose arrivano segni di solidarietà e vicinanza al Giappone. La Caritas
ha inviato 100 mila euro e altri contributi sono stati messi a disposizione da Caritas
Giappone e dall'arcidiocesi di Seoul, in Corea del Sud. Nel Paese asiatico, intanto,
anche la comunità cattolica è stata drammaticamente colpita dal sisma. Ascoltiamo
il nunzio apostolico in Giappone, mons. Alberto Bottari de Castello, intervistato
da Federico Piana:
R.
- Siamo molto preoccupati. Prima, vedendo le immagini di questi nostri fratelli che
sono su al nord. Siamo riusciti a parlare con il vescovo di Sendai che è ancora isolato.
Le comunicazioni qui a Tokyo sono ancora saltuarie. Quindi, stiamo partecipando un
po’ tutti a questa situazione di gravità.
D. - Eccellenza, la Chiesa come sta
vivendo questo momento drammatico?
R. - Partecipando in pieno. C’è impegno,
c’è stata già ieri una prima apertura delle sottoscrizioni ed è stato diffuso il messaggio
del Papa per animare e per sentirci in prima linea nella partecipazione spirituale
e anche materiale. La Caritas sta già mandando qualcuno a Sendai per organizzare gli
aiuti ed è ancora difficile andare lassù, le strade sono interrotte. Solo le autorità
e l’esercito riescono ad andare ma per noi è anche sconsigliato a causa dei problemi
che ci sono nella centrale atomica.
D. - Mons Bottari, lei ha parlato anche
del vescovo di Sendai che è riuscito a contattare dopo tante difficoltà, sta bene?
R.
- Ho parlato col vescovo e so che sta bene. Abbiamo ricevuto un messaggio fax con
informazioni sulla situazione. Abbiamo saputo che un padre missionario canadese è
tra le vittime e finora è la sola vittima tra i religiosi. Tra i sacerdoti locali
e le religiose non ci sono altre segnalazioni.
D. - Per quanto riguarda i dispersi,
avete notizia di sacerdoti missionari dispersi?
R. – Per questo, ci rimettiamo
un po’ alle autorità. Ci sono persone che non si riescono a contattare già da tre
giorni e non si hanno ancora notizie. Quindi si comincia ad avere paura. Anche sul
posto si danno da fare; mi ricordo che abbiamo chiesto notizie di una persona che
sarebbe di solito a mezz’ora di strada, però ci hanno detto: chiamate domani, vi daremo
notizie. Anche per loro è difficile muoversi. (bf)