Giappone, emergenza nucleare nella centrale di Fukushima. Il bilancio sale a 5 mila
vittime. Il nunzio: la Chiesa in prima linea nei soccorsi
In Giappone, è sempre più alto l’allarme nucleare. Fonti locali rendono noto che non
si può escludere una fusione in un reattore dell’impianto nucleare di Fukushima. Il
circuito di raffreddamento del reattore da ore ha cessato di funzionare e il livello
dell’acqua è talmente basso che le barre di combustibile nucleare sono al momento
totalmente esposte. Sempre più pesante, poi, il bilancio delle vittime provocate dal
terremoto e, soprattutto, dallo tsunami che venerdì scorso hanno colpito il Paese.
I morti e i dispersi sono almeno cinquemila. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il mare restituisce
migliaia di cadaveri e il bilancio delle vittime si aggrava di ora in ora. La città-simbolo
di questa catastrofe è Minamisanriku, ormai deserta e muta. Migliaia di edifici, le
strade e le case sono ora avvolte da un pantano impastato di sabbia, petrolio e acqua.
L’allarme tsunami è stato lanciato poco dopo la scossa, ma l’onda si è abbattuta su
una popolazione che stava cercando di capire cosa fosse successo. Si sono salvati
solo coloro che, al momento dell’arrivo dello tsunami, avevano trovato riparo nei
quartieri in collina. Adesso, anche in questa zona, le strade sono interrotte, non
c’è acqua potabile e la corrente elettrica è sospesa.
Il premier giapponese,
Naoto Kan, ha affermato che per il Paese “è il momento più difficile dalla fine della
seconda Guerra mondiale”. Resta molto preoccupante anche la situazione della centrale
di Fukushima, dove si sono verificate due nuove deflagrazioni provocate da fughe di
idrogeno. Al momento, il livello di radioattività è comunque basso ma per l'Agenzia
nucleare francese, invece, le emissioni radioattive sarebbero molto più consistenti.
E non è ancora scongiurata l’ipotesi peggiore, quella catastrofica della fusione del
nocciolo. L’Agenzia per la Sicurezza nucleare nipponica esclude comunque che si possa
ripetere un disastro come quello di Chernobyl.
A subire gravi ripercussioni,
infine, è anche l’economia giapponese. Sulla base delle informazioni attualmente
disponibili, Credit Suisse stima che il terremoto costerà all’economia giapponese
14-15 trilioni di yen. La Banca centrale giapponese ha reso noto che immetterà 7
mila miliardi di yen, pari a 85,5 miliardi di dollari, per cercare assicurare stabilità
ai mercati finanziari. Secondo diversi esperti, un’eventuale recessione in
Giappone potrebbe coinvolgere molti Paesi, minando seriamente le stime di crescita
previste dagli esperti in relazione alla crisi economica mondiale.
La popolazione
giapponese segue con grande apprensione le notizie sull’emergenza nucleare e sul bilancio
delle vittime. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Tokyo il collega
e collaboratore della Radio Vaticana, Stefano Vecchia:
R. – E' un
Paese certamente intimorito e un Paese che da questa sera è anche sotto una specie
di black-out per la necessità di conservare energia. I giapponesi si sono in qualche
modo auto-limitati: la stessa capitale Tokyo oggi ha spento i suoi monumenti più famosi.
E’ un Paese che teme fortemente la possibilità di una drammatica emissione di radiazioni
dalle centrali, in particolare quella di Fukushima due, con sistemi che in questo
momento sembrano sfuggire al controllo.
D. – Dunque, resta sempre alto
l’allarme nucleare. Quali informazioni arrivano dai media locali?
R.
– Le informazioni date dalla televisione sono puntuali e frequenti. Evidentemente,
sono informazioni ufficiali che i giapponesi, un po’ per abitudine ma un po’ anche
per fiducia nelle autorità, prendono per affidabili. C’è però un forte timore, nel
momento in cui le stesse autorità hanno dichiarato che per la centrale numero due
di Fukushima, in particolare, un reattore non è controllabile con i sistemi tradizionali.
Domani, probabilmente, ci sarà l’ultimo tentativo di alleggerire la pressione e di
abbassare la temperatura prelevando acqua marina e inserendola, appunto, nel reattore.
D.
– Dunque, è alto l’allarme nucleare e sempre più pesante il bilancio delle vittime;
emblematico in questo senso è lo scenario della città di Minamisanriku,
ormai deserta e muta…
R. – Questa, in realtà, è una delle città più
colpite, ma è una. Il problema è che per un Paese importante, noto proprio per la
facilità di comunicazione, in questo momento ci sono molte aree che sono praticamente
isolate. Da oggi, le ferrovie giapponesi che da Tokyo vanno verso Nord sono sostanzialmente
bloccate e funziona soltanto il servizio di autobus. Questo problema vale in parte
anche per le strade che vanno verso il nord. Quindi, è un Paese molto isolato. E quando
vengono raggiunte le zone isolate, si scopre la vastità del dramma.
D.
– Il Giappone è un Paese che ha comunque bisogno dell’aiuto internazionale, anche
se ha uno stato tecnologico molto avanzato…
R. – Assolutamente sì, proprio
perché questa è una situazione che nessun Paese si è mai trovato ad affrontare. E
il fatto che sia successo in Giappone e che abbia messo in ginocchio questo Paese,
fa capire proprio la drammaticità della situazione. Continuano ad arrivare squadre
di soccorso che sono assolutamente benvenute. Vengono organizzate come forse soltanto
i giapponesi riescono a fare.
D. – E a tremare adesso è anche l’economia
giapponese. Si teme un impatto a livello globale?
R. – Vi è una forte
preoccupazione. Chiaramente è impossibile allo stato attuale quantificare i costi
che saranno enormi, molto superiori al bilancio del terremoto di Kobe del 1995. Il
Paese è praticamente diviso a metà. C’è un Paese “normale” è un Paese che manca di
tutto. Uno stato dove mancano anche cibo e materie prime. Nella stessa Tokyo, negli
scaffali di molti supermercati, ci sono spazi vuoti che prima non si erano mai visti.
D.
– Parlando con la gente, cosa si percepisce?
R. – Una forte attesa.
Sostanzialmente, la gente attende. Tenendo presente che Tokyo è al centro di un agglomerato
urbano che conta 30 milioni di persone e le centrali a rischio sono a 200-250 chilometri,
la gente è in attesa. In questo momento teme soprattutto le radiazioni anche se chiaramente
è colpita e prostrata dalla vastità dei danni provocati dal terremoto e, soprattutto,
dalla grande perdita di vite umane. Aspetta di sapere con certezza quale sia questo
bilancio; chiaramente, piange i suoi morti. E’ un Paese molto unito, drammaticamente
unito anche in questa circostanza. (gf)
Dalle Chiese cattoliche di vari
Stati asiatici e da organizzazioni appartenenti a diverse confessioni religiose arrivano
segni di solidarietà e vicinanza al Giappone. La Caritas ha inviato 100 mila euro
e altri contributi sono stati messi a disposizione da Caritas Giappone e dall'arcidiocesi
di Seoul, in Corea del Sud. Nel Paese asiatico, intanto, anche la comunità cattolica
è stata drammaticamente colpita dal sisma. Ascoltiamo il nunzio apostolico in Giappone,
mons. Alberto Bottari de Castello, intervistato da Federico Piana:
R. - Siamo
molto preoccupati. Prima, vedendo le immagini di questi nostri fratelli che sono su
al nord. Siamo riusciti a parlare con il vescovo di Sendai che è ancora isolato. Le
comunicazioni qui a Tokyo sono ancora saltuarie. Quindi, stiamo partecipando un po’
tutti a questa situazione di gravità.
D. - Eccellenza, la Chiesa come
sta vivendo questo momento drammatico?
R. - Partecipando in pieno. C’è
impegno, c’è stata già ieri una prima apertura delle sottoscrizioni ed è stato diffuso
il messaggio del Papa per animare e per sentirci in prima linea nella partecipazione
spirituale e anche materiale. La Caritas sta già mandando qualcuno a Sendai per organizzare
gli aiuti ed è ancora difficile andare lassù, le strade sono interrotte. Solo le autorità
e l’esercito riescono ad andare ma per noi è anche sconsigliato a causa dei problemi
che ci sono nella centrale atomica.
D. - Mons Bottari, lei ha parlato
anche del vescovo di Sendai che è riuscito a contattare dopo tante difficoltà, sta
bene?
R. - Ho parlato col vescovo e so che sta bene. Abbiamo ricevuto
un messaggio fax con informazioni sulla situazione. Abbiamo saputo che un padre missionario
canadese è tra le vittime e finora è la sola vittima tra i religiosi. Tra i sacerdoti
locali e le religiose non ci sono altre segnalazioni.
D. - Per quanto
riguarda i dispersi, avete notizia di sacerdoti missionari dispersi?
R.
– Per questo, ci rimettiamo un po’ alle autorità. Ci sono persone che non si riescono
a contattare già da tre giorni e non si hanno ancora notizie. Quindi si comincia ad
avere paura. Anche sul posto si danno da fare; mi ricordo che abbiamo chiesto notizie
di una persona che sarebbe di solito a mezz’ora di strada, però ci hanno detto: chiamate
domani, vi daremo notizie. Anche per loro è difficile muoversi. (bf)