Pubblicato il libro “Presenza” di padre Chiera, da oltre 30 anni al fianco dei meninos
de rua
E’ stato pubblicato in questi giorni, per i tipi della Jaca Book, il volume “Presenza”
di padre Renato Chiera, sacerdote fidei donum, fondatore della “Casa do Menor” di
Rio de Janeiro. Nel libro, padre Chiera racconta la sua esperienza ultratrentennale
con i ragazzi delle favelas brasiliane e propone una “pedagogia della presenza” per
restituire, ai bambini esclusi, la capacità di amare e di essere amati. In questa
intervista di Alessandro Gisotti, padre Renato Chiera si sofferma sul
messaggio che ha voluto offrire con questo libro:
R. – Il messaggio
più forte è che la più grande tragedia è non essere figli, non è essere poveri! Io
lavoro con ragazzi che sono poveri di tutto, ma vedo che la povertà materiale, anche
se non è bella, non è niente in confronto al non sentirsi amati, al non sentirsi figli.
Allora ho captato una cosa, che vale per il Brasile, ma vale per tutto il mondo: la
prima esperienza che un essere umano fa è essere figlio, cioè avere qualcuno che gratuitamente
ci ama, ci accoglie e c’è: ecco la presenza! E’ lì per me!
D. – In questo
libro si parla anche di una pedagogia della presenza: di che cosa si tratta?
R.
– Il cammino per il recupero dei nostri ragazzi – ragazzi di strada, meninos de rua
nel narcotraffico, nella violenza – il nostro recupero è questo: il loro grande problema,
il grande vuoto che si è aperto in loro è il vuoto provocato dal fatto che non sono
amati da nessuno, che non si sentono figli. Quindi, non hanno presenza. E’ l’assenza
di una presenza fondamentale, che è quella che mi fa sentire amato. Ma se questa è
la causa di tutti i disastri di questi ragazzi, noi vogliamo essere presenza per loro.
E se noi siamo presenza – noi educatori, noi mamme sociali, noi “Casa do menor” –
siamo una presenza comunitaria, possiamo recuperarli. Se non c’è questa presenza che
è amore, che è come luce, che è come acqua che fa crescere, se non c’è questa presenza,
non si cresce in forma armoniosa. Ecco il disagio giovanile …
D. – Questo
libro solo apparentemente sembra parlare di un mondo lontano. In realtà, è utile anche
per i genitori ed i figli dei Paesi ricchi economicamente, ma a volte poveri d’amore
…
R. – Certamente! Qui, i nostri ragazzi possono essere ingannati dalle
cose. I genitori, nel mondo del consumismo, danno tante cose e credono che così il
ragazzo debba essere felice. Ma le cose non sostituiscono la persona. In Europa, vediamo
tante persone, tanti genitori che si fanno in quattro per riempire i loro figli di
“cose”: figli sempre più poveri di presenza. Il nostro lavoro in Brasile non è solo
un lavoro sociale, non è un lavoro sociale. Noi vogliamo fare evangelizzazione in
questa forma: annunciare ai ragazzi che hanno una presenza – la nostra; sono amati,
sono figli attraverso di noi; ma che hanno anche un’altra Presenza: quella del Padre.
Io sono felice quando i ragazzi mi dicono: “Ma Dio mi ama come te?”, io rispondo:
“Molto di più!!”. (gf)