Libia: le truppe di Gheddafi riconquistano Brega. Lega Araba: sì alla no-fly zone
La città di Brega è stata "ripulita" dalle “bande di criminali armati”: così la Tv
ufficiale libica ha annunciato questa mattina la presa da parte delle truppe fedeli
a Muammar Gheddafi della città della Libia orientale, sede di un importante terminal
petrolifero. Le operazioni sono state condotte dalle forze armate e dalle tribù locali
che hanno respinto gli insorti settanta chilometri più a nord, a soli duecentocinquanta
chilometri dalla capitale ribelle Bengasi. intanto la Lega Araba ha dato il via libera
ad una no-fly zone nel Paese. Michele Raviart ha fatto il punto della situazione
libica con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana.
R. – L’unica
cosa che si può dare per scontata, per certa, di quanto avviene sul terreno libico,
è che la rivolta ha perso parte dello slancio iniziale, mentre invece territorio e
postazioni sono state riguadagnate dalle truppe leali a Gheddafi. Molto più di questo
non si può dire. Si può semmai considerare un altro fatto, e cioè che la sorte della
Libia e del potere libico, in questo momento, è assai più nelle mani delle trattative
diplomatiche che si svolgono fuori della Libia che non nelle mani di chi combatte
e magari muore sul terreno.
D. – Anche la Lega Araba ha auspicato l’instaurazione
di una no-fly zone. E’ possibile questa soluzione?
R. – Io credo che
la soluzione sia possibile, ma che dipenda dagli interessi delle super-potenze, degli
organismi internazionali, che, in questo momento, per usare un’espressione brutta
e un po’ funerea, sono accalcati attorno al capezzale del regime di Gheddafi. Certamente
il pronunciamento della Lega Araba significa che Gheddafi non ha più sponde, è politicamente
morto. Per quanto riguarda la no-fly zone, io credo che nel momento in cui la Lega
Araba, ma anche la Russia, la Cina, gli Usa soprattutto, che hanno avanzato una forte
ipoteca di influenza strategica sul Maghreb, quando questi gruppi di interesse si
saranno messi d’accordo e avranno capito cosa significherà un cambio di regime a Tripoli
per il mercato del petrolio, dell’energia, per l’influenza geo-strategica, a quel
punto la no-fly zone sarà una questione che si risolverà in pochissimo tempo, una
questione tecnicamente e militarmente irrisoria.
D. – E l’Europa cosa
può fare in questo momento?
R. – Io credo che l’Europa possa soprattutto
assistere, guardare, osservare, sperare e rimpiangere i troppi vecchi timori sulle
orde di profughi, sui fondi sovrani che si sarebbero ritirati. E’ stato chiaro da
subito che Gheddafi sarebbe stato mollato da tutti i suoi amici di ieri e che per
la Libia, ma comunque per tutto il Maghreb, si è aperta una stagione nuova. In questa
stagione nuova l’Europa non ha creduto, ha creduto solo quasi esclusivamente nei propri
timori e adesso paga, sconta questa situazione, perché le decisioni, le iniziative
più significative vengono prese da altri, e le frasi bellicose di Sarkozy, poi peraltro
ritirate, i pronunciamenti di Van Rompuy, di Barroso negli ultimi giorni sono sembrati
soprattutto il tentativo di chi è stato staccato dal gruppo di testa e cerca disperatamente
di rimontare.
D. – In queste ore la città di Brega è stata ripresa dalle
truppe del regime...
R. – Non è tecnicamente incredibile che le truppe
lealiste di Gheddafi, che hanno sicuramente più armi, più mezzi e più soldi da spendere
anche in arsenali, possano recuperare parte anche significativa del terreno perduto.
Ma ripeto: il dato è che Gheddafi è politicamente morto e questa è la sua agonia,
un’agonia che certo lui può prolungare di molto, renderla molto più difficile e sanguinosa
per tutti, ma sempre tale rimane. (ap)