Karzai alla Nato: troppi raid sui civili, stop alle operazioni militari
Il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha chiesto alla Nato di cessare completamente
le operazioni militari nel Paese. Lo ha fatto stamattina durante un discorso nella
provincia orientale di Kunar, dove l’Isaf è accusata di aver ucciso in un recente
raid decine di civili, tra cui anche nove bambini. La presa di posizione del capo
dello Stato afghano arriva anche in risposta al vertice Nato di ieri a Bruxelles,
in cui il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che la missione
internazionale terminerà nel 2014. Ma che significato hanno le parole di Karzai in
un momento delicato come quello attuale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano:
R. – Queste
dichiarazioni sono fatte dopo uno degli sfortunati incidenti, forse troppo frequenti,
in cui la Nato ha ucciso dei civili, e quindi il discorso di Karzai è un discorso
diretto soprattutto agli afghani: è importante che Karzai si differenzi dalla rabbia
più che comprensibile di chi subisce perdite non ad opera dei talebani, ma ad opera
della Nato che dovrebbe proteggerli. Ma in realtà, c’è ben altro: Karzai è un presidente
sempre più accusato dalla Nato di essere incapace e quindi tende a preparare il terreno
per quando la Nato non ci sarà più.
D. – Secondo lei, l’Afghanistan
è in grado di fare parzialmente a meno dell’apporto della coalizione internazionale?
R.
– Ricordiamoci che la Nato è in Afghanistan su richiesta del governo afghano, e sarebbe
anche meglio che il governo afghano facesse la sua parte. Un ritiro, oggi, della Nato
provocherebbe l’anarchia totale, perché le forze armate afghane non sono ancora pronte
e la polizia afghana è in uno stato disastroso; non c’è ancora un accordo politico
con quelli che vengono definiti i talebani più moderati, e quindi non ci sarebbe,
né dal punto di vista dello scenario della sicurezza né da quello politico, una transizione
accettabile per il popolo afghano, prima di tutto, prima che per la comunità internazionale.
D.
– La comunità internazionale sta lavorando anche all’interno dell’intera area in cui
si trova l’Afghanistan, considerando che i talebani non sono solo in Afghanistan ma
– ad esempio – anche in Pakistan e in altre zone confinanti?
R. – Per
anni, la comunità internazionale e la Nato, l’Occidente soprattutto, hanno commesso
ogni genere di errore: militari, tattici, politici … in Afghanistan e in tutta l’area;
e le difficoltà di oggi sono anche il frutto di questo cumulo di errori. Oggi si cerca
di inquadrare più realisticamente il problema Afghanistan nel quadro regionale. Vi
sono, però, difficoltà oggettive; è una situazione davvero difficile da risolvere,
perché Paesi come il Pakistan hanno un governo fragilissimo, che ha all’interno delle
forze di sicurezza gruppi che lavorano contro la pacificazione. E in più, c’è da considerare
anche una crescente perdita di influenza occidentale in tutto il Medio Oriente allargato
ed una stanchezza dell’opinione pubblica occidentale: gran parte dell’opinione pubblica
occidentale vorrebbe un ritiro, è sempre meno interessata a questi Paesi lontani in
cui si muore, ci sono cattive notizie da dieci anni. Tutto ciò viene percepito in
loco e rende la nostra iniziativa sempre più faticosa. (gf)