Scontri in Egitto dopo l'attacco a una chiesa: musulmani e cristiani uniti contro
le violenze
Centinaia di egiziani, cristiani copti e musulmani, con in mano croci e copie del
Corano, si sono riuniti in piazza Tahrir al Cairo, in segno di solidarietà interconfessionale,
dopo gli scontri avvenuti martedì sera ai piedi della collina del Moqattam, che hanno
provocato la morte di almeno 13 persone, in gran parte cristiani. Gli incidenti si
sono verificati dopo che un gruppo di islamici avevato dato alle fiamme una Chiesa.
Per una riflessione su questi scontri, che vedono come principali vittime i membri
della minoranza cristiana, Alessandro Gisotti ha intervistato il rappresentante
dell’Osce per la lotta contro le discriminazioni anticristiane, Massimo Introvigne:
R. – Io credo
che vi sia stato un eccessivo ottimismo, anche nelle parole di autorità politiche
occidentali, basato su una fallacia: cioè l’idea che la fine della dittatura di per
sé porti un clima in cui tutti si sentano più buoni, più tolleranti e anche le minoranze
religiose sono più rispettate. Noi sappiamo empiricamente che questo non è vero, perché
lo abbiamo sperimentato nell’Iraq del dopo-Saddam Hussein dove le violenze ai danni
delle minoranze religiose semmai sono aumentate. Certamente, noi possiamo dire che
la democrazia porta con sé un maggiore rispetto ed una maggiore tolleranza per le
minoranze, ma c’è del vero nel lungo, nel lunghissimo periodo. Nel periodo breve,
nel periodo di transizione, che può durare anche molti anni, semmai viene meno quell’azione
della polizia, che un po’ il territorio lo controlla.
D. – Ai funerali
delle giovani vittime cristiane erano presenti anche molti musulmani: questo anche
per dare, però, un’idea della possibilità di cooperazione e di dialogo tra cristiani
e musulmani …
R. – E’ molto importante per evitare anche conseguenze
peggiori, che si ribadisca che le violenze contro i cristiani non sono perpetrate
da “i” musulmani, ma sono perpetrate da musulmani ultrafondamentalisti. Ma allora,
il problema qual è? Il problema è come tenere gli ultrafondamentalisti sotto controllo:
ed è certamente un problema culturale. Quindi le iniziative di dialogo, di coesistenza
anche attorno a valori di ragione e di diritto naturale, ricordati spesso da Papa
Benedetto XVI, sono molto importanti; però, ultimamente è anche un problema di polizia.
D.
– Cosa può fare l’Occidente, in particolare l’Europa, per cercare di evitare quanto
più possibile che succedano questi fatti …
R. – Da una parte, la linea
dev’essere molto ferma per fare comprendere a questi governi che noi ci rendiamo conto
delle loro difficoltà, della strategia di uscita dalle dittature, ma in nessun modo
anche il controllo di territorio può essere allentato in questo periodo, perché ne
fanno le spese le minoranze in questi Paesi, in primo luogo le minoranze cristiane.
Dall’altro, questo non dev’essere tanto gridato in piazza da noi, ma dev’essere trasmesso
sotto forma di ‘moral suasion’ con le armi della diplomazia. (gf)