Scontri in Egitto: uccisi 14 cristiani. In migliaia ai funerali delle vittime
In Egitto continua la fase di ricostruzione istituzionale dopo le dimissioni del presidente
Mubarak, in seguito alle manifestazioni di piazza del mese di gennaio. Ieri Mohamed
El Baradei, ex direttore generale dell’Aiea, l’Agenzia Internazionale dell’Onu per
l’Energia Atomica, ha annunciato la sua candidatura per la guida del Paese. Intanto,
la comunità internazionale guarda con preoccupazione agli scontri che, nelle ultime
48 ore, hanno causato la morte di almeno 14 giovani cristiani. In diversi quartieri
del Cairo, anche oggi rimane alta la tensione tra musulmani e comunità cristiano-copta.
Migliaia di persone hanno partecipato oggi ai funerali delle vittime. Su tale situazione
Giancarlo La Vella ha intervistato il missionario comboniano, padre Giuseppe
Scattolin, raggiunto telefonicamente in Egitto:
R. - La cosa
deve essere evidentemente inquadrata in tutto quello che è successo negli ultimi tempi:
dalla famosa - ormai - rivoluzione del 25 gennaio a tutto un contesto generale, culturale,
sociale e politico. La questione copta è una questione radicata qui in Egitto e che,
secondo me, non ha ancora assimilato profondamente quella che noi chiamiamo la modernità,
in cui c’è una legge civile che tratta tutti i cittadini allo stesso modo. Ultimamente,
con la rivoluzione del 25 gennaio, questa richiesta di maggior libertà fa sentire
molto di più le disuguaglianze che ci sono.
D. - Quali disuguaglianze
ci sono che colpiscono poi i cristiani?
R. - La società egiziana, come
la maggior parte delle società del Medio Oriente, sono regolate dalla legge islamica
e la legge islamica non tratta tutti allo stesso modo: il musulmano ha sempre una
posizione privilegiata. Questo è il problema di fondo.
D - In che senso
si può parlare di difficoltà per i cristiani nell’espressione di un diritto fondamentale
come la libertà religiosa?
R. - I classici problemi: costruzione di
chiese, rinnovamento di chiese, questioni di conversioni. E’ chiaro che il cittadino
copto ha l’impressione di essere stato sempre, più o meno, trattato come un cittadino
di seconda classe. La grande emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente non si spiegherebbe
in altro modo. (mg)
Ma come sta vivendo questa emergenza la minoranza copta
in Egitto? Federico Piana lo ha chiesto al vescovoAnba Barnaba El
Soriani, rappresentante copto-ortodosso in Italia:
R. - Questa
è una Croce che dobbiamo portare. Abbiamo cercato la libertà e tutti sanno, in tutto
il mondo, che i cristiani cercano sempre la pace, cercano sempre di vivere in tranquillità
con i fratelli musulmani, in qualsiasi parte.
D. - Possiamo cercare
di capire come si può uscire da questa tensione crescente?
R. - Noi
cercheremo di dialogare con questi gruppi. Colgo l’occasione per ringraziare il nuovo
governo, perché hanno fatto la promessa di ricostruire la Chiesa, un’altra volta…
Speriamo che questo sia un segno positivo.
D. - Ma c’è ancora la possibilità
di dialogo?
R. - Cerchiamo di arrivare a parlare con questi gruppi,
anche per sapere che cosa vogliono dai cristiani. Noi cerchiamo sempre la pace: mai,
mai è successo in tutta la nostra vita in Egitto, che un cristiano abbia usato la
violenza contro l’altro. Mai! (mg)