Libia: Gheddafi invia emissari all’estero. Il regime mette una taglia sul capo degli
insorti, Jalil
In Libia Gheddafi continua a puntare il dito contro l’Occidente che vorrebbe colonizzare
la Libia. Intanto dopo i ripetuti attacchi contro le postazioni dei ribelli, si moltiplicano
le richieste di una no fly zone sui cieli libici. La decisione, però, precisa il segretario
di Stato americano Clinton, deve essere presa dalla comunità internazionale e non
dagli Stati Uniti.Il servizio di Francesca Sabatinelli
E
sull’ipotesi di una fuga del colonnello Gheddafi dalla Libia e le ripercussioni internazionali
che questa fuga potrebbe comportare, Stefano Leszczynski ha intervistato Luigi
Bonanate, docente di relazioni internazionali presso l’Università statale di Torino:
R. – Una notizia
veramente molto sperata, percchè questo farebbe cessare la violenza all’interno della
Libia. Siamo ormai in una situazione di guerra civile, con un governo declinante,
un governo degli insorti e quindi la situazione più triste che si possa immaginare.
Comunque, non sarebbe una cosa facile, perché è chiaro che Gheddafi non può venire
in Europa perché sarebbe immediatamente arrestato. E se anche va da Chavez, la cosa
sarebbe piuttosto imbarazzante e lo sarebbe, tutto sommato, anche per l’America Latina.
D.
– In tutto questo contesto, abbiamo assistito alla lentezza della macchina delle Nazioni
Unite: come mai? E’ mancata un’azione incisiva da parte della comunità internazionale,
che l'Onu rappresenta...
R. – Una premessa: non dimentichiamo mai che le Nazioni
Unite sono ciò che i suoi Stati vogliono che essa sia Detto questo, non c’è dubbio
che la situazione sia tecnicamente anche molto difficile. Un intervento massiccio
- che pur per certi versi avrebbe potuto essere auspicabile, perché quanta gente sarà
morta inutilmente alla fine di questa vicenda - armato sarebbe stato assolutamente
inaccettabile. Non dimentichiamo poi, che se l’Onu è stata lenta, l’Unione Europea
lo è stata non di meno. Il nostro mondo attuale non ha ancora superato il livello
stato.
D. – Perché a questo punto, degli Stati singoli dovrebbero avere interesse
a valutare un’opzione militare per quanto riguarda un Paese come la Libia, che sappiamo
è ricchissima di petrolio?
R. – Ogni volta che l’Occidente si muove in un Paese
petrolifero si pensa che ci sia qualcosa sotto. Il caso libico è ancora più clamoroso,
perché la Libia, per la sua natura, per la sua storia, non ha quasi nulla. Il territorio
è deserto. Ma ha il petrolio. Questo ci deve comunque spingere a dichiarare chiaro
e forte che noi non andiamo lì a portar via il petrolio, ma andiamo lì per aiutarli
– se ci andremo – a sviluppare la democrazia. A questo punto, dobbiamo fare un grande
sforzo, non tanto economico, ma politico culturale per aiutare questi Paesi e, prima
di tutti, oggi, la Libia. (ma)