Libia, i ribelli a Gheddafi: nessun processo se lascia il potere. La Nato studia una
"no fly zone"
Un medico giordano appartenente all'organizzazione internazionale Medecins sans frontieres
è stato condotto via da un albergo di Bengasi da uomini armati. E’ l’ultima notizia
che arriva dalla Libia in una mattinata segnata dall’ipotesi di una negoziazione tra
Gheddafi e i ribelli. Il vicario di Tripoli lancia un appello perché si eviti altro
spargimento di sangue, mentre l'Unione Europea vara nuove sanzioni contro il regime
libico e stanzia aiuti per il Paese. Il servizio di Fausta Speranza:
I ribelli
promettono: nessuna accusa e nessun processo a Gheddafi se lascia il potere. Ma nessun
altro margine di trattativa con chi – dicono i ribelli – è responsabile dello spargimento
di sangue di questi giorni. Della mossa del colonnello per negoziare una sua eventuale
uscita di scena parlano un quotidiano saudita e la TV Al Jazira: il leader libico
per lasciare il potere sembra avesse chiesto in cambio garanzie sull'incolumita' sua
e dei suoi familiari e sul proprio patrimonio, e assicurazioni appunto di non essere
portato davanti a un tribunale. Gheddafi proponeva una sessione del Congresso del
Popolo per preparare la strada a un suo ritiro indolore. Su questo netto il rifiuto
degli insorti, che stamani sono tornati ad attaccare con colpi di artiglieria nei
pressi della città di Zawiya, a 40 km da Tripoli, verso il confine occidentale con
la Tunisia. C’è poi l’appello lanciato attraverso l’Agenzia Fides dal Vicario Apostolico
di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, “perché non ci sia altro spargimento
di sangue”. Mons. Martinelli ritiene che “si possa trovare una formula negoziale per
uscire da questa situazione, spiegando che potrebbe “non essere molto difficile trovarla,
perché nella cultura beduina vi sono delle strutture sociali che aiutano la riconciliazione”.
Mons. Martinelli assicura che “esistono metodi più efficaci della violenza''. Resta
da riferire che oggi a Bruxelles i 27 Paesi UE hanno varato nuove sanzioni al regime
libico e la Commissione europea ha votato una direttiva che riguarda i Paesi del Mediterraneo
e che intende essere una risposta concreta alle emergenze. Della direttiva abbiamo
parlato con il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani:
R. – La risposta
della Commissione europea c’è. Direi che è una risposta forte, alla vigilia della
riunione del Consiglio che affronterà la questione Nord Africa. C’è un documento importante
che si basa su alcuni pilastri, uno dei quali riguarda il sostegno alla crescita economica
e allo sviluppo, quindi una strategia a lungo termine che prevede anche investimenti,
ri-orientando la politica di vicinato: quattro miliardi, prestiti della Banca Europea
per cinque miliardi, un miliardo potrebbe venire dalla Banca Europea per gli investimenti
e lo sviluppo… Insomma, anche una sorta di “Piano Marshall” per garantire crescita
economica e stabilità politica a Paesi che, una volta usciti da questo momento difficile,
dovranno impedire lo sviluppo del fondamentalismo islamico.
D. – Parliamo
in particolare di Libia: c’è uno sguardo particolare alla Libia?
R.
– La Libia è il Paese dove è in corso una sorta di vera e propria guerra civile. Noi
ci auguriamo che possa concludersi in tempi più che rapidi. E’ inaccettabile che si
spari, da parte dell’esercito di Gheddafi, contro la popolazione civile e questo è
un crimine che deve cessare immediatamente e che l’Europa non può guardare restando
in silenzio. E in silenzio, infatti, non è rimasta, denunciando i rischi e i crimini
che vengono commessi, ma anche aiutando la popolazione civile ed i profughi che stanno
fuggendo dalla Libia.
D. – I soldi stanziati per questi Paesi e per
le attività che riguardano questi Paesi quali obiettivi hanno?
R. –
L’obiettivo è la crescita economica, quindi la nascita di un tessuto economico sempre
più forte, lo sviluppo delle piccole e medie imprese, lo sviluppo del commercio, la
difesa del sistema imprenditoriale-industriale, che già esiste, favorendone lo sviluppo
e rendendolo più competitivo, in forte legame con tutta l’area del Mediterraneo, in
particolare con i Paesi europei che si affacciano nell’area del Mediterraneo. (gf)
All'indomani
della decisione della Nato di studiare un'opzione militare per mettere la parola fine
alla guerra civile in atto in Libia, anche l'Organizzazione della Conferenza islamica
è favorevole alla creazione di una no fly zone. Resta, invece, l’impasse dell’Onu,
con Gran Bretagna e Francia che spingono per un’azione militare, mentre la Russia
è in posizione diametralmente opposta. La no fly zone è, comunque, una presa
di posizione molto forte, che agisce sulla sovranità del Paese. Ma è la strada giusta
da seguire? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Ennio Di Nolfo, professore
emerito di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – Ieri
sera, ho sentito in televisione Robert Gates, il ministro americano della Difesa americano
che diceva: “Noi non faremo nulla senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite”. Ma nel Consiglio di sicurezza le parti sono sufficientemente
divise: Francia e Gran Bretagna sono a favore della no-fly zone e di misure
militari piene. Russia, e verosimilmente anche Cina, sono invece ostili. Per ora gli
americani, a parole, sono i più intransigenti, ma con i fatti sono i più prudenti.
La cosa più paradossale di tutte è che è stata creata un’istituzione che studierà
i termini del problema e riferirà entro sette giorni. Ora, dato che hanno deciso ieri
“entro sette giorni”, significa entro lunedì prossimo e in questi sette giorni può
accadere di tutto. Sicchè, l’ipotesi di una no-fly zone in questo momento è
qualcosa di ipotetico, non ancora di realistico.
D. – Ecco, dobbiamo
ricordare che la no-fly zone”venne imposta per quanto riguarda l’Iraq. I risultati
cui si arrivò furono però fallimentari. C’è il rischio di un fallimento anche in questo
caso?
R. – Penso di sì, perché non capisco dove debba essere proibito
il volo, dove debba essere proibito il traffico e di quale traffico si tratti. Mi
pare difficile individuare persino l’oggetto della no-fly zone.
D.
– Da più parti, si richiede massima cautela, anche perché la situazione è in divenire
e la sconfitta di Gheddafi non è poi così scontata…
R. – Anzi, siccome
Gheddafi ha armamenti più moderni, perché era solito comprarseli – diciamo che aveva
risorse finanziarie per comprarli – i ribelli hanno armamenti che sono residuati del
periodo in cui l’Unione Sovietica e soprattutto l'allora Repubblica democratica tedesca
rifornivano di armamenti l’esercito libico. I ribelli possono usare quindi armamenti
obsoleti, mentre invece Gheddafi ha a disposizione quantomeno un’aviazione moderna,
con la quale può fare grandi danni, pur non potendo vincere sul terreno. (vv)