Le rivolte nei Paesi arabi e i rincari delle materie prime: la riflessione dell’economista
Vaciago
Le insurrezioni politiche nei Paesi arabi, di queste settimane, sono state in parte
provocate dalla forte inflazione e dal conseguente aumento del prezzo dei generi alimentari.
Le rivolte hanno poi, a loro volta, alimentato il rincaro delle materie prime fra
cui il petrolio. Per un’analisi dei risvolti economici della crisi politica nei Paesi
arabi, Marco Guerra ha intervisto il prof.Giacomo Vaciago, docente
di economia e finanza all’Università Cattolica di Milano:
R. - La forte
crescita delle economie emergenti ha affamato i Paesi che non stanno crescendo. Tutto
il Nord Africa è una zona che non è cresciuta in questi anni e molta gente lì sopravvive
appena… Quando il prezzo degli alimentari raddoppia, soffrono la fame. I regimi che
non se ne accorgono - e sono tutti poco democratici - saltano, uno dopo l’altro. A
questo punto è chiaro che il prezzo del petrolio e degli alimentari rimane elevato,
finché i Paesi emergenti - Cina, Brasile, India e così via - corrono così forte, come
stanno ancora facendo.
D. - La destabilizzazione della sponda Sud del
Mediterraneo può rallentare anche i deboli segni di ripresa dell’economia europea?
R.
- Noi avevamo interessi in Libia e ovviamente il prezzo dell’energia è una cosa importante,
ma il grosso della nostra ripresa non viene dal Nord Africa, veniva di nuovo dai Paesi
emergenti: i danni che subiamo sono, quindi, modesti. Se il Nord Africa avvia, anche
lui, un percorso di crescita, come normalmente fanno le democrazie più che le dittature,
alla fine i conti saranno positivi. Tutte le nostre piccole e medie imprese non stavano
crescendo in Tunisia, in Egitto e in Libia…
D. - Quindi in questi Paesi
il cambio della classe dirigente può offrire una migliore gestione delle risorse?
R.
- Sì, ma attenzione, perché questi Paesi hanno un mare di problemi - politici, economici,
sociali - sono in mano a piccole oligarchie e c’è il pericolo che la situazione possa
anche peggiorare: se vincono gli integralisti islamici saranno ulteriormente sottoposti
a regimi poco democratici. Ma proprio per questo noi europei dovremmo aiutarli ed
io trovo singolare che Francia, Spagna e Italia assieme non si occupino di quello
che i romani chiamavano il “mare nostro”.
D. - La Libia è un partner
strategico di molti Paesi del Mediterraneo. Alla luce di questi sconvolgimenti può
esserci un nuovo riposizionamento internazionale? Che ruolo stanno giocando le grandi
potenze in questo momento?
R. - Si è vista solo la Casa Bianca. Io comincio
a trovare vergognoso che l’Europa deleghi alla Casa Bianca di occuparsi dei “nostri
affari”. Questa parte del mondo è strategica per tanti motivi e il futuro dell’Europa
è verso il suo mezzogiorno: non è la Norvegia o la Finlandia o la Svezia che devono
lavorare qui. La storia dice che siamo noi, insieme a spagnoli e francesi ad occuparci
dell'area mediterranea. I legami tra questi Paesi sono nella storia e li vediamo:
quando quelli hanno paura e fuggono arrivano qui. Dobbiamo lavorare ad un patto mediterraneo
tra tutti i Paesi che lo circondano. (mg)