L’Egitto prepara la nuova Costituzione: giura il nuovo premier
Ha giurato ieri al Cairo, in piazza Tahrir, il nuovo premier egiziano Essam Sharaf,
subentrato dopo le dimissioni dell'ex primo ministro Ahmed Shafiq. “Ora è giunto il
momento di ricostruire il Paese – ha detto di fronte a migliaia di manifestanti -
cercherò di raggiungere i vostri obiettivi, se non ci riuscirò mi unirò a voi nella
piazza”. Ed è stato fissato per il 19 marzo il referendum sulle modifiche alla Costituzione.
Oggi si apre il processo all'ex ministro dell'Interno, Habib al-Adli, primo componente
della squadra di governo del deposto presidente Mubarak a finire sotto processo. E’
accusato di riciclaggio e appropriazione di denaro pubblico. Ma intanto, come ieri,
anche oggi ci sono dimostranti che chiedono lo scioglimento dei servizi di sicurezza
dello Stato. Si tratta di un corpo del ministero dell'Interno che svolge investigazioni
anche segrete. In più occasioni, agenti di questo corpo, che sono sempre in abiti
civili, sono stati visti aggredire, provocare e arrestare persone che partecipavano
a manifestazioni pacifiche. Ma torniamo al cambiamento in atto in Egitto con la revisione
della Costituzione: Fausta Speranza ne ha parlato con Luigi Bonanate,
dicente di relazioni internazionali all’Università di Torino:
R. - Vedere
questa primavera che è sbocciata, non può ricordarci - in primo luogo - che noi avevamo
fatto finta che tutta quella zona di mondo non esistesse e che si trattasse sempre
e soltanto di possibili immigrati. Invece abbiamo dovuto scoprire che - perbacco -
anche fuori dall’Occidente ricco, fortunato e privilegiato, esiste l’anelito alla
libertà, alla democrazia, alla giustizia sociale. Mi sono un pochino vergognato, come
occidentale, del fatto che noi avessimo trascurato totalmente questa dimensione della
realtà e che mi fa venire in mente che il futuro del mondo appartiene proprio a questo
tipo di eventi.
D. - Professore, guardando in particolare al futuro
dell’Egitto: al momento c’è l’annuncio del Consiglio Supremo delle Forze Armate e
se guardiamo a questi punti forti che stanno elaborando per il referendum, che si
farà il 19 marzo, c’è la modalità di presentazione delle candidature alla carica di
capo di Stato, la durata del mandato… Siamo sui punti chiave per costruire una democrazia?
R.
- Certo, direi che siamo più o meno all’interno dei manuali di scienza politica di
quelli che si occupano della teoria delle transizioni. Quello che noi vediamo oggi
in Egitto è davvero, per la prima volta e finalmente, un procedimento. Tante volte
ci siamo detti: la democrazia è "procedura" prima di tutto. Qui la procedura ha veramente
il suo ruolo e viene seguita, tra l’altro, dai militari. E’ vero che abbiamo tutti
quanti smesso di avere paura del militare in quanto tale. I militari non sono più
necessariamente in tutto il mondo dei golpisti, possono esserlo, ma come abbiamo visto
non sono tutti uguali. I militari sono oggi i tutori della tradizione. Naturalmente
speriamo che poi al momento delle elezioni e dell'immediato seguito, questo processo
continui.
D. - Professore, dal punto di vista delle relazioni internazionali,
che cosa può significare un Egitto che dichiara la durata del mandato presidenziale
solo di quattro anni e rinnovabile una volta sola?
R. - A me pare un
segno che ci deve dare grande, grande coraggio ed ottimismo. Se il futuro del mondo,
si muove in questo modo, possiamo allora avere anche qualche speranza. (mg)