Situazione incandescente anche nello Yemen, uno dei Paesi del mondo arabo più colpiti
dai i focolai delle proteste antigovernative. I ribelli sciiti riferiscono che in
mattinata l’esercito ha bombardato alcuni dimostranti nel nord del Paese, uccidendo
due persone. Il servizio di Marco Guerra:
L'attacco
sarebbe avvenuto alle prime luci del giorno, nella località di Semla, 170 chilometri
a nord della capitale Sanaa. Secondo un comunicato del movimento ribelle degli huti,
un gruppo che già dal 2004 si è levato contro il presidente, Abdallah Saleh, l'esercito
ha bombardato una manifestazione e "colpito decine" di persone, lasciando sul terreno
due morti e sette i feriti. L’attacco arriva all’indomani del tentativo di mediazione
dei gruppi d’opposizione e dei capi religiosi hanno proposto al presidente Saleh,
al potere da 32 anni, un piano di uscita dalla crisi che preveda la sua rinuncia all'incarico
entro la fine di questo anno. Gli studenti che da undici giorni manifestano in piazza
contro il capo di Stato, respingono invece ogni compromesso ed esigono che lasci il
potere immediatamente. Saleh, dal canto suo, finora ha rimandato la costituzione di
un governo di unità nazionale promesso nei giorni scorsi, dopo il rifiuto delle opposizioni
di prendervi parte. Il presidente ha inoltre assicurato che non si ricandiderà alle
elezioni del 2013. Ma queste prime concessioni non sono servite ad abbassare il livello
dello scontro che si fa ogni giorno più duro.
Tunisia Prosegue
la lenta transizione in Tunisia, dopo la caduta del presidente Ben Alì. Il capo di
Stato ad interim, Foued Mebazaa, durante un discorso in televisione ieri sera
ha annunciato che il prossimo 24 luglio verrà eletta un’Assemblea costituente incaricata
di redigere una nuova Costituzione. Il primo ministro tunisino, Beji Caid Essebsi,
ha invece annunciato che entro due giorni presenterà un nuovo governo di transizione
e ha accusato l'ex presidente Ben Ali di alto tradimento.
Pakistan Violenza
senza fine in Pakistan, dove una bomba è esplosa in una moschea nel distretto di Nowshera,
nell’area nordoccidentale del Paese. Secondo i media locali, ci sarebbero almeno dieci
morti e molti feriti. Secondo quanto si è appreso, l'ordigno era comandato a distanza.
Al momento dell'esplosione, la moschea era affollata da fedeli in coda per ricevere
cibo dopo la tradizionale preghiera musulmana del venerdì.
Afghanistan -
violenze Numerosi insorti armati sono stati uccisi ieri dalle forze afghane
e internazionali nel Distretto di Dangam, nella provincia orientale di Kunar. L’Isaf
riferisce che un reparto congiunto è stato attaccato con armi di piccolo calibro,
determinando una pronta risposta da parte dei militari, che hanno chiesto anche un
appoggio aereo.
Afghanistan - indagine sociale Tre mesi di ricerca
sul campo in 8 delle 34 province afghane tra comunità rurali e urbane per conoscere
i limiti e le potenzialità della società locale. L’indagine dal titolo “Uno sguardo
dall’interno” sarà pubblicato tra qualche settimana e fa parte di un progetto più
ampio promosso da Afgana, un consorzio di Organizzazioni non governative italiane.
I media difficilmente mettono in luce gli attori sociali che invece chiedono sempre
più un ruolo attivo in politica e vogliono contribuire alla democratizzazione del
Paese. A dirlo è Giuliano Battiston, giornalista e autore del testo che, al
microfono di Maria Cristina Montagnaro, illustra i principali risultati della
ricerca:
R. - Due
elementi in particolare: il primo è che esiste una società civile afghana che è piuttosto
forte, vitale, attiva e diffusa in tutto il Paese. Il secondo è che la comunità internazionale
fino qui ha sostenuto soltanto una parte di questa società civile e in particolare
le organizzazioni che forniscono servizi di assistenza, di emergenza, di aiuto allo
sviluppo. In qualche modo si è eclissato il ruolo di altri attori sociali, di altre
forme di aggregazione e di attivismo che mobilitano la popolazione, che reclamano
la responsabilità e la trasparenza del governo. Quindi, si è preferito dare sostegno,
appoggiare finanziariamente e tecnicamente le Ong, perché sono più funzionali alle
priorità stabilite dai Paesi operatori, e meno invece, i gruppi di discussione pubblica
e politica.
D. – E quali sono per esempio?
R. – Ci sono
gruppi che si danno forme più o meno strutturate che lavorano affinché il futuro del
Paese possa essere migliore. Si va dai gruppi culturali a quelli religiosi, alle forme
tradizionali di aggregazione come, le Jirga, le Shura, i consigli di
villaggio, le associazioni per i diritti umani, le associazioni delle donne, i ricercatori
accademici, universitari, sindacati...
D. – Quali sono gli sviluppi
rispetto agli anni passati?
R. – Negli ultimi anni, c’è stata una forte
maturazione della società civile afghana e sarebbe ora che la comunità internazionale
la considerasse nella sua complessità, cioè come un interlocutore serio, affidabile,
con il quale costruire percorsi veramente paritari e condivisi. In ognuna delle principali
città afghane ci sono giovani, giovanissimi studenti che hanno dato vita a gruppi
di discussione, a riviste di poesie, riviste culturali, occasioni di incontro: ritengono
che il sostegno alla cultura come collante sociale sia fondamentale e però reclamano
maggiore sostegno da parte della comunità internazionale, che invece sembra più orientata
all’"hardware", quindi alla costruzione di strade, scuole, edifici, che certo sono
necessari, ma non sono l’unico elemento indispensabile per una società affinché possa
prosperare.
D. – Ci sono delle potenzialità all’interno della società
afghana. Come possono essere sviluppate?
R. – Innanzitutto, con un calibrato
sostegno finanziario, che sappia quindi distinguere ciò che è veramente utile da ciò
che non lo è. Poi, rinunciando progressivamente ad un ruolo di tutela troppo eccessivo,
troppo paternalista, che in alcuni casi esercita la comunità internazionale, trasferendo
invece la sovranità - così come dovrebbe essere - agli attori sociali che operano
nel Paese perché stabiliscano da sé le priorità e gli obiettivi per la propria affermazione.
(ma)
Germania, scalo Francoforte: vendetta killer per l'Afghanistan L'odio
verso i soldati americani sarebbe il movente alla base della sparatoria di due giorni
fa in un parcheggio dell’aeroporto di Francoforte, costata la vita a due militari
americani. Secondo un primo interrogatorio, il giovane kosovaro autore dell’attacco,
avrebbe agito da solo per vendetta contro presunti abusi commessi dai militari statunitensi
in Afghanistan.
Turchia: al voto il prossimo 12 giugno Si svolgeranno
il 12 giugno le prossime elezioni politiche in Turchia: è quanto deciso oggi all’unanimità
dal parlamento. Akp, il partito di tendenza islamica moderata del primo ministro Erdogan,
al potere dal 2002, aspira a un terzo mandato: già nel settembre scorso ha visto un
avanzamento nel referendum sulle riforme costituzionali e anche gli ultimi sondaggi
lo vedono in testa. La principale forza di opposizione, il Partito popolare repubblicano,
correrà per la prima volta con il nuovo leader, Kilicdaroglu.
Nigeria: bomba
contro comizio, tre morti Attacco dinamitardo nel tardo pomeriggio di ieri
contro un comizio elettorale nella città di Suleja, in Nigeria. Tre persone sono rimaste
uccise e altre 21 ferite. La polizia locale ha riferito che l'ordigno, lanciato da
un’auto in corsa, aveva come obiettivo il raduno del Partito democratico del popolo,
attualmente al governo, ma per errore è finito in un mercato vicino, dove alcune donne
erano impegnate nella contrattazione delle merci.
Cina Con un discorso
del presidente dell’Assemblea cinese, Jia Qinling, si è aperto ieri a Pechino il Comitato
nazionale della conferenza politica e consultiva del popolo. Il dibattito ha affrontato
tra i primi temi quello delle spese militari, che quest’anno aumenteranno del 12,7%.
Eccezionali le misure di sicurezza in Piazza Tienanmen. A preoccupare i vertici della
politica cinese in questo in questo periodo sono soprattutto gli echi delle rivolte
popolari in Nordafrica e in Medio Oriente. (Panoramica internazionale a cura di
Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana
Anno LV no. 63