Il dolore del Papa per l'assassinio del ministro Bhatti. La testimonianza del fratello:
ora sia abolita la legge sulla blasfemia
Il Papa, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone,
inviato a mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza
episcopale del pachistana, ha espresso il suo profondo dolore per l’assassinio, ieri
in Pakistan, del ministro per le minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso durante
un agguato teso da un commando di fondamentalisti islamici ad Islamabad. Le sue spoglie
sono state trasferite stamattina nella chiesa di Nostra Signora di Fatima ad Islamabad
per la cerimonia funebre che proprio celebrata dall'arcivescovo della capitale, Mons.
Anthony Rufin. Alla messa sono presenti gli ambasciatori di molti paesi occidentali.
L’assassinio del ministro cattolico per le per le Minoranze Shahbaz Bhatti mette a
tacere la voce di chi ha sempre difeso persone discriminate e più deboli. Ma questo
brutale omicidio non può impedire che venga proseguito il cammino intrapreso per “un
futuro di pace e di speranza per i cristiani e per tutti i pachistani”. E’ quanto
sottolinea Paul Bhatti, medico specialista in chirurgia d'urgenza da anni in
Italia e fratello del ministro. Amedeo Lomonaco lo ha raggiunto telefonicamente poco
prima della partenza per il Pakistan, dove domani nel villaggio di Kushphur saranno
celebrati i funerali di Shahbaz Bhatti.
R. – Sto
partendo per il Pakistan, dove mi stanno aspettando per i funerali. Non so quello
che dico, perché veramente sono rimasto sconvolto da quanto accaduto. Ma tutti ce
lo aspettavamo, perché lui non si è mai tutelato, si è sempre esposto per gli altri,
soprattutto per la gente più povera. Mio fratello combatteva per i diritti dei cristiani
e di tutte le minoranze oppresse in Pakistan; in particolare contro la legge sulla
blasfemia che condanna a morte chi offende Maometto. Da qui, noi avevamo l’impressione
che questa legge venisse usata spesso contro i cristiani per rancori personali. Lui
ha lottato molto per questo, al punto da ricevere anche consensi internazionali dagli
Stati Uniti, dal Vaticano e anche da molti Paesi occidentali. E questo ha colpito
il governo locale, al punto che era quasi riuscito a presentare un disegno di legge
in Parlamento. Ma chi sostiene che l’attuale legge sia giusta o chi sostiene che il
Parlamento sia manipolato dall’Occidente, probabilmente non è d’accordo con il suo
progetto. Era molto tempo che mio fratello riceveva minacce di morte. Poi c’è stato
il caso di Asia Bibi, una donna proveniente da un ceto molto povero condannata a morte
sulla base di quella legge sulla blasfemia. Mio fratello ha lottato molto, insieme
anche con il governatore del Punjab che è stato ucciso qualche mese fa.
D.
– Dr. Paul Bhatti, ci può ricordare chi era suo fratello, quale la sua famiglia, quale
l’educazione religiosa ricevuta?
R. – Noi veniamo da una famiglia cattolica
che vive in un villaggio cattolico, cristiano del Pakistan, e che si chiama Kushphur.
Qui abbiamo ricevuto un’educazione cattolica. Mio fratello si era laureato in legge
e poi aveva anche seguito un corso in relazioni internazionali; ha iniziato ad interessarsi
alla politica in maniera particolare quando ha iniziato a vedere delle ingiustizie
in Pakistan. Il primo evento è stato quando si propose una carta d’identità diversa
tra cristiani e musulmani. Lui era molto giovane ancora, avrà avuto 23 anni… Iniziò
a protestare, guidando varie manifestazioni. Alla fine, riuscirono addirittura a far
cambiare idea al governo e da lì iniziò ad impegnarsi contro ogni ingiustizia. E non
solo in questo caso di Asia Bibi: in passato ha lottato per altre persone che erano
state condannate sempre sulla base della legge contro la blasfemia.
D.
– Dopo l’assassinio brutale di suo fratello, cosa si può sperare per il Pakistan?
R.
– Penso che questo possa essere un momento di riflessione sia per la gente del Pakistan
– perché mi hanno telefonato tanti amici pakistani musulmani, che condannano questo
omicidio e non condividono la discriminazione - sia per l’Occidente. Si dovrà promuovere
una riflessione all’insegna del dialogo con quei Paesi che hanno una legge contro
la blasfemia, affinché questa legge venga abolita. Qualcosa dovrà esser fatto, a livello
internazionale, per continuare questa lotta. Conoscendo l’obiettivo ed anche il sacrificio
di mio fratello, spero che la gente lo segua …
D. – Quindi, il lavoro
e l’impegno di suo fratello non risulteranno vani …
R. – Credo di no,
perché sicuramente anche io personalmente – non a modo suo, ovviamente – ma per quello
che posso fare, ho deciso di impegnarmi nella maniera più intensa possibile, perché
questa è una causa giusta, è una causa che lui ha portato avanti e noi lo seguiamo,
lo appoggiamo. Io sono medico qui, in Italia, ma quello che posso fare sono disposto
a farlo, perché sono convinto che questa opera vada continuata, che vada appoggiata
sui diversi fronti.
D. – Dr. Bhatti, secondo lei dietro a questo assassinio
ci sono i talebani oppure altri gruppi estremisti in Pakistan?
R. –
Questo non lo so. Ho sentito dire che sarebbero stati lasciati dei volantini dei talebani
locali del Punjab, che si sarebbero assunti la responsabilità dell’omicidio. Ma quando
il mese scorso sono stato in Pakistan lui mi aveva detto di avere ricevuto molte minacce
e che immaginava che prima o poi l’avrebbero ucciso. Io gli avevo detto: “Ti conviene
venire in Occidente per qualche mese, finché le acque non si saranno calmate un po’”.
E lui mi rispose che se si fossero calmate le acque, si sarebbe calmato tutto e nessuno
avrebbe portato avanti la causa, e quindi non voleva andare via.
D.
– Cosa chiede alla Chiesa universale, a tutti i fedeli, a tutti i cristiani, a tutti
i cattolici?
R. – Mio fratello era un cristiano convinto, praticava
la sua fede. Perciò, chi è fedele, chi ha una fede forte crede nella preghiera: a
questa ci tengo e sono convinto che serva. Penso che anche tutti i cristiani del Pakistan
dovrebbero riflettere su questa situazione in modo che, in un modo o nell’altro, le
ingiustizie si risolvano. (gf)