Era la voce dei più deboli in Pakistan: ucciso dai fondamentalisti il ministro cattolico
Bhatti
Profonda costernazione nella Chiesa e nel mondo per la morte, ieri a Islamabad, del
ministro pakistano per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, ucciso in un agguato teso da
un commando di fondamentalisti islamici a Islamabad: è stato crivellato di colpi.
Bhatti, cattolico, aveva sempre sostenuto la causa del dialogo e della libertà religiosa
e difeso le aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze. Ha più volte denunciato
gli abusi della legge sulla blasfemia, ha chiesto giustizia per Asia Bibi. In passato
aveva ricevuto già numerose minacce. Il suo impegno gli è costato la vita. Lutto
nella piccola comunità cristiana pakistana. Ieri numerose manifestazioni di cristiani
e fedeli di altre confessioni si sono svolte in tutto il Paese per ricordare Bhatti.
Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
Sulla figura
del ministro Shahbaz Bhatti il servizio di Amedeo Lomonaco:
42 anni,
figlio di missionari cristiani e appartenente al Partito Popolare pachistano (Ppp),
Shahbaz Bhatti era uno strenuo difensore della libertà religiosa, animato da una
profonda fede. “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il
mio carattere, le mie azioni – diceva il ministro Bhatti – parlino per me e dicano
che sto seguendo Gesù”. Il ministro è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco a
Islamabad. Secondo fonti locali, uomini armati avrebbero aperto il fuoco contro la
sua auto. Era l'unico cristiano nella nuova compagine governativa guidata dal premier
Yusuf Said Raza Gilani. Lo scorso mese era stato riconfermato alla guida del Ministero
delle Minoranze religiose e alla sua nomina si erano opposti i gruppi religiosi islamici
che hanno anche emesso contro di lui una fatwa, una sentenza giuridica islamica.
Era un uomo coraggioso al fianco delle minoranze e delle persone più vulnerabili.
Ha più volte chiesto la riforma della legge sulla blasfemia, che in Pakistan prevede
l’ergastolo in caso di dissacrazione del Corano e la pena di morte per offese a Maometto.
Ha lanciato numerosi appelli chiedendo la liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana
madre di cinque figli condannata a morte per blasfemia e detenuta in carcere nella
provincia del Punjab. Per questo suo costante impegno, era nel mirino dei fondamentalisti,
che lo hanno più volte minacciato di morte. Dopo l'uccisione, lo scorso 4 gennaio,
del governatore del Punjab Salman Taseer, che aveva chiesto la grazia per Asia Bibi
e l'abolizione della legge sulla blasfemia, Bhatti aveva confidato di essere sulla
“lista nera” dei gruppi estremisti. Ma a chi gli diceva che sarebbe stato opportuno
lasciare il Paese, il ministro rispondeva che non poteva abbandonare il Pakistan.
Era convinto di dover proseguire nella battaglia contro il fanatismo dei gruppi estremisti,
sempre più influenti in Pakistan. E soprattutto era convinto che doveva continuare
ad impegnarsi in favore delle minoranze e in particolare della comunità cristiana.
La Chiesa pachistana ricorda il ministro Batthi esprimendo il proprio profondo cordoglio
e sottolineando che si tratta di un giorno “triste e amaro” non solo per i cristiani,
ma per tutto il Paese. L’arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale
del Pakistan, mons. Lawrence Saldanha, definisce l’omicidio del ministro Bhatti un
“tragico esempio dell'insostenibile clima di intolleranza che viviamo in Pakistan”.
Il vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, aggiunge che l’assassinio “è una grande
tragedia non solo per i cristiani del Pakistan, ma per tutto il Paese”. “Il fanatismo
– spiega il presule – colpisce in modo indiscriminato tutti coloro che sono impegnati
nella difesa della verità, della giustizia e della pace”. Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi,
mons. Anthony Rufin, ricorda che il ministro era “un cattolico devoto e appassionato
sin dalla più tenera età”. Al microfono di Chris Altieri, mons. Anthony
Rufin aggiunge anche che il ministro Bhatti viveva “sotto costante minaccia”:
“I
was … Ero in visita ad un villaggio quando ho ricevuto la notizia della
morte del ministro Bhatti: ho interrotto la mia visita e adesso sto rientrando ad
Islamabad. Questa notizia ci addolora molto; rattrista tutto il Paese. Lui se lo aspettava
quasi, perché era per la verità. Le minacce c’erano, ma lui era molto coraggioso.
Era consapevole del fatto che dicendo la verità si sarebbe esposto al rischio; sapeva
che prima o poi sarebbe potuto capitare anche a lui”.
Il 12 settembre
dell’anno scorso Benedetto XVI aveva ricevuto a Castel Gandolfo il ministro Shahbaz
Bhatti, durante una sua visita a Roma. Ascoltiamo alcune parole del ministro
nell’intervista concessa a Stefano Leszczynski in quell'occasione:
“I
believe that … Credo che cambiare la mente e il cuore delle persone sia
la cosa più importante e noi abbiamo lanciato una campagna interreligiosa proprio
per conseguire questo obiettivo. Stiamo facendo tutto il possibile affinché le persone
- che sono fuorviate dai terroristi - si votino invece all’armonia e alla pace”.
Sul
luogo dell'attentato sono stati trovati volantini di estremisti pakistani del Punjab
che rivendicano l’assassinio e ricordano la ferma posizione del ministro Bhatti contro
la legge sulla blasfemia. Il 5 gennaio scorso la Radio Vaticana aveva trasmesso un’intervista
a Bhatti subito dopo la morte del governatore del Punjab Salman
Taseer, ucciso da un estremista per aver aderito al fronte per l’abolizione della
legge sulla blasfemia. L’intervista è di Kelsea Brennan Wessels:
“I
think that it is difficult... Penso che sia difficile, ma il cattivo uso
della legge sulla blasfemia spero che faccia sì che le persone possano rendersi conto
che questo omicidio è avvenuto in seguito all’istigazione da parte di fanatici, che
usano la legge sulla blasfemia per istigare il popolo alla violenza. Quindi, penso
che questa legge debba essere rivisitata e riesaminata per impedirne il cattivo uso.
Comunque, dall’altra parte, gli estremisti religiosi stanno dicendo chiaramente che
non tollereranno nessuna rettifica in questa legge”.
“Il ministro Bhatti
– ha detto il vescovo di Faisalabad - ha sempre parlato a voce alta per difendere
la verità. Questo è il motivo per cui i fanatici hanno voluto ridurlo al silenzio”.