Crisi libica: UE congela i beni di Gheddafi e la Corte penale dell'Aja apre un'inchiesta
Cresce la pressione internazionale sul leader libico Gheddafi. Avrebbe usato raid
aerei sui rivoltosi, sostiene in serata il Pentagono, nel giorno in cui la Corte penale
dell’Aja conferma l’apertura di un’inchiesta per crimini contro l’umanità e l’Ue procede
al blocco dei beni del rais e del suo staff. Il colonnello è dunque sempre più isolato,
ma i suoi sostenitori continuano la guerriglia contro i ribelli e ai confini aumenta
il flusso di chi dalla Libia tenta di scappare. Il servizio è di Gabriella Ceraso
L’organizzazione
non governativa, Medici Senza Frontiere, lancia l’allarme per la Libia. Oltre a richiedere
alle milizie di Tripoli e ai ribelli l’accesso alle aree colpite dalla violenza per
portare assistenza, si chiede di rispettare le strutture mediche e di tutelare, soprattutto,
il diritto della popolazione di poter cercare e ricevere cure mediche in modo sicuro.
Intanto, un’altra delle zone calde rimane il confine libico-tunisino, dove sino a
ieri si sono ammassate decine di migliaia di persone che cercano di entrare in Tunisia.
Giancarlo La Vella ha contattato telefonicamente Barbara Schiavulli, che
da diversi giorni si trova in quella zona:
R. – Quello
che sta succedendo oggi è qualcosa di molto strano, perché si è praticamente quasi
fermato l’arrivo dei profughi. Noi sapevamo che c’erano code chilometriche dall’altra
parte, ma da quando si comincia a parlare molto di Tunisia, praticamente i soldati
libici non fanno più entrare persone in Tunisia, forse per dimostrare che in realtà
non c’è la fuga. Però, di fatto, sono già entrate 85 mila persone.
D. – Il
sostentamento di queste persone come procede?
R. – Quelli che sono riusciti
ad entrare, sono stati accolti da una Tunisia abbastanza organizzata nonostante i
problemi interni. Sta di fatto che comunque non è facile assorbire all’improvviso
decine di migliaia di persone. Comunque, le stesse organizzazioni umanitarie, le Nazioni
Unite in testa, hanno sottolineato in questi giorni che questa è un’emergenza transitoria,
perché tutte queste persone vogliono rientrare a casa. Altro problema è la presenza
in Libia – di cui non si sa più niente – di circa 8mila rifugiati, persone che avevano
chiesto asilo politico in Libia perché arrivavano da altre guerre. Di queste persone,
che tra l’altro sono per lo più africani e senza documenti, non si sa più niente.
D.
– C’è invece parte di questa gente che tenta il viaggio via mare verso le coste nord
del Mediterraneo…
R. – Di solito i barconi partono la notte. Per il momento
sono sempre e solo tunisini, quelli che si spostano verso Lampedusa, in quella che
per molti ragazzi è la ricerca di una vita migliore. Noi sappiamo che oggi si prepara
la partenza di uno di questi barconi che dovrebbe o starebbe arrivando sulle rive
di Lampedusa.
D. – Tu sicuramente hai avuto modo di parlare con i libici che
cercano di attraversare il confine con la Tunisia. Qual è il loro stato d’animo?
R.
– Chi è riuscito a portare fuori la famiglia racconta di una situazione molto difficile:
magari mette in salvo la famiglia per tornare dentro ed unirsi ai rivoltosi. Il problema
è che questa zona, la Tripolitania, la zona ovest del Paese, ancora regge, anche se
le città spesso sono nelle mani dei ribelli, la periferia resta ancora in mano alle
milizie di Gheddafi. Quindi, chi arriva racconta di rapine, posto di blocco, di violenze
e anche per questo i Medici senza Frontiere stanno preparando un presidio psicologico
per chi arriva: persone che non solo hanno vissuto lo stress di avere abbandonato
casa, di essere stato qua per giorni senza avere – magari – un posto per dormire,
ma anche quello di aver subito il trauma della fuga. (gf)