2011-03-02 15:32:51

Non si fermano le proteste nei Paesi arabi


In Tunisia, non sembra placarsi l’ondata di proteste, anche dopo l’uscita di scena del presidente Ben Ali. Sono saliti a cinque i ministri dimessisi dal governo transitorio, ma i manifestanti chiedono un rinnovamento reale e profondo alla guida del Paese. Intanto, sulla scena politica assume un ruolo sempre più importante il movimento islamico Ennahda, che afferma di attrezzarsi per poter operare "alla luce del sole", dopo vent'anni di repressione.

Yemen
Situazione politica incandescente anche in Yemen, dove ieri decine di migliaia di manifestanti antigovernativi si sono riversati in modo pacifico nelle strade di Sanaa per chiedere la caduta del presidente, Ali Abdallah Saleh, il quale, sempre ieri, ha rimosso rimuovere i governatori di cinque province chiave del Paese, tutte situate nella regione meridionale che da anni è il "cuore" dei secessionisti del sud. Si registra inoltre l’intervento del portavoce della Casa Bianca, che ha chiesto alla leadership yemenita di concentrarsi sulle riforme. Le parole dell'esponente di Washington arrivano dopo le accuse mosse dal presidente Ali Abdullah Saleh, per il quale "ciò che sta accadendo nel mondo arabo è diretto da Usa e Israele”.

Ruolo dell’islam nelle proteste mondo arabo
Ma quale ruolo sta giocando la componente della religione islamica nelle rivolte che stanno infiammando il mondo arabo e gli Stati musulmani? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano ed editorialista del Sole 24 ore:RealAudioMP3

R. – E’ cambiato qualcosa in relazione alle fasce di età nelle popolazioni giovanili: le fasce di età che vanno da 18 a 28 anni hanno oggi una religiosità molto diversa rispetto a quella dei loro fratelli maggiori o dei loro genitori. Sono credenti, tuttavia non credono all’islam come slogan politico e questo spiega il fatto che nelle manifestazioni non si sono quasi mai visti cartelli che scandivano la rivoluzione islamica o l’islam. Invece, i loro fratelli maggiori o i loro genitori sono quelli che appartengono a una generazione che ha creduto che l’islam politico fosse la soluzione di tutti i loro problemi. Dunque, qualcosa è cambiato. Non mi sento però di parlare di un "post-islamismo", perché non è detto che queste rivolte e rivoluzioni riescano, in un certo senso, a essere completamente democratiche: possono essere “sciupate” da movimenti fondamentalisti, che sono comunque presenti sul territorio. L’Egitto ne è il caso più eclatante, ad esempio.

D. - A questo proposito, quanti rischi intravede in questa situazione? Molti temono che di questi momentanei vuoti di potere possano approfittare i movimenti islamici più radicali. E’ una minaccia seria questa?

R. – Bisogna contemplare questo rischio, sarebbe un errore fondamentale non considerarlo. Ecco perché è necessaria la presenza dell’Europa come aiuto alla costruzione di transizioni democratiche. Lasciare soli questi Paesi significa aumentare il rischio di una manipolazione di ciò che sta succedendo adesso.

D. – Eppure, questa "primavera" del mondo arabo sembra aver colto in contropiede gli Stati Uniti, l’Europa: perché secondo lei?

R. – Gli Stati Uniti fino a un certo punto. In realtà, loro hanno fatto anni fa delle “analisi” sui blogger egiziani e sapevano benissimo che qualcosa stava per succedere. L’Europa, invece, non ha capito e non capisce ancora veramente cosa sta succedendo.

D. - Come vede in particolare la situazione libica, ancora è in evoluzione?

R. – Pericolosa, perché se c’è un vuoto c’è il rischio che avvenga tutto e il contrario di tutto.

D. – La situazione del suo Paese di origine, l’Algeria: c’è chi dice che potrebbe essere presto contagiata più seriamente da questa "primavera" araba...

R. – Sì, con delle differenze, nel senso che l’Algeria è un Paese ricco, però la situazione è molto pesante. Comunque, la situazione è più o meno è uguale per tutta l'area. Mi sembra evidente che per il mondo arabo e islamico la questione democratica sia la questione del 21.mo secolo, perché tocca tante altre questioni non soltanto l’aspetto economico ma anche quello della libertà, e della libertà religiosa.

Iran
Il parlamento ha chiesto alla magistratura di processare i due leader riformisti, Mussavi e Karrubi, “come capi della sedizione”. Intanto, il procuratore di Teheran, Abbad Jafari-Dolatabadi, ha smentito oggi che i due capi dell'opposizione siano stati imprigionati e ha detto che essi sono ''a casa loro''. Lo riporta l'agenzia Mehr, secondo la quale l’esponente della giustizia iraniana ha inoltre sementito la notizia degli arresti domiciliari. Tuttavia, da oltre una quindicina di giorni, da quando cioè hanno chiesto l'autorizzazione per nuove manifestazioni dell'opposizione, Mussavi e Karrubi sono spariti dalla scena pubblica. Intanto, il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato gli “Usa e i loro alleati” di preparare un complotto volto a favorire “interventi militari'' in Nord Africa o in Medio Oriente.

Afghanistan -Italia
Rientrerà questa sera in Italia, all'aeroporto militare di Ciampino, la salma di Massimo Ranzani, il tenente degli Alpini ucciso lunedì scorso in Afghanistan. I funerali si celebreranno domani alle 10 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, riferirà oggi al Senato sulla morte del militare italiano.

Costa d’Avorio
Ancora tensioni in Costa d’Avorio tra i sostenitori del presidente uscente Gbagbo, che si ostina a non lasciare il potere, e la locale missione Onu, che da settimane viene accusata dai fedelissimi del presidente uscente di armare ribelli delle Forze nuove, vicine al presidente legittimo, Ouattara. Fonti dell’agenzia Fides riferiscono di scontri in due quartieri della città di Abidjan. I combattimenti hanno costretto la maggior parte degli abitanti dei due quartieri a lasciare le loro abitazioni. Almeno tre parrocchie della Chiesa locale stanno prestando assistenza agli sfollati. Si attende intanto l’esito della missione dell’Unione Africana, i cui rappresentanti si sono dati ancora un mese di tempo per tentare di risolvere la crisi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 61







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