In Tunisia, non sembra placarsi l’ondata di proteste, anche dopo l’uscita di scena
del presidente Ben Ali. Sono saliti a cinque i ministri dimessisi dal governo transitorio,
ma i manifestanti chiedono un rinnovamento reale e profondo alla guida del Paese.
Intanto, sulla scena politica assume un ruolo sempre più importante il movimento
islamico Ennahda, che afferma di attrezzarsi per poter operare "alla luce del sole",
dopo vent'anni di repressione.
Yemen Situazione politica incandescente
anche in Yemen, dove ieri decine di migliaia di manifestanti antigovernativi si sono
riversati in modo pacifico nelle strade di Sanaa per chiedere la caduta del presidente,
Ali Abdallah Saleh, il quale, sempre ieri, ha rimosso rimuovere i governatori di cinque
province chiave del Paese, tutte situate nella regione meridionale che da anni è il
"cuore" dei secessionisti del sud. Si registra inoltre l’intervento del portavoce
della Casa Bianca, che ha chiesto alla leadership yemenita di concentrarsi
sulle riforme. Le parole dell'esponente di Washington arrivano dopo le accuse mosse
dal presidente Ali Abdullah Saleh, per il quale "ciò che sta accadendo nel mondo arabo
è diretto da Usa e Israele”.
Ruolo dell’islam nelle proteste mondo arabo Ma
quale ruolo sta giocando la componente della religione islamica nelle rivolte che
stanno infiammando il mondo arabo e gli Stati musulmani? Fabio Colagrande lo
ha chiesto a Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano ed editorialista
del Sole 24 ore:
R. – E’ cambiato
qualcosa in relazione alle fasce di età nelle popolazioni giovanili: le fasce di età
che vanno da 18 a 28 anni hanno oggi una religiosità molto diversa rispetto a quella
dei loro fratelli maggiori o dei loro genitori. Sono credenti, tuttavia non credono
all’islam come slogan politico e questo spiega il fatto che nelle manifestazioni non
si sono quasi mai visti cartelli che scandivano la rivoluzione islamica o l’islam.
Invece, i loro fratelli maggiori o i loro genitori sono quelli che appartengono a
una generazione che ha creduto che l’islam politico fosse la soluzione di tutti i
loro problemi. Dunque, qualcosa è cambiato. Non mi sento però di parlare di un "post-islamismo",
perché non è detto che queste rivolte e rivoluzioni riescano, in un certo senso, a
essere completamente democratiche: possono essere “sciupate” da movimenti fondamentalisti,
che sono comunque presenti sul territorio. L’Egitto ne è il caso più eclatante, ad
esempio.
D. - A questo proposito, quanti rischi intravede in questa
situazione? Molti temono che di questi momentanei vuoti di potere possano approfittare
i movimenti islamici più radicali. E’ una minaccia seria questa?
R.
– Bisogna contemplare questo rischio, sarebbe un errore fondamentale non considerarlo.
Ecco perché è necessaria la presenza dell’Europa come aiuto alla costruzione di transizioni
democratiche. Lasciare soli questi Paesi significa aumentare il rischio di una manipolazione
di ciò che sta succedendo adesso.
D. – Eppure, questa "primavera" del
mondo arabo sembra aver colto in contropiede gli Stati Uniti, l’Europa: perché secondo
lei?
R. – Gli Stati Uniti fino a un certo punto. In realtà, loro hanno
fatto anni fa delle “analisi” sui blogger egiziani e sapevano benissimo che
qualcosa stava per succedere. L’Europa, invece, non ha capito e non capisce ancora
veramente cosa sta succedendo.
D. - Come vede in particolare la situazione
libica, ancora è in evoluzione?
R. – Pericolosa, perché se c’è un vuoto
c’è il rischio che avvenga tutto e il contrario di tutto.
D. – La situazione
del suo Paese di origine, l’Algeria: c’è chi dice che potrebbe essere presto contagiata
più seriamente da questa "primavera" araba...
R. – Sì, con delle differenze,
nel senso che l’Algeria è un Paese ricco, però la situazione è molto pesante. Comunque,
la situazione è più o meno è uguale per tutta l'area. Mi sembra evidente che per il
mondo arabo e islamico la questione democratica sia la questione del 21.mo secolo,
perché tocca tante altre questioni non soltanto l’aspetto economico ma anche quello
della libertà, e della libertà religiosa.
Iran Il parlamento
ha chiesto alla magistratura di processare i due leader riformisti, Mussavi e Karrubi,
“come capi della sedizione”. Intanto, il procuratore di Teheran, Abbad Jafari-Dolatabadi,
ha smentito oggi che i due capi dell'opposizione siano stati imprigionati e ha detto
che essi sono ''a casa loro''. Lo riporta l'agenzia Mehr, secondo la quale l’esponente
della giustizia iraniana ha inoltre sementito la notizia degli arresti domiciliari.
Tuttavia, da oltre una quindicina di giorni, da quando cioè hanno chiesto l'autorizzazione
per nuove manifestazioni dell'opposizione, Mussavi e Karrubi sono spariti dalla scena
pubblica. Intanto, il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato gli “Usa
e i loro alleati” di preparare un complotto volto a favorire “interventi militari''
in Nord Africa o in Medio Oriente.
Afghanistan -Italia Rientrerà
questa sera in Italia, all'aeroporto militare di Ciampino, la salma di Massimo Ranzani,
il tenente degli Alpini ucciso lunedì scorso in Afghanistan. I funerali si celebreranno
domani alle 10 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma. Il ministro della
Difesa, Ignazio La Russa, riferirà oggi al Senato sulla morte del militare italiano.
Costa
d’Avorio Ancora tensioni in Costa d’Avorio tra i sostenitori del presidente
uscente Gbagbo, che si ostina a non lasciare il potere, e la locale missione Onu,
che da settimane viene accusata dai fedelissimi del presidente uscente di armare ribelli
delle Forze nuove, vicine al presidente legittimo, Ouattara. Fonti dell’agenzia Fides
riferiscono di scontri in due quartieri della città di Abidjan. I combattimenti hanno
costretto la maggior parte degli abitanti dei due quartieri a lasciare le loro abitazioni.
Almeno tre parrocchie della Chiesa locale stanno prestando assistenza agli sfollati.
Si attende intanto l’esito della missione dell’Unione Africana, i cui rappresentanti
si sono dati ancora un mese di tempo per tentare di risolvere la crisi. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 61