Proteste in Oman e Yemen. In Egitto vietato l’espatrio per Mubarak
Si estende ancora l’ondata di proteste che sta attraversando tutto il mondo arabo.
La tensione cresce in particolare in Oman, dove si registrano nuove azioni di protesta
dopo quelle di ieri, che hanno visto le forze dell’ordine aprire il fuoco contro la
folla. Incerto il numero dei morti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Centinaia
di dimostranti hanno bloccato la strada che conduce al porto dell'Oman, quello di
Sohar. Il corteo chiede nuovamente riforme, lavoro e aumenti dei salari, mentre due
elicotteri sorvolano la folla. Testimoni riferiscono di un tentativo di attacco a
un posto di polizia, che avrebbe disperso i manifestanti con i lacrimogeni. Resta
ancora da definire il bilancio degli scontri di ieri: almeno sei morti secondo fonti
mediche, solo uno per il ministro della Sanità. Tensione protagonista anche nello
Yemen: nella capitale Sanaà e in altre città in migliaia invocano “la caduta dell’oppressore”.
L’opposizione ha rifiutato l'invito del presidente Saleh a formare un governo di unità
nazionale. Speranze invece per l’apertura del dialogo nel vicino Bahrein: il capo
della Casa Bianca, Barack Obama, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere il popolo
apprezzando il rimpasto di governo annunciato dal re Al Khalifa. Sul versante egiziano,
la procura del Cairo ha vietato al deposto presidente Mubarak e alla sua famiglia
di lasciare il Paese. Deciso, inoltre, il congelamento dei loro beni: si tratta di
diversi conti segreti, al centro di alcune denunce in queste settimane. Intanto, all’indomani
delle nuove manifestazioni in piazza Tahir contro il governo di transizione, il segretario
generale della Lega Araba, Amr Mussa, non ha ancora chiarito in merito alla sua possibile
candidatura alla presidenza. In Tunisia, primo giorno di lavoro per il neo premier
Sebsi, nominato ieri. Elezioni e profughi libici le priorità del suo governo che ha
ricevuto apprezzamenti dall’Unione Europea. Migliaia di persone stamattina si sono
recate in segno di solidarietà davanti all’abitazione dell’ex premier, Gannouchi,
rimosso dopo le continue pressioni del popolo che lamentava la sua vicinanza all’ex
leader, Ben Ali. Sugli ultimi sviluppi è intervenuto anche il numero due di Al Qaeda,
al-Zawahiri. In un nuovo audio messaggio, ha criticato i nuovi leader di Tunisia ed
Egitto invitando i musulmani a sollevarsi “contro gli invasori”.
Repubblica
Democratica del Congo Attaccata a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del
Congo, una residenza del presidente Kabila. Il fatto è avvenuto ieri. I soldati della
Guardia repubblicana hanno risposto al fuoco uccidendo almeno sei assalitori. Il capo
dello Stato africano non si trovava all’interno dell’edificio al momento del raid.
Alcuni uomini sarebbero stati catturati, mentre in città sono stati intensificati
i controlli.
Iran Le contestazioni nel Maghreb stanno avendo forte
eco anche in Iran. Dopo le proteste contro il governo di metà febbraio, costate la
vita ad almeno due persone, per domani è stata indetta una nuova marcia a Teheran.
Intanto, però, si infittisce il mistero sulla sorte dei leader dell'opposizione, Mir
Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi, irreperibili da circa due settimane. Fonti israeliane
sostengono che si troverebbero in un carcere della capitale iraniana. Massimiliano
Menichetti ne ha parlato con il portavoce di Amensty International Italia, Riccardo
Noury:
R. – Ci sono
oltre 600 prigionieri di coscienza. Si può dire che tutta la dirigenza del movimento
nato all’indomani delle elezioni presidenziali del giugno 2009 è in prigione: giornalisti,
avvocati per i diritti umani, blogger, sindacalisti. Ora, la leadership più rappresentativa,
cioè i due candidati presidenti Moussavi e Karroubi, rischiano – secondo queste notizie,
ancora in attesa di conferma – di avere un destino simile. Questa sarebbe un’evoluzione
ancora più preoccupante. Dipende, naturalmente, da quello che accade intorno all’Iran
e dal fatto che il movimento che chiede riforme, diritti umani, democrazia ed elezioni
eque, a febbraio di quest’anno è nuovamente sceso in piazza.
D. – Dopo
le grandi contestazioni anti-Ahmadinejad del 2009, l’opposizione è tornata in piazza
a febbraio e per domani è indetta un’altra manifestazione...
R. – C’è
un risveglio del movimento, con centinaia di migliaia di persone scese in piazza.
In particolare, il 14 ed il 20 febbraio scorsi, con arresti di massa ed almeno due
manifestanti uccisi. Si può quindi dire che il tentativo del governo di Teheran di
ridurre nuovamente al silenzio l’opposizione è fallito e anche se i due punti di riferimento
principali – Moussavi e Karroubi – possono essere privati della loro libertà, non
di meno questo movimento ha dimostrato una grande vitalità.
D. – Qual
è, dunque, l’appello, considerando anche il moto di contestazioni partito dal Maghreb?
R.
– Consentire l’espressione delel proprie idee nel corso di manifestazioni, che nascono
sempre pacifiche e che, come tali, devono essere garantite e protette, anziché assalite
dai basiji, dalle guardie rivoluzionarie e dalle forze di sicurezza iraniane. Rilasciare
tutti i prigionieri di coscienza – che sono centinaia e centinaia – e far sì che questo
Paese possa consentire a chi ha desiderio di chiedere riforme, cambiamento, democrazia
e diritti umani di poterlo fare com’è previsto dalle norme internazionali. (vv)
Medio
Oriente Sale la tensione tra Israele e la Striscia di Gaza. Due palestinesi
sono stati uccisi nelle ultime ore da militari israeliani, che, in due distinti episodi,
hanno aperto il foco contro gruppi di persone che si trovavano a ridosso del confine.
Nuova
Zelanda In Nuova Zelanda, è altamente improbabile la possibilità di trovare
dei sopravvissuti in seguito al sisma di sei giorni fa che ha provocato 148 morti.
Lo ha affermato il capo delle operazioni di soccorso. Le ricerche potrebbero essere
sospese per qualche ora, in vista di una tempesta in arrivo nell’area.
Italia-Yara In
programma oggi all’Istituto di medicina legale di Milano l’autopsia sul corpo di Yara
Gambirasio, rinevenuto sabato scorso a poca distanza da Brembate di Sotto, nel bergamasco,
da dove la tredicenne era scomparsa tre mesi fa. Spetterà all’esame stabilire le esatte
cause del decesso e il tempo di permanenza del corpo nel luogo del ritrovamento. Nel
Comune lombardo, intanto, vige il lutto cittadino. Stasera, invece, ci sarà una fiaccolata
che terminerà con una Messa. “Non vogliamo alimentare alcun tipo di vendetta, ma sappiamo
che questo momento è oscuro”, ha detto il vescovo di Bergamo, mons Francesco Beschi.
Parole condivise dal parroco di Brembate, don Corinno Scotti. Gabriella Ceraso
ha raccolto la sua testimonianza:
R. – Ho messo
nella bacheca, fuori dalla Chiesa, una foto della ragazza di quando ha fatto la Cresima,
l’anno scorso, proprio di questi tempi. Avevo scritto: “Yara, siamo smarriti, aiutaci”.
Dobbiamo fare il possibile perché proprio questo senso di smarrimento non diventi
panico, rabbia, che non ci faccia chiudere in noi stessi. Effettivamente, in Chiesa
c’è sempre gente, in silenzio, che sosta, che prega. Poco fa mi si è avvicinato un
papà che mi ha detto: “Guardi, la mia famiglia stava per saltare. Questa bambina ci
aiuta a continuare a essere fedeli e a volerci bene”. Per me questi sono i miracoli
con cui il Signore si fa vivo, si fa presente. Ieri un giornalista mi ha chiesto:
“Lei ha sempre parlato di speranza. E adesso che la speranza non c’è più?”. Ho risposto:
“Per carità, guai se la nostra speranza terminasse con la vita. La nostra speranza
è il dono del Signore. Cristo è la nostra speranza. Cristo è vivo e Yara è nella vita.
D.
– Il rischio, in questo momento, è anche, come lei diceva, la paura. Ma anche il fatto
che nella comunità ci si guardi con sospetto...
R. – Sì, la paura è
legittima, guai se non ci fosse, perché sarebbe segno di irresponsabilità. Questo
però non deve creare dei sospetti fra noi, perché non aiuterebbe a guardarci con libertà.
Diventar prudenti sì, aiutare i nostri ragazzi a guardare la vita, che è bella anche.
Ma la vita è anche fatica e c’è il peccato, perché la morte di questa bambina si imputa
evidentemente alla cattiveria degli uomini. I genitori sono andati per il riconoscimento
del cadavere: è così decomposta, così mal ridotta che sono sconvolti. (vv)
Processo
Mediaset Ripreso stamani al Tribunale di Milano il processo sui presunti fondi
neri di Mediaset relativi alla compravendita dei diritti tv e cinematografici. Fra
gli imputati, il premier Silvio Berlusconi, oggi assente e quindi dichiarato contumace.
La sua difesa non ha presentato istanza di legittimo impedimento.
Kosovo Il
neoeletto presidente del Kosovo, il miliardario Behgjet Pacolli, ha annunciato che
devolverà il suo stipendio di 2.500 euro mensili a favore delle famiglie in condizioni
economiche precarie. La presidenza in un comunicato ha precisato che la mossa serve
a “migliorare la situazione economica e sociale del paese, per creare nuove opportunità
per la popolazione e per le famiglie, poiché la situazione è allarmante”. (Panoramica
internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 59