Nuovi appelli sono comparsi in queste ore sul web in Cina per continuare le manifestazioni
della cosiddetta "rivoluzione dei gelsomini", sull’esempio del Nord Africa, alla vigilia
dell’inaugurazione domani a Pechino della sessione annuale del Parlamento cinese.
Ieri dimostrazioni pro democrazia, organizzate su internet, si sono tenute nella capitale,
a Shanghai e in altre 18 città. Massiccio lo schieramento dell'apparato di sicurezza
cinese: a Pechino, gli agenti hanno fatto ricorso anche alla forza, malmenando un
cameraman americano e trattenendo un gruppo di giornalisti tra cui uno dei corrispondenti
della Bbc. L'ambasciata Usa in Cina definisce "inquietanti" gli attacchi condotto
contro i giornalisti chiedendo a Pechino di rispettare il diritto della stampa straniera
a informare sul Paese. Sui timori delle autorità cinesi, Giada Aquilino ha
raggiunto telefonicamente ad Hong Kong Ilaria Maria Sala, del quotidiano “La
Stampa”:
R. – Ogni
tipo di protesta organizzata è un qualcosa che la Cina cerca di avere il meno possibile.
Ciò detto, manifestazioni in Cina ce ne sono tutti i giorni, ma sono quasi sempre
legate a dei problemi molto locali. Per cui si assiste a manifestazioni di lavoratori,
di operai per vari tipi di problemi legati direttamente al lavoro, ai salari, alle
condizioni in fabbrica e così via. Pur essendo un avvenimento molto frequente, è qualcosa
che Pechino cerca di controllare il più possibile e mantenere localizzato, per evitare
appunto che delle proteste possano diffondersi su larga scala ed agglomerare invece
scontento a livello nazionale. Per cui, le manifestazioni legate a questa “rivoluzione
dei gelsomini” rappresentano un rarissimo esempio di un tentativo di scendere in piazza
a livello nazionale non più per delle cause specifiche – se vogliamo, anche materiali
– ma per degli ideali: quindi maggiore democrazia, maggior trasparenza, minor corruzione,
che sono fra l’altro gli stessi temi portanti che si erano avuti nel 1989, quando
c’erano state le manifestazioni di piazza Tien’anmen.
D. – Da chi sono
organizzate queste proteste pro-democrazia?
R. – La chiamata iniziale
è venuta dall’estero, tramite dei server che non sono basati in Cina. E’ venuta in
lingua cinese, per cui probabilmente da cinesi residenti all’estero o anche da cinesi
residenti in Cina che sono in grado di superare quella barriera della censura che
consente di accedere a siti oscurati in Cina. Va però notato che, malgrado la maggioranza
dei cinesi sia consapevole del fatto che delle manifestazioni di questo tipo presentano
dei rischi personali molto grandi, c’è stata una risposta piuttosto pronta sul territorio.
Internet è stato il veicolo principale ed unico. La rivoluzione nelle comunicazioni
è ormai un dato di fatto, per cui per le persone questo è un modo pratico ed accessibile
per diffondere su scala nazionale delle informazioni o, appunto, delle mobilitazioni.
D.
– Domani è in programma la sessione annuale del Parlamento cinese. Wen Jiabao ha deciso
di rallentare la crescita per evitare l’aumento dell’inflazione…
R.
– L’inflazione direi che è, probabilmente, uno dei grandi grattacapi per la dirigenza
cinese. Una forte crescita economica - che è stata vista finora come indispensabile
dalla dirigenza cinese per placare lo scontento, prevenire possibili movimenti sociali
di massa o il ripetersi dei fatti del 1989 - ha però proprio nel suo interno, inevitabilmente,
dei problemi legati all’inflazione. (vv)