2011-02-28 14:24:00

Giornata mondiale delle malattie rare per abbattere barriere e discriminazioni


“Rari, ma uguali”: è questo lo slogan della quarta Giornata mondiale delle malattie rare che viene celebrata oggi con l’obiettivo di abbattere le diseguaglianze che contribuiscono a isolare i pazienti sia in ambito medico che sociale. Ieri il Papa all’Angelus ha incoraggiato la ricerca in questo settore. A tutt’oggi si conoscono circa ottomila patologie di questo tipo: la maggior parte è ancora senza cure e tante sono croniche, degenerative e dolorose; circa l’80 per cento ha un’origine genetica, mentre il restante è dovuto a infezioni, allergie o cause ambientali. In Europa sono oltre 30 milioni le persone colpite da queste malattie; due milioni solo in Italia, di cui il 70 per cento sono bambini. E sono molto difficili da diagnosticare. Ascoltiamo in proposito l’esperienza del prof. Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di genetica medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, intervistato da Eliana Astorri:RealAudioMP3

R. - Quando si ha di fronte un bambino in ambulatorio con una condizione - nel nostro caso, in genere, si tratta di sindromi, malformazioni o non malformazioni con ritardo dello sviluppo intellettivo - bisogna capire in primo luogo che cosa ha questo bambino. Ci sono condizioni che sono abbastanza facilmente diagnosticabili, ma ce ne sono altre che proprio per la loro rarità rappresentano un problema diagnostico molto significativo. Infatti, ancora oggi, nonostante i grandi progressi che sono stati compiuti dalla genetica, dal progetto genoma e dagli avanzamenti tecnologici, una buona parte di questi bambini rimane non diagnosticato. In un certo modo, nella categoria delle malattie rare ci vorrebbe anche la categoria “sconosciuto” perché, effettivamente, ci sono tanti pazienti che sicuramente hanno una malattia rara alla quale noi però non riusciamo a dare un nome.

D. - Professor Neri, la cura delle malattie rare è più difficile perché essendo tali, e quindi riguardando pochi pazienti, le case farmaceutiche non hanno interesse ad investire nella ricerca e quindi nella scoperta di nuovi farmaci: è così?

R. - Questo è sicuramente stato così e probabilmente lo è ancora in parte. Però, anche per esperienza diretta, devo dire che alcune cose si stanno muovendo in maniera abbastanza importante. Innanzitutto, c’è un fiorire di piccole compagnie biotech che si occupano di farmaci orfani, però ci sono anche delle grandi multinazionali del farmaco che si stanno attivamente impegnando nella ricerca di farmaci per malattie rare. Questo è un segnale importante che va colto e che va sottolineato.

D. - Le famiglie del paziente affetto da malattia rara hanno bisogno di sostegno…

R. - Hanno bisogno di sostegno perché per quanti sforzi siano stati compiuti - e devo dire che l'Italia è stata in prima linea nell’integrazione dei ragazzi con delle disabilità -, ciò nonostante, rimane ancora il fatto che questi ragazzi vengono spesso isolati dagli altri. E se, oltre ad avere questo problema, per di più vengono in qualche maniera anche puniti attraverso un’emarginazione, questo veramente è qualcosa di inaccettabile. (ma)







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