2011-02-27 10:22:43

Scontri e tensioni nel Maghreb e ricadute sui flussi migratori. Il Cir chiede la protezione temporanea dei profughi in Italia e in Europa


Le tensioni e gli scontri nel Maghreb, con particolare riferimento alla Libia, preoccupano i Paesi del Mediterraneo per le possibili ondate migratorie. C’e chi parla di oltre un milione di persone che potrebbero sbarcare in Italia, intanto da più parti viene l’invito a non creare allarmismo. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Valeria Carini, responsabile comunicazione del Consiglio Italiano per i Rifugiati:RealAudioMP3

R. – Prima di tutto capire che tipo di impatto la crisi libica avrà sui flussi di migranti in Italia, in Europa, ma anche nei Paesi limitrofi è veramente molto difficile e parlare di cifre - come un milione o un milione e mezzo – non fa che creare panico nell’opinione pubblica ed un allarmismo che non servirà a gestire nessun tipo di emergenza, qualora questa si dovesse creare.

D. – Quindi, in sostanza, bisognerà vedere che cosa accadrà?

R. – La prima cosa da fare è comprendere quello che accadrà, ma soprattutto qualsiasi cosa succederà nell’altra parte del Mediterraneo è necessario fare subito un’accoglienza adeguata alle persone che verranno, garantendo loro una protezione legale. Quello che noi pensiamo che si dovrà fare – quale che sia il flusso – sarà quello di attivare una protezione temporanea, che è un meccanismo che l’Italia condivide insieme all’Unione Europea, per concedere una protezione, per un periodo adeguato, alle persone che arriveranno in Italia e in Europa dalla Libia e dai Paesi del Nord Africa. Una volta fatto questo e solo se i numeri cresceranno, come si sta dicendo in questo momento, solo allora si potrà pensare ad una ridistribuzione fra i Paesi europei.

D. – Ecco, la misura di protezione temporanea elimina anzitutto la possibilità di un diretto rimpatrio e consente di poter identificare, caso per caso, le singole situazioni…

R. – La protezione temporanea è un meccanismo particolare, creato in Europa dopo la crisi dei Balcani e del Kosovo. E’ un meccanismo che si applica alle persone in fuga da una particolare regione geografica e che, per il numero e per l’afflusso massiccio, non possono in breve tempo essere analizzate, caso per caso, nella loro richiesta di protezione internazionale. La cosa importante da sottolineare è che anzitutto non esclude in seguito l’applicazione della protezione per la Convenzione di Ginevra e quindi il riconoscimento dello status di rifugiato e, seconda cosa, non comprende al suo interno quelle persone che vengono escluse dalla protezione dello status di rifugiato, ovvero quelli che si sono macchiati di crimini contro l’umanità o di gravi crimini di delitto comune o crimini contro la pace.

D. – L’agenzia europea per le frontiere – Frontex – ha inviato, dopo i fatti di Lampedusa, dove in meno di una settimana sono arrivati circa 5 mila tunisini, 50 esperti, 2 motovedette e 7 aerei. Qual è, secondo te, il ruolo dell’Unione Europea?

R. – Quello che noi chiediamo e che ribadiamo è che nessuna operazione di controllo marittimo delle frontiere si deve tradurre, in questo momento, in un respingimento di persone che hanno bisogno di protezione in Italia. Quello che dovrà fare Frontex e l’Italia è quello di permettere il salvataggio in mare, qualora ce ne sia bisogno, e di accompagnare verso un porto sicuro le persone che stanno cercando di arrivare nel nostro Paese. Questo ci sembra chiaro ed è indispensabile. Dobbiamo sottolineare che positivamente il governo italiano nella crisi della Tunisia non ha respinto barche in alto mare e ha permesso l’accesso alla protezione in Italia. Questo ci sembra essere un fatto positivo e che deve essere assolutamente mantenuto nella gestione anche delle possibili crisi future.

D. – In questo momento dalla Libia non arrivano migranti, ma dove sono le immediate ricadute di questa crisi?

R. – Nei confronti dei Paesi di frontiera terrestre. Siamo stati in Tunisia pochi giorni fa con una missione: al confine sud della Tunisia, che dista solamente 69 chilometri dal confine libico, ho visto tantissime macchine con targa libica ritornare. Sono già più di 25 mila le persone in ritorno dalla Libia alla Tunisia: si tratta di un flusso misto, composto anche da libici che hanno dovuto abbandonare il loro Paese e da migranti dell’Africa Sub Sahariana. Quindi quello che dobbiamo pensare, oltre a dare un’accoglienza a quanti possono arrivare qui, è di aiutare e supportare i Paesi dell’altra parte del Mediterraneo, che in questo momento importante di transizione democratica non possono essere gravati da flussi di migranti per loro veramente ingestibili. (mg)







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