Scontri e tensioni nel Maghreb e ricadute sui flussi migratori. Il Cir chiede la protezione
temporanea dei profughi in Italia e in Europa
Le tensioni e gli scontri nel Maghreb, con particolare riferimento alla Libia, preoccupano
i Paesi del Mediterraneo per le possibili ondate migratorie. C’e chi parla di oltre
un milione di persone che potrebbero sbarcare in Italia, intanto da più parti viene
l’invito a non creare allarmismo. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con
Valeria Carini, responsabile comunicazione del Consiglio Italiano per i Rifugiati:
R. – Prima
di tutto capire che tipo di impatto la crisi libica avrà sui flussi di migranti in
Italia, in Europa, ma anche nei Paesi limitrofi è veramente molto difficile e parlare
di cifre - come un milione o un milione e mezzo – non fa che creare panico nell’opinione
pubblica ed un allarmismo che non servirà a gestire nessun tipo di emergenza, qualora
questa si dovesse creare.
D. – Quindi, in sostanza, bisognerà vedere
che cosa accadrà?
R. – La prima cosa da fare è comprendere quello che
accadrà, ma soprattutto qualsiasi cosa succederà nell’altra parte del Mediterraneo
è necessario fare subito un’accoglienza adeguata alle persone che verranno, garantendo
loro una protezione legale. Quello che noi pensiamo che si dovrà fare – quale che
sia il flusso – sarà quello di attivare una protezione temporanea, che è un meccanismo
che l’Italia condivide insieme all’Unione Europea, per concedere una protezione, per
un periodo adeguato, alle persone che arriveranno in Italia e in Europa dalla Libia
e dai Paesi del Nord Africa. Una volta fatto questo e solo se i numeri cresceranno,
come si sta dicendo in questo momento, solo allora si potrà pensare ad una ridistribuzione
fra i Paesi europei.
D. – Ecco, la misura di protezione temporanea elimina
anzitutto la possibilità di un diretto rimpatrio e consente di poter identificare,
caso per caso, le singole situazioni…
R. – La protezione temporanea
è un meccanismo particolare, creato in Europa dopo la crisi dei Balcani e del Kosovo.
E’ un meccanismo che si applica alle persone in fuga da una particolare regione geografica
e che, per il numero e per l’afflusso massiccio, non possono in breve tempo essere
analizzate, caso per caso, nella loro richiesta di protezione internazionale. La cosa
importante da sottolineare è che anzitutto non esclude in seguito l’applicazione della
protezione per la Convenzione di Ginevra e quindi il riconoscimento dello status di
rifugiato e, seconda cosa, non comprende al suo interno quelle persone che vengono
escluse dalla protezione dello status di rifugiato, ovvero quelli che si sono macchiati
di crimini contro l’umanità o di gravi crimini di delitto comune o crimini contro
la pace.
D. – L’agenzia europea per le frontiere – Frontex – ha inviato,
dopo i fatti di Lampedusa, dove in meno di una settimana sono arrivati circa 5 mila
tunisini, 50 esperti, 2 motovedette e 7 aerei. Qual è, secondo te, il ruolo dell’Unione
Europea?
R. – Quello che noi chiediamo e che ribadiamo è che nessuna
operazione di controllo marittimo delle frontiere si deve tradurre, in questo momento,
in un respingimento di persone che hanno bisogno di protezione in Italia. Quello che
dovrà fare Frontex e l’Italia è quello di permettere il salvataggio in mare, qualora
ce ne sia bisogno, e di accompagnare verso un porto sicuro le persone che stanno cercando
di arrivare nel nostro Paese. Questo ci sembra chiaro ed è indispensabile. Dobbiamo
sottolineare che positivamente il governo italiano nella crisi della Tunisia non ha
respinto barche in alto mare e ha permesso l’accesso alla protezione in Italia. Questo
ci sembra essere un fatto positivo e che deve essere assolutamente mantenuto nella
gestione anche delle possibili crisi future.
D. – In questo momento
dalla Libia non arrivano migranti, ma dove sono le immediate ricadute di questa crisi?
R.
– Nei confronti dei Paesi di frontiera terrestre. Siamo stati in Tunisia pochi giorni
fa con una missione: al confine sud della Tunisia, che dista solamente 69 chilometri
dal confine libico, ho visto tantissime macchine con targa libica ritornare. Sono
già più di 25 mila le persone in ritorno dalla Libia alla Tunisia: si tratta di un
flusso misto, composto anche da libici che hanno dovuto abbandonare il loro Paese
e da migranti dell’Africa Sub Sahariana. Quindi quello che dobbiamo pensare, oltre
a dare un’accoglienza a quanti possono arrivare qui, è di aiutare e supportare i Paesi
dell’altra parte del Mediterraneo, che in questo momento importante di transizione
democratica non possono essere gravati da flussi di migranti per loro veramente ingestibili.
(mg)