Sanzioni Onu contro la Libia; i ribelli si apprestano a varare un nuovo governo
mentre Gheddafi resiste a Tripoli
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione con le
sanzioni contro la Libia che prevedono il blocco di beni e l’embargo alla vendita
di armi. Ormai tutti i principali esponenti della comunità internazionale chiedono
le dimissioni di Gheddafi, mentre sul terreno prosegue la fase di stallo, con i ribelli
che controllano le principali città orientali del Paese e si apprestano a varare un
governo di transizione e i governativi che tengono saldamente nelle loro mani la capitale
Tripoli. Il servizio di Marco Guerra:
L'embargo
sulla vendita di armi, il divieto di viaggiare negli Stati membri dell'Onu per 16
persone legate al regime e il congelamento dei beni finanziari del leader libico di
quattro dei suoi figli. È quanto prevede la risoluzione 1970 approvata dal Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nel documento si afferma inoltre che “gli attacchi
sistematici” contro la popolazione civile in Libia “possono essere considerati crimini
contro l'umanità”. L’isolamento internazionale del regime di Tripoli ha quindi raggiunto
il punto di non ritorno. Il presidente degli Stati Uniti Obama, il primo ministro
britannico Cameron e il cancelliere tedesco Merkel chiedono espressamente che Gheddafi
lasci il potere per il bene del Paese, e a tal proposito il ministro degli Esteri
italiano Frattini parla di “opzione inevitabile”. Sul terreno però la situazione sembra
tutt’altro che definita. I sostenitori dell'opposizione controllano le principali
città orientali e tutta la cirenaica. A Tripoli regna una calma tesa, con le strade
piene di auto in una città che sembra saldamente nelle mani dei governativi. Ma attorno
alla capitale si stringe il cerchio dei ribelli. La cittadina di Zawia, ad una ventina
di chilometri da Tripoli, è in mano ai rivoltosi, così come la città di Nalut al confine
con la Tunisia. E fra circa un’ora a Bengasi è prevista una conferenza stampa nella
quale l'ex ministro della Giustizia, Mustafa Abdeljalil, renderà nota la composizione
del nuovo governo libico ad interim.
Ma come reagirà Gheddafi alle sanzioni
internazionali. Marco Guerra lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore
di Famiglia Cristiana:
R. - Io credo
che Gheddafi in questo momento abbia ben altri problemi. Nel momento in cui lotta
letteralmente per la vita e per la sopravvivenza improbabile, peraltro, del proprio
regime, credo che le sanzioni internazionali non siano per lui una priorità.
D.
- Cosa dobbiamo aspettarci ora? L’isolamento internazionale può indurre Gheddafi a
lasciare?
R. – Non credo che Gheddafi lascerà perché c’è la pressione
internazionale che comincia a costruirsi intorno a lui. Credo che Gheddafi cercherà
in ogni modo di resistere e poi di mettere in salvo il bottino che ha raccolto in
tutti questi anni di controllo della Libia. Credo che ci siano anche delle componenti
tribali e psicologiche che faranno sì che lui resisterà fino all’ultimo.
D.
– La propaganda sta giocando un ruolo di primo piano. Che idea ti sei fatto su Gheddafi?
Ha perso veramente il controllo del Paese?
R. – Io credo che Gheddafi
a prescindere da quanto controllo abbia ancora sulla Libia sia politicamente morto.
E’ impensabile che dopo quello che sta succedendo ed è successo si torni a quello
che succedeva prima, con lui che arriva e pianta una tenda nel cuore di Roma o nel
cuore del Cremlino, tanto per fare un altro esempio, non solo italiano; con tutti
i leader internazionali che lo omaggiano e si felicitano per la sua presunta conversione
filooccidentale. Anche perché la sua conversione è stata solo filooccidentale e quindi
filo-guadagni e filo-vendita gas e petrolio ai nostri Paesi. Poi, non è stata assolutamente
una conversione alla democrazia e ai diritti umani.
D. – Quanto è realistica
l’opzione di un intervento armato della Comunità internazionale sotto l’egida dell’Onu?
R.
– Io la vedo molto poco probabile. Credo che nessuno voglia prendersi - per esprimersi
brutalmente - una grana di questo genere. Tra l’altro la crisi libica, a parte i flussi
di profughi, è per il momento tutta interna. Certo se dovesse esserci una esportazione
della violenza, un’esportazione degli scontri armati, allora forse un intervento internazionale
sarebbe più probabile e più immaginabile. Allo stato attuale, credo do di no.(bf)
Intanto
si aggrava l’emergenza umanitaria alle frontiere con la Libia. Secondo l’Unhcr circa
100 mila persone hanno lasciato il Paese nell'ultima settimana. Un flusso continuo
che si dirige soprattutto verso la Tunisia. Sentiamo la testimonianza di Barbara
Schiavulli, che si trova al valico tunisino di Ras Jedir, ancora al microfono
di Marco Guerra:
R. - Il confine
è ancora chiuso. C’è una marea di gente che sta arrivando. Soltanto dall’altra parte
pare che i poliziotti stiano facendo passare tutti ormai, però invece dalla parte
nostra non fanno entrare in Libia ancora e pare che si stia anche schierando l’esercito.
D.
– Che Paese raccontano i profughi che arrivano alla tendopoli?
R. –
Non sono profughi libici perché la maggior parte sono stranieri, quindi lavoratori
cinesi, thailandesi, egiziani, che tornano e poi prendono aerei per andare nelle loro
rispettive case. Oggi e ieri hanno cominciato ad entrare i libici: vengono tutti dalla
zona di Tripoli verso ovest, quindi i paesi di Zaura. Ci sono però diversi racconti.
I libici ti raccontano di scontri, di una situazione molto instabile; invece quelli
che lavorano e che comunque erano nelle aziende, alcune delle quali nei deserti, ovviamente,
hanno visto molto meno. Purtroppo, non essendoci un'informazione indipendente anche
i giornalisti che sono riusciti ad entrare, per esempio, a Tripoli con il visto sono
comunque scortati dall’esercito che non li fa andare ovunque. Quindi nel momento in
cui cadrà questo confine riusciremo finalmente ad entrare - qua ci sono giornalisti
di tutto il mondo - si riuscirà forse a vedere veramente cosa sta succedendo, perché
c’è una forte propaganda da parte dei pro Gehddafi ma anche da chi sta facendo la
rivoluzione che usa le informazioni anche per fare la propria battaglia. (bf)