Libia: gli oppositori a Bengasi fondano il Consiglio nazionale. Gheddafi resta e critica
l'Onu
Gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare gli oppositori di Gheddafi. Così il segretario
di Stato Usa Hillary Clinton."Il colonnello deve andarsene", ha ribadito, in linea
con i principali esponenti della comunità internazionale all’indomani delle sanzioni
approvate dall’Onu contro il regime. Ma il rais resta e lo dice in tv anche se l’opposizione
continua ad avanzare . Il servizio di Amina Belkassem
Per un commento
sulla posizione odierna del colonnello Gheddafi sempre più isolato dalla comunità
internazionale Marco Guerra ha sentito Fulvio Scaglione, vicedirettore
di Famiglia Cristiana
Io credo che
Gheddafi nel momento in cui lotta letteralmente per la vita e per la sopravvivenza
improbabile, peraltro, del proprio regime, credo che le sanzioni internazionali non
siano per lui una priorità.Credo che Gheddafi cercherà in ogni modo di resistere e
poi di mettere in salvo il bottino che ha raccolto in tutti questi anni di controllo
della Libia. Credo che ci siano anche delle componenti tribali e psicologiche che
faranno sì che lui resisterà fino all’ultimo.
D. Che idea ti sei fatto su Gheddafi?
Ha perso veramente il controllo del Paese?
R. – Io credo che Gheddafi a prescindere
da quanto controllo abbia ancora sulla Libia sia politicamente morto. E’ impensabile
che dopo quello che sta succedendo ed è successo si torni a quello che succedeva
prima, con lui che arriva e pianta una tenda nel cuore di Roma o nel cuore del Cremlino,
tanto per fare un altro esempio, non solo italiano; con tutti i leader internazionali
che lo omaggiano e si felicitano per la sua presunta conversione filooccidentale.
Anche perché la sua conversione è stata solo filooccidentale e quindi filo-guadagni
e filo-vendita gas e petrolio ai nostri Paesi. Poi, non è stata assolutamente una
conversione alla democrazia e ai diritti umani.
Intanto si aggrava l’emergenza
umanitaria alle frontiere . Secondo l’Onu, è uno ''tsunami di migranti'' quello proveniente
dalla Libia, circa 100.000 persone solo nell'ultima settimana. Un flusso continuo
che si dirige soprattutto verso la Tunisia. Sentiamo la testimonianza di Barbara
Schiavulli, che si trova al valico tunisino di Ras Jedir, ancora al microfono
di Marco Guerra:
R. - Il confine
è ancora chiuso. C’è una marea di gente che sta arrivando. Soltanto dall’altra parte
pare che i poliziotti stiano facendo passare tutti ormai, però invece dalla parte
nostra non fanno entrare in Libia ancora e pare che si stia anche schierando l’esercito.
D.
– Che Paese raccontano i profughi che arrivano alla tendopoli?
R. – Non sono
profughi libici perché la maggior parte sono stranieri, quindi lavoratori cinesi,
thailandesi, egiziani, che tornano e poi prendono aerei per andare nelle loro rispettive
case. Oggi e ieri hanno cominciato ad entrare i libici: vengono tutti dalla zona di
Tripoli verso ovest, quindi i paesi di Zaura. Ci sono però diversi racconti. I libici
ti raccontano di scontri, di una situazione molto instabile; invece quelli che lavorano
e che comunque erano nelle aziende, alcune delle quali nei deserti, ovviamente, hanno
visto molto meno. Purtroppo, non essendoci un'informazione indipendente anche i giornalisti
che sono riusciti ad entrare, per esempio, a Tripoli con il visto sono comunque scortati
dall’esercito che non li fa andare ovunque. Quindi nel momento in cui cadrà questo
confine riusciremo finalmente ad entrare - qua ci sono giornalisti di tutto il mondo
- si riuscirà forse a vedere veramente cosa sta succedendo, perché c’è una forte propaganda
da parte dei pro Gehddafi ma anche da chi sta facendo la rivoluzione che usa le informazioni
anche per fare la propria battaglia.