2011-02-26 14:52:40

L'arcivescovo di Algeri: le proteste portino alla nascita di una società nuova e aperta al dialogo


In Algeria, si è svolta oggi la prima marcia di protesta, dopo la revoca dello stato d’emergenza decisa giovedì scorso. Nella capitale Algeri si segnalano scontri tra sostenitori e oppositori del governo, con l’esercito che è intervenuto per dividere le due fazioni. Nel Paese è sempre alto il timore di una deriva fondamentalista. Per mons. Ghaleb Moussa Abdalla Bader, arcivescovo di Algeri, “la convivenza tra le culture e il dialogo interreligioso non è più una scelta, ma un fatto compiuto che si impone tanto nelle società mediorientali quanto in quelle occidentali”. Il cristianesimo – spiega mons. Bader – ci chiama a testimoniare che gli uomini, pur nella diversità, sono figli dell’unico Dio e quindi possono vivere pacificamente insieme. Il presule al microfono di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

R. – Siamo chiamati a vivere insieme. Non c’è scelta: o ci si scontra o s’impara ad accettarci, a rispettarci, ad aiutarci a vicenda. Non c’è alternativa. Questo non è un fatto che riguarda esclusivamente i Paesi che hanno una minoranza cristiana, come avviene nella mia regione mediorientale o dell’Africa del Nord, ma è oggi un fatto universale che coinvolge l’Europa, l’America. Siamo chiamati a vivere insieme, ad imparare a vivere insieme.

D. – Talvolta, questa convivenza porta alla luce delle diversità che fanno paura. Come arginare lo scontro?

R. – Vivere insieme non significa voler cancellare quelle che sono le nostre differenze. Le differenze rimarranno differenze: chi è musulmano rimarrà musulmano, chi è buddista rimarrà buddista, io che sono cristiano rimarrò cristiano. Ci saranno sempre delle differenze. E’ importante imparare ad accettare che l’altro può pensarla in un’altra maniera, che l’altro appartiene a un’altra religione, che l’altro possa avere un altro modo di vedere le cose.

D. – Premessa per il dialogo interreligioso è la considerazione del valore dell’uomo, figlio di Dio e quindi ne consegue che tutti gli uomini sono fratelli…

R. – Finché, non ci convinciamo che siamo tutti uomini, tutte creature di Dio, figli di Dio. Devo essere convinto che l’altro è un uomo come me e che ha quindi gli stessi diritti e gli stessi doveri che ho anche io. Se non arriviamo a questa convinzione, allora è inutile: non si può obbligare ad amare. E’ mio dovere, da cristiano, perché è la mia religione che me lo dice, dire a tutto il mondo che l’uomo è la creatura di Dio: l’uomo cristiano, l’uomo musulmano, l’uomo buddista e anche l’uomo non credente è figlio di Dio, è redento da Dio e Cristo è morto anche per lui.

D. – In alcuni Paesi del Medio Oriente – ed è la sua convinzione – ci sono dei fattori precisi che ostacolano il dialogo: uno di questi è la diffusione di determinati testi scolastici che, a suo parere, andrebbero rivisti e corretti…

R. – Il modo di presentare la storia e di interpretare gli eventi storici presenti nei libri, credo sia da rivedere. Io facevo cenno alla nostra regione del Medio Oriente, dove tutti i libri di lingua, di storia e perfino di letteratura islamica sono testi islamici: non vorrei che i testi scolastici diventino, quindi, dei manuali di catechismo. C’è un altro luogo per insegnare la religione. Questo anche sul vocabolario, perché chiamare ancora gli altri “infedeli” oggi non è più accettabile. Nemmeno per alcuni musulmani: non accettano più di chiamare i cristiani e gli altri fedeli kuffar. Nessuno lo accetta più oggi.

D. – Ciò che sta accadendo con le diverse rivolte nel mondo arabo crede possa contribuire alla nascita di una nuova società, più disposta all’incontro?

R. – Questa è la sfida e questo è l’augurio: solo se ci sarà una generazione capace di prendere in mano la situazione, dopo questi eventi, per creare una società nuova. E’ una sfida ed è un augurio. (mg)







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