Rapporto Unicef e sfida educativa. Il cardinale Bagnasco richiama la responsabilità
degli adulti
Nella sfida educativa gli adolescenti sono la punta più critica, ma anche l’occasione
migliore di un esame di coscienza e responsabilità per noi adulti: così oggi il cardinale
Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, al termine della presentazione
del rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2011-Adolescenza. Il tempo delle
opportunità”, che l'Unicef ha voluto presentare in anteprima al porporato. 138 pagine
che evidenziano dettagliatamente le enormi criticità di vita e di sviluppo che nel
mondo affrontano gli adolescenti tra i 10 e i 19 anni, le sfide che li attendono e
l’importanza di investimenti rapidi e mirati per interrompere cicli radicati di povertà,
disuguaglianza e discriminazione. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Sono 1,2
miliardi gli adolescenti nel mondo: il 18% della popolazione globale. Di essi l’88%
vive nei Paesi in via di sviluppo: più di uno su 5, in Africa sub-sahariana e in Asia
meridionale e orientale-pacifico. Solo il 12% nel mondo industrializzato. E a metà
del secolo la stragrande maggioranza si concentrerà solo in Africa. E’ la generazione
emergente, una risorsa umana unica e una forza lavoro volenterosa, ma con poche opportunità.
Infatti, se molti di loro hanno beneficiato dei progressi compiuti nella sopravvivenza
e nell’istruzione infantile ora nell’età cruciale della vita affrontano sfide sempre
più critiche: l’instabilità economica progressiva, il degrado ambientale, l’invecchiamento
sociale, l’aggravarsi di crisi umanitarie. A pagare di più - in termini di violenza,
malnutrizione, mortalità - sono le adolescenti. Più di 70 milioni di giovani donne
hanno subito mutilazioni genitali; solo il 19% conosce i rischi dell’HIV; Cina esclusa
una su 5 è sposata o convivente e solo in Africa il 25% ha partorito prima dei 18
anni. A livello sanitario i progressi raggiunti non bastano: 1 adolescente su 5 soffre
di salute mentale, un terzo dei nuovi sieropositivi è compreso tra i 15 e i 24 anni.
Bassissimo anche il livello di istruzione che li metterebbe a riparo da abusi e sfruttamento:
quasi la metà degli adolescenti, infatti, non frequenta la scuola secondaria e ha
il triplo di possibilità di rimanere disoccupato rispetto ad un adulto. Impressionante
anche il dato relativo al lavoro minorile che impegna oltre 150 milioni di ragazzi
entro i 14 anni. In mano alle forze dell’ordine inoltre, c’è nel mondo più di un milione
di bambini. “Sono ferite, contraddizioni e violazioni” secondo il cardinale Bagnasco,
che oltre a generare preoccupazione e disapprovazione devono spingere a scelte e responsabilità
più grandi e profonde. “In questa direzione va - continua il porporato - il tema dell’impegno
pastorale assunto dai vescovi per i prossimi 10 anni, quello della sfida educativa”.
Ma in questa direzione vanno anche gli investimenti mirati che l’Unicef chiede, come
più dati su questa fascia di età, più leggi, più programmi di tutela, più coinvolgimento
dei giovani e in questa direzione va già l’operato sul terreno dell’Unicef. Le priorità
dal presidente Vincenzo Spadafora:
“La nostra campagna
principale in molti Paesi è per riportare i ragazzi nelle scuole. Chiaramente, questo
vuol dire costruire nuove scuole, ma anche formare personale o, molto spesso, in situazioni
di disagio, vuol dire fare quella che noi chiamiamo la scuola 'estemporanea' all’aperto,
sotto un albero. Sul lavoro minorile stiamo lavorando chiaramente soprattutto per
monitorare e quindi riuscire, appunto, a sottrarre, a denunciare e a riportare i ragazzi
in centri o nelle loro famiglie. Il dato difficile e meno gestibile, anche per un’organizzazione
come la nostra, è quello dei bambini coinvolti nei conflitti armati. Però, lì dove
si lavora i risultati sono positivi”.
Sia i vescovi italiani che l’Unicef
hanno infine sottolineato l’entusiasmo e la buona volontà che caratterizza i giovani
adolescenti quando sono coinvolti in programmi a loro destinati. Questo vale anche
per i ragazzi italiani che hanno problemi relativi spiega il presidente Spadafora,
soprattutto modelli culturali sbagliati:
“C’è tanto da lavorare sui
modelli culturali. Però, andando anche in giro nelle scuole italiane, incontro migliaia
di adolescenti contenti di impegnarsi in attività sociali. Vuol dire riuscire a orientare
le proprie scelte in modo coerente con un valore di solidarietà che il nostro Paese
non può dimenticare, tanto più che nei prossimi anni gli italiani si troveranno ad
avere anche sfide comuni con i ragazzi dei Paesi in via di sviluppo: il contesto economico
incerto, l’alto livello di disoccupazione, i cambiamenti climatici … Purtroppo, sfide
quotidiane per gli adulti tra 10, 15 anni”. (bf)