2011-02-24 14:53:01

La protesta nel mondo arabo: le opinioni di Radwan Al Sayyd e mons. Vincenzo Paglia


Le rivolte popolari, dall’Algeria al Bahrein, stanno sconvolgendo i tradizionali equilibri internazionali, ma non si sono svolte in nome dell’Islam. E’ la convinzione dei vari esponenti, politici e religiosi, che ieri hanno preso parte al convegno “Agenda della convivenza” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Dai relatori è stato levato l’incoraggiamento a cristiani e musulmani perché insieme contribuiscano alla costruzione di democrazie laiche e garanti dei diritti umani di tutti. Il servizio è di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

Non è solo una rivoluzione interna al mondo arabo, condotta in nome della libertà, quella che si sta verificando in vari Paesi nord africani e mediorientali. E’ anche una rivoluzione del modo con il quale finora l’Occidente ha guardato all’Islam. “Non la religione, ma la politica è alla radice delle crisi nell’area”, spiega l’intellettuale e analista politico libanese Radwan Al Sayyd:

R. - Ciò che è successo è che ultimamente milioni e milioni di persone in Egitto, in Tunisia nello Yemen, nell’Algeria, in Libia sono usciti per la strada e in piazza non per rivendicare lo Stato islamico, ma per rivendicare la democrazia, le uguali opportunità, la partecipazione diretta alla vita politica. Io non sto dicendo che nell’islam non ci sia il radicalismo, però dopo tutto quello che è successo ultimamente ci chiediamo: è possibile che il vero problema venga dall’islam, oppure, questo problema non viene dall’islam? (bf)

Da Tunisi al Bahrein, la piazza sovverte luoghi comuni: quelle categorie che, complici i regimi arabi, finora hanno troppo semplicisticamente portato all’equazione islam-fondamentalismo. Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni Narni Amelia e consigliere spirituale della Comunità di sant’Egidio:

R. – Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione nuova: vediamo che nella sponda Sud del Mediterraneo stanno accadendo dei cambiamenti che non ci aspettavamo. Vuol dire che, forse, avevamo capito poco quella società. Magari attenti ai rapporti istituzionali e governativi, forse eravamo distanti dalla realtà concreta e dalle aspirazioni della gente.

D. – C’è chi, presente in piazza, ha raccontato di episodi che non possono non interrogare chi ritiene impossibile un futuro insieme tra cristiani e musulmani …

R. – Raccontava, questo amico sulla piazza, quando una cristiana copta si è tolta la sciarpa, l’ha stesa per terra perché un suo vicino musulmano voleva pregare. Gesti di questa natura è chiaro che interrogano sul semplicismo con cui noi, a volte, affrontiamo queste situazioni.

D. – Sorprende anche la modalità di richiesta di libertà adottata dai manifestanti …

R. – La richiesta di libertà, di democrazia da queste folle di giovani e meno giovani è avvenuta senza violenza: questo dobbiamo sottolinearlo. Questo non vuol dire che mancano i problemi: tutt’altro! Che manchi una classe politica a guidare tutto questo processo, questo è reale. Quindi, bisogna essere attenti. Non possiamo stare a guardare quello che accadrà. Ecco perché l’Occidente deve riscoprire la responsabilità complessa nei confronti delle società di questi Paesi, e non pensare unicamente – come purtroppo spesso è accaduto fino ad oggi – al gas, al petrolio e ai soliti interessi dei governi. (gf)







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