La protesta nel mondo arabo. Il cardinale Naguib: una ventata di democrazia. Riccardi:
non si spara sugli inermi
La Libia e ciò che sta accadendo nel mondo arabo è stato al centro dell’attenzione
del convegno organizzato da Sant’Egidio “Agenda della convivenza, cristiani e musulmani
per un futuro insieme”. C’era per noi Francesca Sabatinelli:
Educazione,
cultura, dimensione politica e religiosa, tutela dei diritti fondamentali della persona
sono i punti cardine sui quali al convegno si sono interrogati i rappresentanti delle
due fedi, ma anche uomini politici e di cultura. Nello scenario che in questi giorni
si sta delineando nel Nord Africa, nel mondo arabo in generale, la domanda che ci
si è posti è se la presenza cristiana araba stia scomparendo. Andrea Riccardi,
fondatore della comunità di Sant’Egidio:
R. - La presenza cristiana
nei Paesi arabi è a rischio di scomparsa ma questa presenza è decisiva per i musulmani
stessi perché questi Paesi non si “totalitarizzino”. In questo senso bisogna aiutare
la presenza cristiana nei Paesi musulmani ma sono i musulmani stessi che devono comprendere
il valore di questa presenza.
D. – Dagli interventi si è capito come
questi sconvolgimenti che sono in atto in realtà nascono da una voglia di democrazia
che unisce …
R. - Sono i valori di una comunità globale che sono entrati
nel mondo arabo e che sono cresciuti: i giovani si sentono soggetto di una trasformazione
e questo è decisivo, ma noi dobbiamo essere attenti a questo. Per anni e anni abbiamo
detto: esportare i valori della democrazia; ora c’è qualcosa che germina sul terreno
e che cosa facciamo?
D. - Come sostenere questa democrazia?
R.
– Deve crescere in loro stessi. Per esempio, già la visita del primo ministro Frattini
in Egitto è stata significativa e quello che lui ha detto io lo condivido ed è la
linea di Sant’Egidio da tempo: una politica della convivenza e non della convenienza.
D.
– Voi avete preoccupazioni alla luce di quello che sta succedendo in Libia?
R.
– Sant’Egidio segue da anni con attenzione quello che avviene in Libia. Noi abbiamo
perplessità su come la politica libica gestisce questa situazione. Dalla Libia viene
un grido di dolore per le violenze contro la gente: non si spara sulla gente inerme!
E’ ora che noi facciamo i conti con questo sistema libico che è un sistema opaco e
violento, e non da oggi.
Per l’Egitto, secondo Paese dopo la Tunisia
a vedere la sollevazione del popolo, si apre ora l’occasione reale di diventare un
Paese moderno: lo aveva detto in un’intervista il patriarca di Alessandria dei copti,
il cardinale Antonios Naguib:
R. – Ciò che sta
arrivando è, certamente, una ventata di democrazia, di uguaglianza e di cittadinanza.
E’ molto bello. Con la rivoluzione di Nasser nel 1952 fu introdotto l’autoritarismo
che è durato fino al 2011. Si definiva uno Stato democratico ma in realtà era una
dittatura presidenziale che della democrazia aveva soltanto il nome. Adesso sentiamo
che c’è un cambiamento.
D. – Nel suo Paese c’è qualcuno in grado di
difendere questa “ritrovata” democrazia?
R. – Direi che c’è il popolo
e soprattutto la nuova generazione. Politicamente, i leader non erano preparati a
questo e il pericolo è che possano sovrapporsi altri che sono ben organizzati. Da
noi ci sono i fratelli musulmani …
D. – Lei teme che tutto questo possa
favorire il fondamentalismo?
R. – Favorire forse no, ma dare spazio,
sì. Il pericolo è che loro, che sono così bene organizzati e preparati, approfittino
di questo spazio per imporsi. Sono benvenuti se rispettano anche gli altri, l’uguaglianza
e le leggi civili del Paese.
D. - Quanto la preoccupa ciò che sta accadendo
in Libia?
R. - Se si paragona il movimento dell’Egitto con quello della
Libia, dico che quello dell’Egitto è un movimento “civile”. Anche il presidente ha
rispettato i cittadini: quando è stato il momento ha compreso che si trattava di andare
incontro ad una guerra civile o lasciare che la popolazione seguisse il suo corso,
il suo movimento. E l’ha fatto. La Libia, no. (bf)